Dublino fu fondata dai Vichinghi come centro per il commercio di schiavi intorno all’anno Mille, sulla foce del fiume Liffey. Probabilmente già in precedenza, nell’area, sorgevano villaggi fortificati e centri religiosi, ma è solo dopo l’invasione anglo-normanna del 1171 che l’agglomerato raggiunse lo status e i diritti di città. Nel XIV secolo, invece, la zona fu fortificata, il potere andò consolidandosi nel Castello di Dublino (Dublin Castle), mentre furono erette tre importanti chiese (la Cattedrale di Christ Church, la Cattedrale di San Patrizio e St. Audoen’s Church). Chiese importanti continuarono a sorgere fino alla conquista inglese e ricominciarono a fiorire in epoca georgiana, nel XVIII secolo, e nel XIX secolo quando l’emancipazione cattolica e il nascente revival neo-gotico crearono un connubio dagli esiti molto interessanti, soprattutto per il recupero e la rinascita delle antiche tradizioni decorative e per la arti minori. A tutt’oggi la città vanta un notevole numero di chiese sul proprio territorio, testimonianza della difesa della fede e dell’attaccamento degli abitanti alle proprie tradizioni e ai propri santi. Particolarmente tenute bene sono le chiese ottocentesche, poco conosciute ma ricche di tesori artistici e artigianali, mentre registriamo spiacevoli cambiamenti d’uso per diverse altre chiese, abbandonate ai tempi della Riforma e passate, successivamente, attraverso i destini di famiglie private. Segnaliamo tra le tante alterazioni non proprio filologiche e rispettose del passato storico e artistico la chiesa di St. Andrew in Suffolk Street trasformata, pessimamente, nel Dublin Tourism Information Centre, St. Mary’s Church che, sebbene facente parte un tempo della Chiesa d’Irlanda oggi è divenuta The Church, Cafe, Bar & Restaurant, l’antica e gloriosa chiesa di St. Auden musealizzata con discutibili soluzioni espositive o ancora la cripta di Christ Church che si presta, sovente, a serate a tema con musica lounge e degustazioni di birra e cibo. Una chiesa su tutte, però, è riuscita da sola a riscattare le dure imposizioni e restrizioni dei protestanti inglesi diventando il simbolo della rinascita cattolica nella città e di unità e comunione con Roma, legandosi strettamente con i destini nazionali: questa è la Pro-Cattedrale di St. Mary in Marlborough Street.
La costruzione sorge sul sito di un antico monastero benedettino e successivamente di un’abazia cistercense e fu edificata tra il 1815 e il 1825 per volontà dell’Arcivescovo John Thomas Troy. Il primo progetto era di costruire una “dignified spacious church” in una posizione centrale, nel cuore della città, ma dopo la ribellione del 1789 e la rappresaglia inglese molte concessioni ai cattolici erano state ritirate e pertanto si preferì un luogo vicino ad un’arteria principale ma maggiormente defilato. La più importante chiesa della città, quindi, dovette sorgere in una strada secondaria, anche se comunque sempre nella nuova e più vitale zona di espansione urbana dell’epoca, ed ancora oggi resta quasi nascosta alle spalle di O’Connell Street, un tempo Sackville Street; è pertanto interessante anche solo per l’inusuale posizione in contraddizione col proprio status ritrovare questo piccolo gioiello architettonico. Un disegno contrassegnato esclusivamente dalla lettera “P” fu scelto come vincitore del progetto. A tutt’oggi il nome dell’architetto, a discapito dello splendido modello ligneo conservatosi –uno dei meglio conservati d’Europa- è oggetto di analisi tra gli studiosi di architettura. Alcuni credono sia John Sweetman, un architetto dublinese in esilio a Parigi dopo la ribellione del 1798, altri lo considerano un intermediario e fanno il nome dell’architetto francese Louis Hippolyte Lebas, autore a Parigi di Notre Dame de Lorette, il quale, essendo a quel tempo alle dipendenze di Napoleone, in guerra contro l’Inghilterra, non avrebbe potuto esporsi nella commissione. Il dato stilistico certo è che la chiesa ricorda, in pianta e in facciata, la celebre Saint-Philippe-du-Roule di Parigi, del 1784, opera dell’architetto Jean Chalgrin, allievo di Étienne-Louis Boullée, e che viene a caratterizzarsi come tra i più bei edifici sacri neoclassici dell’intera Irlanda. Il progetto combina diversi stili.
L’esterno presenta un revival dell’architettura greca classica dato che il portico è la copia precisa dell’Hephaisteion o tempio di Efesto ad Atene, dal VII secolo fino al 1834 utilizzato come chiesa di San Giorgio Akamates. La facciata aggettante si caratterizza dal protiro con sei imponenti colonne doriche scanalate, senza basi, poggiate direttamente sul pavimento mentre la trabeazione vede un’elegante sequenza di triglifi e gocce. Il timpano, vuoto, è coronato dalla statua della Vergine, di San Patrizio e San Laurence O’Toole, secondo arcivescovo di Dublino. I lati lunghi esterni sono impostati su due eleganti costruzioni quadrate, con finestre timpanate, che serrano una breve teoria di colonne doriche. L’interno a pianta basilicare a cinque navate, invece, è maggiormente “romano” nello stile. La navata centrale è larga il doppio di quelle laterali e presenta una fila di colonne doriche che voltano verso l’altare formando un catino, determinando dietro l’abside un piccolo deambulatorio; è coperta da una volta a botte cassettonata e presenta una cupola, non prevista nel progetto originale, anch’essa cassettonata con un oculo centrale a diretta imitazione di quella del Pantheon. Le quattro navate laterali presentano parimenti una teoria di colonne doriche ma hanno un semplice soffitto a cassettoni, più basso, che crea spazialmente un senso di maggiore intimità e raccoglimento. Una teoria di palmette, rinvenibili anche nelle raffinate vetrate policrome insieme a motivi alla greca, raccorda la disposizione delle colonne. Nell’abside vi è un altorilievo con l’Ascensione, opera del dublinese John Smyth, realizzato subito dopo la consacrazione, mentre l’altare maggiore, oggi smembrato in seguito all’adeguamento liturgico, fu scolpito in stile vittoriano da Peter Turnerelli, uno scultore di origini italiane nato a Belfast: rimane il superbo tabernacolo dalle forme classiche e il paliotto d’altare con angeli adoranti il SS Sacramento. Molto raffinate anche le tre vetrate artistiche alle spalle dell’altare, con nuovamente la Madonna, San Patrizio e San Laurence O’Toole, e i due altari marmorei laterali, riccamente decorati, dedicati alla Madonna e al Sacro Cuore di Gesù. Autentici capolavori della scultura ottocentesca in Irlanda i monumenti funebri dei due primi arcivescovi della cattedrale, Daniel Murray e Paul Cullen, realizzati dal dublinese Thomas Farrell, il quale fu anche presidente della Royal Hibernian Academy. Murry è raffigurato in ginocchio e in preghiera su un alto piedistallo, secondo un modello classico che trova i suoi precedenti nel Rinascimento italiano, mentre Cullen è raffigurato stante su un basamento che comprende scene esemplari della sua vita: l’educazione cattolica, la formazione dei sacerdoti e l’aiuto ai poveri. Tra le altre ricchezze le stazioni della Via Crucis di scuola tedesca dell’Ottocento, l’organo del 1908 di William Hill, tra i più apprezzati in città per la qualità del suono, il superbo ostensorio e il calice dorato – ora nel “Tesoro” – inviati da Pio VII per la messa di consacrazione.
La cerimonia di dedicazione della chiesa all’Immacolata Concezione avvenne il 14 Novembre 1825, festa di San Laurence O’Toole, con l’esecuzione della Grande Messa in C Minore di Mozart. Da allora la chiesa ha accolto le più importanti cerimonie nazionali tra le quali la solenne messa di ringraziamento voluta dal leader del nazionalismo irlandese Daniel O’Connell per l’occasione della sua elezione, quale primo deputato cattolico, alla Camera dei Commos e i suoi funerali nel 1847, i funerali di Stato dei principali personaggi, tra cui Michael Collins, leder del governo provvisorio del 1922, e gli ex presidenti Seán O’Kelly, Éamon de Valera e Patrick Hillery
. La Cattedrale in effetti reca il titolo di Pro-Cattedrale (Pro-tempore) in quanto le due cattedrali più antiche, la Cattedrale della Santissima Trinità (comunemente nota come Christ Church) e la Cattedrale di San Patrick appartengono alla Chiesa d’Irlanda. Nel corso dei secoli venne formalmente scelta Christ Church quale chiesa sede dell’Arcivescovado di Dublino, col compito di custodire la croce, la mitra e l’anello del Vescovo dopo la sua morte, e fu designata dal Papa nel Dodicesimo secolo su richiesta dell’allora Arcivescovo Laurence O’Toole. Da allora, benché la chiesa sia passata ai Protestanti, il titolo non è stato mai formalmente revocato né passato ad un’altra chiesa pertanto St. Mary continuerà ad essere Pro-Cattedrale –titolo dal 1886- fin quando una delle due cattedrali non tornerà sotto la giurisdizione di Roma.
Visitare questa chiesa, a pochi passi della caotica e trafficata O’Connell Street, significa entrare nel cuore della vita religiosa di Dublino, una vita che per lungo tempo, durante gli anni dell’Indipendenza, è stata legata ai destini nazionali. Parimenti la superba architettura interna ispirata alla romanità più classica, un raro gioiello neoclassico di proporzione e stile, “nobile semplicità e quieta grandezza”, l’ambiente raccolto e curato, la tenue illuminazione e le eleganti opere, stimolano suggestivi accostamenti con le prime domus ecclesiae nelle quali si radunavano i cristiani. Forse fu anche questo il motivo “iconologico”, data la difficile situazione degli irlandesi cattolici agli inizi dell’Ottocento, per cui si preferì costruire un edificio tanto importante di dimensioni ridotte e in una zona nascosta, quasi come fosse una casa a garanzia dell’unità dei fedeli.
Tommaso Evangelista è storico e critico d’arte. Esperto in didattica museale e arte sacra. Vive a Dublino.