È partito dall’insegnamento di San Paolo, il card. Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, per descrivere il concetto di “Vangelo del matrimonio”, cardine dell’intervento con cui ha inaugurato martedì mattina, 28 ottobre 2014, l’anno accademico presso l’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e la Famiglia.
Il porporato francese ha spiegato come l’“Apostolo dei Gentili” utilizzi sovente formule linguistiche in cui il termine Vangelo è seguito da altri concetti – “della grazia” (At 20,24), “della gloria” (2 Co 4,4), “della salvezza” (Ef 1,12) – al fine di “attirare l’attenzione di una comunità su un elemento centrale” della sua predicazione.
Ebbene, l’elemento centrale a cui il card. Barbarin ha voluto attirare l’attenzione nel suo intervento è quello di matrimonio. Tema di stringente attualità, oggetto spesso di nuove ed arbitrarie interpretazioni. L’arcivescovo di Lione a tal proposito ha ricordato come Oltralpe “i dibattiti sulla famiglia” abbiano “infiammato” l’opinione pubblica nel 2013, a seguito dell’approvazione della controversa legge sul mariage pour tous (matrimonio per tutti).
Il card. Barbarin ha sottolineato la massiccia mobilitazione delle folle a cui hanno partecipato “numerosi cattolici molto impegnati”. Una reazione determinata benché foriera di alcuni interrogativi. In quel contesto – si è chiesto il card. Barbarin – “qual è stata la testimonianza dei cristiani?”. E ancora: “Sono riusciti a trasmettere il Vangelo, la buona novella del matrimonio?”.
Di qui la sua proposta ad operare un “esame di coscienza” “alla luce delle Beatitudini”. Chiedersi, quindi, se simili battaglie contro la “destrutturazione sociale” e la “menzogna di Stato” siano condotte all’insegna dell’amore e della misericordia oppure delle parole “violente e sprezzanti nei confronti di coloro ai quali siamo stati portati ad opporci”. Con riferimento velato alla repressione esercitata dalle autorità in taluni casi, il card. Barbarin ha poi rilevato che alcuni manifestanti si sono confrontati con l’ultima delle Beatitudini: “Beati i perseguitati per la giustizia”. “Speriamo che il Signore – ha osservato – abbia dato loro di intravedere qualcosa del suo Regno durante queste prove!”.
Eppure, “nonostante le vicissitudini della storia, le modalità o le iniziative adottate dai governi”, ciò a cui ha richiamato l’arcivescovo di Lione è a diffondere un “messaggio sul matrimonio”. La cui “valenza e forza” non potranno mai essere “scalfite né tantomeno screditate” da “correnti di pensiero” o “maggioranze parlamentari”. Per dimostrarlo, il card. Barbarin ha ricordato che “quanto più la persona è profondamente legata alle proprie radici, tanto più è capace di ampie aperture”. Radici che tengono in stretta relazione la famiglia ai figli, i figli ai genitori, i genitori all’alleanza.
Quest’ultimo legame, tuttavia, presenta oggi delle fragilità verso le quali si è rivolta l’attenzione del porporato. “Se l’amore si limita al sentimento, allora è sottoposta a pericolose fluttuazioni”, ha osservato. Partendo dall’assunto per cui “il desiderio è mutevole”, diventa pertanto necessario trovare il modo per “aiutare l’uomo a rimanere se stesso, a vivere e ad esprimere liberamente il proprio desiderio pur rimanendo in armonia con la ragione, la volontà e il bene comune”.
L’odierna “mentalità sociale” – l’analisi dell’arcivescovo – è preda di una “tirannia del desiderio dinanzi alla quale tutto deve cedere”. Di qui le “esigenze di modificare la legge per consentire a questi desideri di realizzarsi”. Per giustificare tale scenario, secondo il card. Barbarin, si usa spesso un’argomentazione “poco lungimirante”, ossia che “la realizzazione di tali desideri non impedisce in nessun modo a coloro che non li condividono di continuare a vivere come desiderano”.
Trovandoci di fronte a “una profonda modificazione del contesto sociale”, va invece ribadita la “buona novella” del matrimonio partendo dalla Rivelazione biblica. “Nella Bibbia – ha detto il card. Barbarin – tutto è nuziale”, poiché essa è “innanzitutto una storia di alleanza”.
Per questo “l’avventura nella quale si lanciano gli sposi è un’immagine della storia di tutta l’umanità, iscritta nella loro carne e nella loro storia personale”. Il porporato ha riconosciuto che “le difficoltà e i tradimenti non mancano, ma la fedeltà di Dio conferisce alla nostra fragilità umana una speranza invincibile”. Non si spiegherebbe altrimenti che “il sacramento del matrimonio è presentato come un’azione di Dio, che suggella il nostro amore sempre fragile nella grande epopea dell’Alleanza tra Dio e l’umanità, il cui apogeo sta nel mistero pasquale di Gesù”.
Questo progetto di Dio è riassunto dunque nel concetto di “Vangelo del matrimonio”. Del resto – la riflessione del cardinale – “il più grande desiderio” dell’uomo è che “l’avventura del nostro amore trionfi”. Ed “è proprio l’attenzione a questa felicità che spinge Dio ad impegnarsi nella nostra storia”.
Sono una carrellata gli episodi del Vangelo che ci parlano di matrimonio. Dalle figure di Giuseppe e Maria fino all’epilogo dell’Apocalisse (Ap 22, 17 e 20), passando per le Nozze di Cana, per l’Alleanza dell’Ultima Cena e per le parole rivolte da Giovanni Battista ad Erode (Mc 6,18). Testimoniare il messaggio cristiano è pertanto “un dono di Dio per il mondo, sale che dà sapore alla vita, luce che rivela la bellezza del creato”. Questa è – ha detto in conclusione il card. Barbarin – “la più grande gioia degli sposi cristiani, quando sanno che il loro matrimonio è la grazia della loro vita, quindi la loro missione”.