La notizia della trascrizione oggi, in Campidoglio, di matrimoni tra persone dello stesso sesso, avvenuti all’estero, “sorprende perché oltre a non essere in linea con il nostro sistema giuridico, suggerisce una equivalenza tra il matrimonio ed altre forme che ad esso vengono impropriamente collegate”.
A dichiararlo è una nota dell’ufficio comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
“Una tale arbitraria presunzione, messa in scena proprio a Roma in questi giorni, non è accettabile – si legge nel comunicato -. L’augurio è che il rispetto delle persone individuali sia sempre salvaguardato nelle loro legittime attese e nei loro bisogni, senza mai prevaricare il dato della famiglia”.
“La sua originalità – prosegue la CEI -non può essere diluita, se ci sta veramente a cuore il “bene comune” che è la differenza, dei generi e delle generazioni. In una parola, se ci preme la famiglia”.
Del resto, l’esperienza del Sinodo, “che ha suscitato un crescente interesse dentro e fuori la Chiesa, è stato proprio quello di aver ridato evidenza alla famiglia”, la cui bellezza “nasce dall’incontro di un uomo e di una donna e si apre al dono dei figli, in virtù di un legame indissolubile, è ancora tra i desideri più autentici dei giovani in ogni parte del mondo”.
Al Sinodo, peraltro, non è mancato, “l’ascolto per le ferite della famiglia: le crisi matrimoniali, le fatiche dei figli, le difficoltà economiche, fino alla violenza che subiscono le donne”.
E, su tutto, è stato chiaro che la Chiesa è “una casa con la porta sempre aperta nell’accoglienza senza escludere nessuno…”, concludono i vescovi citando il messaggio conclusivo del Sinodo.