Lunedi 15 settembre, nell’ambito del Festival internazionale della letteratura e della cultura ebraica, lo scrittore e giornalista Antonio Monda ed il Maestro Ennio Morricone, hanno parlato del film di Sergio Leone C’era una volta in America.

La conversazione è stata intervallata dalla visione di cinque scene del film e accompagnata da quattro brani della celebre colonna sonora.

Tralasciando differenze ed analogie, dopo aver ascoltato il dialogo con il Maestro Morricone, nel libro di Monda (1) ciò che può aiutare a riflettere, in questi anni in cui il declinare la parola ‘lavoro’, per le famiglie e per le giovani generazioni, è un esercizio impervio, è la narrazione di quello svolto dalla protagonista Maria, che è un misto tra portiere di condominio e amministratore, in quei palazzi americani pieni di persone e quindi di vita.

L’evoluzione dei diritti e delle tutele da una parte e la necessità di ridurre i costi nella gestione dei condomìni dall’altra, hanno portato alla forte riduzione del numero dei portieri e alla loro sostituzione con l’addetto alle pulizie e l’amministratore iscritto all’albo.

La passione con la quale Maria svolge il proprio lavoro (pulizia dello stabile), la volontà di conoscerne anche il funzionamento degli apparati tecnici (le caldaie), la gestione ammnistrativa (ritiro delle quote mensili degli inquilini), si miscela con la vicinanza alle persone più anziane e sole, primo tassello di un suo più sistematico impegno nelle attività caritatevoli alla mensa dei poveri.

In queste settimane di potente discussione sulla famiglia, sia nella forma più conosciuta che nella proiezione di nuove configurazioni, ed in questi anni durante i quali la crisi rende più fragili le relazioni affettive, il condominio può assumere il ruolo di una sorta di fascia protetta tra i singoli ed il mondo esterno, ulteriore rete che fornisce una protezione nei territori impervi della quotidianità e del lavoro.

Maria, con il suo amore per un “senzatetto” e per la volontà di guardare al futuro con speranza e, nello stesso tempo, di essere vicina alle persone anziane all’interno di quello stabile che non abbandona, ci permette di pensare a come una tranquilla relazione condominiale possa aiutare le persone semplici ad avere, almeno, un problema in meno.

Spesso vediamo le donne svolgere il ruolo di amministratore di condominio, non in ossequio alla parità di genere ma alla loro capacità di saper mediare tra interessi apparentemente inconciliabili, che le riunioni di condominio tendono ad esasperare.

La storia di Maria, partita da un piccolo paese del Sud, vuole essere il modo per ricordarci la forza dell’integrazione quando ogni nuovo mondo è visto non come transitorio ma come definitivo, anche se temporaneo. Negli anni di Internet e degli acquisti on line e della sharing economy, non possiamo pensare di poter condividere case, automobili e poi ritenere che tra la propria abitazione e la propria strada vi sia il vuoto.

In una sera di primavera, mentre ancora la famiglia di Maria è unita, lei, seduta a terra, ascolta queste parole del padre rivolte al figlio: “Non chiuderti agli altri, figlio mio, perché si impara da tutti, e ascolta i nuovi linguaggi,  perché il mondo cambia in fretta. Ma non dimenticare mai che gli uomini avranno sempre gli stessi desideri, le stesse paure, gli stessi sogni, Figlio mio”.

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NOTE

1) Il libro, edito da Mondadori, è stato pubblicato nel 2012. L’autore, docente a New York con cattedre sul Cinema e sulla Regia (poco più che cinquantenne), collabora con diverse testate giornalistiche ed ha scritto tra gli altri Tu credi? Conversazioni su Dio e la Religione, L’Assoluzione e Lontano dai sogni (biografia di Ennio Morricone). Racconta la storia di due ragazzi (Maria, 18 anni e Nicola 23), i quali sono costretti ad emigrare a New York dopo aver perso per un incidente gli amati genitori. Da qui la ricerca della loro, autonoma, realizzazione di vita tra amori, solidarietà e competizione.