Come vivere la santità familiare in un mondo secolarizzato

La festa di tutti i Santi invita a vivere con gioia e speranza la vocazione matrimoniale, per rinvigorire il legame coniugale e la relazioni tra genitori e figli

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Sabato prossimo, primo giorno di novembre, la Chiesa celebra la Solennità di tutti i Santi, per commemorare in un’unica ricorrenza tutti coloro che non sono stati elevati agli onori degli altari dalla Madre Chiesa, ma già vivono la beatitudine del Cielo. Il libro dell’Apocalisse parla di una grande moltitudine di persone che sono davanti all trono di Dio e dell’Agnello (Ap 5, 11) contemplando beati il volto di Dio.

La Chiesa proclama beati e santi coloro che desidera proporre come sicuri modelli di vita cristiana, per incoraggiare ogni battezzato a seguire fedelmente e fattivamente Gesù Cristo, vivendo con autenticità e con coerenza la propria vita cristiana.

Ma oltre ai santi più famosi che hanno corrisposto fedelmente ed umilmente alla chiamata del Signore, esistono una schiera di santi e sante, che nel silenzio e nell’umiltà hanno seguito fedelmente il Signore. Questi santi e beati hanno vissuto e testimoniato la santità ordinaria, costellata di tanti atti di fedeltà a Dio e di tanti gesti di carità verso il prossimo. Sarebbe proficuo per la nostra vita spirituale riflettere su queste tante forme di santità, nascoste agli occhi degli uomini, ma riconosciute in pienezza dallo sguardo misericordioso di Dio.

Dal momento che si continua a parlare del grande evento del Sinodo della Famiglia, è opportuno riflettere sulla santità della vita familiare e matrimoniale.

La prima chiamata alla santità è la fedeltà alla propria vocazione ed elezione. Per coloro che hanno scelto il matrimonio come via di santificazione, tante sono le opere che sono chiamati a compiere gli sposi: donarsi totalmente al proprio marito o alla propria moglie, impegnarsi con tutte le proprie forze all’educazione dei figli, accudire i genitori anziani, offrire una testimonianza cristiana nel proprio ambiente di lavoro, vivere la solidarietà verso i vicini di casa.

Tante volte, anche nei matrimoni cristiani, assistiamo a vicende contrarie rispetto alla missione alla quale si è chiamati: lamentele di scarsa attenzione della moglie verso il marito (o viceversa), la rinunzia silenziosa all’educazione dei figli, una eccessiva trascuratezza dei propri anziani, restringere l’apertura alla vita. Tutte queste cose sono pesanti mancanze che offuscano lo splendore della santità della vita matrimoniale. E così invece di essere testimoni luminosi si diventa uomini e donne che si confondono tra il buio della folla che vive seguendo la mentalità di questo mondo.

Se da parte di alcuni uno stile di vita con tante rinunzie e tanti sacrifici viene apprezzato e riconosciuto (perchè si scorge il sommo bene della pace ed della gioia interiore), per tanti altri l’amore coniugale cristiano viene considerata una follia, perchè significa rinunziare a tutta quella mondanità dove spesso è ancorato il tesoro del proprio cuore.

Oggi la santità coniugale non è desiderata da molti che contraggono l’alleanza di amore del matrimonio. La logica del mondo preferisce avere sempre disponibili vie di fuga per scappare dai problemi e dalle sofferenze. Il divorzio, l’aborto, il disimpegno educativo, la chiusura alla vita, passare volontariamente troppo tempo al lavoro, sono rifiuti eloquenti verso la missione matrimoniale.

Il grande San Fracesco di Sales diceva che la santità è legata indiscutibilmente alla propria vocazione. La prima responsabilità del matrimonio, intesa come scelta definitiva, è proprio quella di amare prima di tutto il coniuge ed i figli che Dio ha donato. Gianna Beretta Molla ha lasciato nei suoi scritti frasi dove traspare lo zelo per l’amore coniugale. Oltre a decidere volontariamente di sacrificare la sua vita a favore di quella del suo figlio nascente, la Santa dedicava buona parte del suo tempo alla preghiera a Dio per chiedere la grazia di poter rendere ancora più felice il proprio marito. Questa era la sua primaria missione: dare gioia al marito e amare i suoi figli.

Questi santi desideri, che appaiono i più naturali e i più immediati, oggi sono considerati scarsamente realizzabili, perchè ritenuti quasi come una utopia. Oggi anche i matrimoni cristiani sono impregnati di egoismo e indisponibilità a servire l’altro. Ci si ama sino ad un certo punto; ogni coniuge stabilisce un valico dove viene impedito  all’altro di transitare.

E purtroppo constatiamo che dentro questo spazio, dove non facciamo entrare nessuno, nascono insoddisfazioni, amarezze e delusioni, che molto spesso attribuiamo alle mancanze del coniuge, dei figli, del lavoro, o dei parenti.

In realtà la santità del matrimonio consiste proprio nel condividere questi spazi di buio con il proprio coniuge, al quale Dio ha dato la luce per illuminare le tenebre dell’altro. Il matrimonio cristiano è un unione di due vite, dove ognuno ha la forza, la luce e il coraggio che mancano all’altro.

Questo è il senso più profondo della storia della creazione dell’uomo e della donna. Dapprima Adamo aveva in se tutti i doni, ma quando è nata Eva da una costola di Adamo, la totalità dei talenti, compreso il soffio dello spirito vivificante di Dio, sono stati distribuiti tra di loro. La completezza è ripartita tra uomo e donna. Questa ripartizione  diventa la causa della forza di attrazione tra l’uomo e la donna.

Ma tante volte la relazione coniugale tra uomo e donna è faziosa invece di essere collaborativa. Si nota troppo spesso i limiti dell’’altro, e troppe poche volte si riconosce che un coniuge possiede ciò di cui l’altro necessita. Questa cecità spirituale del non vedere nel coniuge quel bene indispensabile per raggiungere la gioia per se stessi, produce spietati giudizi, pungenti lamentele e continue mormorazione che scaturiscono dalla superbia del cuore.

La festa di tutti i Santi, considerando anche il Sinodo appena concluso, ci invita a vivere con gioia e speranza la vocazione matrimoniale, pensando a cosa dover cambiare di se stessi per vivere al meglio il legame coniugale e la relazioni tra genitori e figli. E nello stesso tempo guardare con ammirazione a quelle tante famiglie dove l’amore di Dio traspare nel suo splendore, malgrado i tanti limiti della povertà della nostra condizione umana. 

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Osvaldo Rinaldi

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