New York: dove si festeggia Colombo l'italiano

Cronaca della festa per la scoperta dell’America

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“Ma quando finisce?”: chiede la voce dell’innocenza, cioè la bambina seduta accanto a me. “Mai” m’intrometto io. Siamo sulla tribuna dei “Vip”, a New York, alla parata che, come ogni anno, il secondo lunedì di ottobre, festeggia la scoperta dell’America, da parte di Cristoforo Colombo il 13 ottobre 1492. La bambina è coi suoi genitori. Io sono con un’,amica. La Columbus Citizens Foundation, che ha organizzato la manifestazione, grazie a Faith Paris, incaricata dei contatti con la stampa, ha dato a tutti i Vip” un libretto rosso con l’elenco di ben 129 gruppi che sfileranno in parata. Certo, il tempo non ha aiutato: nuvole nere, pioggerella, e un freddo cane. Ma noi Vip abbiamo tenuto duro. Il programma prevede la partenza della sfilata alla 47th strada e l‘arrivo proprio davanti alla nostro tribuna, alla 69th strada. E’presto. Ma già s’intravedono giù in fondo, bandiere e ottoni lucenti pronti a partire. Da mezzogiorno alle 5 del pomeriggio, la sfilata si è snodata da sud a nord, lungo la Quinta Avenue, il “corso” di New York, la strada più famosa del mondo, vetrina del lusso e della moda anche italiana, che a destra ha la cattedrale di San Patrizio, a sinistra il Central Park dove siamo noi. Quarantamila persone hanno partecipato alla lunga marcia, insieme a 30 Bande musicali e 25 enormi carri. Gli spettatori più di un milione, dice il libretto rosso. Un milione di spettatori sono tanti. A New York il lunedì di Colombo è vacanza. Scuole e uffici sono chiusi. Questa Parata 2014 – è la 67th delle storia – è un’affermazione di principio. Perchè ora vogliono toglierci Cristoforo Colombo. Il 6 settembre il Consiglio Comunale della cittá di Seattle, sulla costa del Pacifico, ha deciso di sostituire il “Giorno di Colombo” con “Il Giorno degli Indigeni Americani”, da festeggiarsi ogni secondo lunedì di ottobre invece del nostro Colombo. Nell’aria c’è poi l’angoscia per l’Ebola, per i terroristi, per le crudeltà terribili che si vedono in televisione. L’atmosfera non è più quella di una volta.

Come eravamo spensierati! Il mestiere costringe il cardinaleTimothy Dolan, Arcivescovo di New York, ad andare spesso a Roma a rapporto da Papa Francesco. Qualche tempo fa dei giornalisti italiani gli hanno chiesto: “Eminenza, Lei quando è a Roma, va in motoscooter?” “No – ha risposto Dolan, “non c’è più Audrey Hepburn”. Risate, battimani. Noi Italiani abbiamo lo scherzo facile. E siamo tanti. Su 350 milioni di Americani, quelli di origine italiana sono 18 milioni, circa il 6% Siamo il quarto gruppo di origine europea, dopo Tedeschi, Irlandesi, Inglesi. Nello Stato di New York, su un totale di 20 milioni di abitanti, gli Italiani sono 2.700.000, il 13,5%. La città di New York è la città più italiana di tutte perchè su un totale di 8 milioni e mezzo di abitanti, 700.000 Nuovaiorchesi si sentono italiani. Certo, si tratta di calcoli approssimativi perchè come si fa a definire “italiani” i matrimoni misti, gli incroci di egnie di tante famiglie? Ma gli Italo-Americani, anche se la loro fettina di italianità è piccola, sono fieri di proclamarsi Italiani. Gli Italo-americani sono il gruppo più affezionato alla madre patria. Ci vanno spesso. Mantengono i legami con i paremti rimasti nel Bel Paese. A casa, parlano italiano, e, nell’uso della propria lingua vengono subito dopo gli Spagnoli, i Francesi, i Tedeschi. Divorziano meno degli altri, hanno più famiglie stabili con un padre e una madre. Gli Italiani continuano ad arrivare in America. Negli ultimi anni ne sono arrivati 600.000. 

La parata è incominciata. Il primo drappello dei 129 ha raggiunto la nostra tribuna. Sono i cadetti dell’Accademia di West Point, nelle loro sfolgoranti divise. Marciano sulle note dell’Inno Nazionale Americano. Sulla tribuna tutti in piedi, la mano sul cuore. Seguono belle ragazze che sbandierano e ballano, bande impeccabili di scuole medie superiori e di università, pompieri e poliziotti, compresi poliziotti e poliziotte venuti dall’Italia che marciano a tempo, gruppetti di paesi e cittadine italiane (per via del vento non si distinguono i nomi sulle fasce, ma in una leggiamo “Teramo”). La Nettezza Urbana di New York ha mandato tanti camion pieni di netturbini che agitano bandieroni tricolori. E’ la tradizione negli uffici e nelle fabbriche. Anche se non sono Italiani, i colleghi d’ufficio partecipano alla parata italiana per solidarietà. Due vecchie conoscenze suscitano l‘entusiasmo gli spettatori: Padre Pio e Sant’Antonio da Padova, due statue che ondeggiano pericolosamente sulle teste dei marciatori al ritmo delle bande.

A quest’ora, sono in pieno svolgimento altre parate minori in altri quartieri di New York con tanti Italiani, e anche in altre città del Nord Est degli Stati Uniti, come Filadelfia o Boston, tutte città che parteggiano per Colombo, per non parlare di San Francisco, in California, che la parata di Cristoforo Colombo l’ha addirittura inventata nel 1869. Le parate locali sono importanti perchè “La politica è sempre politica locale” è lo slogan dell’establishment politico americano. Tutte le parate sono occasioni d’oro per farsi un po’ di propaganda: marciare e intanto baciare i bambini, farsi conoscere in vista delle prossime elezioni. Questo vale anche per la parata di New York.

Ora “Eccoli, eccoli !” gridano i Vip. Si affollano in basso, sul marciapiede, dietro le transenne della polizia. Andrew Cuomo è un po’ affannato ma ce l’ha fatta a marciare a piedi dalla 47ma strada fino alla nostra tribuna. Con un drappello di seguaci: una bandierina italiana a testa. Strette di mano, baci e abbracci coi nostri Vip. “Carissimo!” “Auguri!”. “In bocca al lupo!”: si conoscono tutti. Andrew Cuomo, Democratico, è il Governatore dello Stato di New York: il numero uno della politica locale, con 20 milioni di abitanti. Però il suo mandato scade il 4 novembre con le elezioni di medio termine. Cuomo è il favorito con ben 29 punti di vantaggio sul suo avversario. Ma non si sa mai. Ed eccolo l’avversario: è Rob Astorino. Repubblicano, antiabortista, industriale dei computer. Anche lui ha marciato lungo la Quinta Avenue. E’ più fresco, però, di Cuomo. E’ più giovane. Anche a lui baci e abbracci dei nostri Vip attraverso le sbarre. Ma meno. Arriva un signore alto non si sa da dove. E’ Bill De Blasio, il sindaco di New York. Stessa scena, stessi abbracci.

“Ed è subito sera”, scrisse Quasimodo. Mentre scendo dalla tribuna su cui sono rimasta appollaiata per tante ore, mi viene in mente le famosa poesia. Le ombre si allungano. Nel Central Park il buio avanza. Penso al “raggio di sole” accennato da Quasimodo. Con questa gioiosa parata italiana New York ha dato la sua risposta alle cattive notizie e ai cattivi presagi.

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Lilia Lodolini

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