Sabato 18 ottobre, all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, prende l’avvio il Diploma di Perfezionamento in Bioetica per l’anno accademico 2014-2015. Le informazioni sono disponibili sul sito www.uprait.org. Per conoscere le caratteristiche del corso, ZENIT ha intervistato il prof. Massimo Losito, coordinatore del Diploma.
Prof. Losito, la bioetica ha oltre quarant’anni. Qualcuno ritiene che sia arrivata ad un punto di stallo, che non abbia più molto da dire, che non sia più di moda…
Le rispondo con qualche esempio: recentemente ricerche scientifiche hanno sottolineato le gravi patologie che riportano con una significativa frequenza i nati da fecondazione artificiale. D’altro canto non si può negare come per una donna sia un dramma la difficoltà o l’impossibilità a concepire. Su un altro versante, l’accudimento di una persona con gravi disabilità richiede una un impegno che assorbe tutte le energie di una famiglia, e per alcuni questo è addirittura immorale: meglio sarebbe, secondo questi ultimi, risolvere tutto con una scelta eutanasica, purché rispettosa di regole condivise da una maggioranza.
Sono solo due esempi dei problemi che affronta la bioetica: la vita, la morte, il senso della sofferenza, la salute, la regolazione della fertilità, la salvaguardia del creato… sono le moderne questioni disputate, quelle di cui non si può non sapere: direi dunque, per tornare alla sua domanda, che la bioetica non è, e non sarà mai, solo un fenomeno legato alla moda.
Il vostro corso è offerto da un Ateneo Pontificio, questo implica che offra le soluzioni alle “questioni disputate”, di cui lei ha parlato, dal punto di vista della fede?
Il corso ha superato ormai la decima edizione ed è offerto dalla prima Facoltà di Bioetica nata al mondo, per l’appunto nel nostro Ateneo Pontificio Regina Apostolorum: ha dunque alle spalle la ricerca scientifica, con l’approfondimento filosofico e, certamente, teologico condotto a livello accademico dai nostri docenti. Le problematiche di bioetica sono perciò affrontate senza pregiudizi: partendo dal dato scientifico, si arriva al giudizio etico (e alle conseguenze biogiuridiche) passando per una corretta antropologia. Sempre, alla base di ogni scelta morale, c’è una determinata visione dell’uomo. Il punto è che la ragionevolezza della fede cattolica fa sì che, anche nel campo della bioetica, si arrivi a confermare, sotto la luce della ragione, quello che il magistero propone.
Questo però crea in alcuni una sorta di sospetto malizioso: “su questi temi, voi dite così certo, perché siete cattolici…”.
È vero che siamo cattolici e dunque da cattolici facciamo bioetica. Ma in una bioetica personalista, come quella che proponiamo, la bussola è il rispetto della dignità di ogni essere umano, un principio che dovrebbe essere riconosciuto da tutti senza difficoltà. Non dobbiamo cedere alle proposte ingannevoli di qualcuno che propone di creare dei circoli di pensiero in bioetica che siano come recinti in cui rinchiudere tutti e solo quelli con vedute simili: ognuno con le proprie regole, condivise nel recinto, senza la pretesa di estenderle a quelli di fuori…cattolici da una parte, atei in un altro recinto e così via, rendendo privo di significato ogni dialogo. Sarebbe impossibile, per esempio, trovare soluzioni nel campo delle cellule staminali, o in quello della contraccezione; sarebbe perfino inutile interrogarsi sulla liceità o meno dell’aborto. Così facendo lo steccato che separa ogni gruppo si restringerà sempre di più, fino a contenere una sola persona con le sue idee, con le proprie convinzioni morali. Proprio questa metodologia di approccio alle questioni di bioetica, condurrebbe ad una situazione di stallo insormontabile e dunque alla morte della bioetica stessa. Ma questa più che una morte, sarebbe una vera eutanasia dell’etica, mascherata dietro il paravento di un pluralismo etico indiscutibile e insuperabile.
Che ognuno faccia come meglio crede… non è l’espressione della massima libertà?
La libertà è il presupposto della moralità, ma non è il suo ultimo riferimento. Se il mio atto umano non fosse libero, se io, per esempio, facessi del male a qualcuno mentre sono sonnambulo, non sarei eticamente giudicabile. Ma un atto disumano, pur compiuto in piena coscienza e libertà, resta disumano e non sarà la mia scelta libera a renderlo praticabile. E’ come dire che la Statua della Libertà dovrebbe avere una sorella siamese, inseparabile: una Statua della Responsabilità.
Quali sono gli obiettivi formativi del Diploma?
Il corso permetterà allo studente di avere in un anno, frequentando il sabato mattina da ottobre fino a maggio, una visione panoramica ma sufficientemente dettagliata di tutte le problematiche della bioetica: da quelle di inizio e fine vita, a quelle legate alla sessualità e alla procreazione, dai problemi derivanti dagli interventi medici, dalle sperimentazioni sull’uomo e dalle neuroscienze, a quelli di tipo sociale, come le dipendenze, vecchie e nuove, fino ad affrontare le questioni legate all’ecologia. Lo studente inizierà anche a maturare le competenze per arrivare a formulare un corretto giudizio etico sui problemi sempre nuovi che la bioetica proporrà.
A chi si rivolge il corso?
Sono particolarmente interessati solitamente sacerdoti, religiosi e religiose, agenti di pastorale, catechisti, insegnanti di scienza e di religione, come pure medici e giuristi. Utilizzando i titoli di due libri pubblicati da due dei nostri docenti, il neonatologo Carlo Bellieni e il filosofo Ramon Lucas Lucas, direi che noi forniamo l’”abc” della bioetica, dunque una bioetica per tutti.
Per concludere: la bioetica serve soltanto a dire dei “no”?
Mentre lei mi sta intervistando, i miei figli vedono un film in televisione, che propone futuribili incontri di pugilato tra robot antropomorfi. Ma il film li appassiona, perché, dietro quei robot, ci sono storie di uomini, con i loro pianti e le loro gioie. Così è per la tecnologia, per la scienza, per la biomedicina, il cui progresso, per essere vero sviluppo, non può essere un autoreferenziale e tumorale accrescimento, ma è un cammino in cui esse stesse si rendano sempre più trasparenti per far apparire l’orizzonte del loro vero significato che è l’uomo stesso, i suoi valori, il suo vero bene. Per citare un altro libro, scritto dal fondatore della nostra Facoltà e direttore del Diploma, padre Gonzalo Miranda, la vita morale, e dunque anche la bioetica, è una “risposta d’amore”, quell’amore che per giustizia io devo a ogni altro essere umano.