La Nigeria è salva dall'Ebola grazie al sacrificio di una dottoressa

Stella Ameyo Adadevoh individuò per prima, nel luglio scorso, il contagio del virus in un uomo proveniente dalla Liberia

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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) elogia gli sforzi del governo nigeriano, i quali hanno portato il Paese a tirarsi fuori dal rischio di un contagio a macchia d’olio di Ebola. Il virus era arrivato in Nigeria il 20 luglio 2014, quando un uomo infetto, proveniente dalla Liberia, ha dato il via ad una catena di trasmissione che ha infettato un totale di 19 persone, di cui 7 sono morte.

Proprio in queste ore sono però scaduti i 42 giorni senza contagio, termine fissato dall’Oms per definire un Paese salvo dal rischio di larga diffusione. Secondo la stampa nigeriana, una larga parte del merito di questa ottima notizia va alla dottoressa quarantottenne Stella Ameyo Adadevoh.

È stata lei, nel luglio scorso, a lanciare il primo allarme, dopo che un uomo proveniente dalla Liberia si era recato nell’ospedale dove la dottoressa lavora con i sintomi tipici dell’Ebola. Tuttavia il paziente si è subito dimostrato riluttante all’ipotesi di un ricovero, secondo le ricostruzioni della stampa si strappava i tubi endovenosi spargendo così sangue ovunque.

La dottoressa Ameyo Adadevoh fu messa sotto pressione perché dimettesse l’uomo dall’ospedale. “L’ambasciatore liberiano ha cominciato a fere pressioni sulla dottoressa. Secondo lui stava sequestrando l’uomo e le disse che si trattava della negazione dei suoi diritti umani fondamentali e che saremmo andati incontro a sanzioni”. Pressioni che però non sortirono alcun effetto, l’uomo rimase ricoverato e poco dopo si seppe ufficialmente che era contagiato dal virus.

Il paziente è morto, non prima di aver contagiato 12 medici, tra i quali appunto la dottoressa Ameyo Adadevoh. In un’intervista alla Bbc il figlio della dottoressa racconta che sua madre era stata ricoverata in un centro specializzato nel contenimento del virus. Dopo un inizio confortante, la sua situazione di salute è precipitata. La donna è morta circa due mesi fa. Il figlio ricorda oggi il valore del suo sacrificio: “Identificando il primo caso di Ebola ha aiutato la Nigeria a prepararsi per individuare ogni possibile caso: questo credo abbia fatto la differenza rispetto agli altri paesi africani”.

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ZENIT Staff

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