No alla fede "cosmetica" dei farisei, serve l'operosità della carità

Durante l’omelia alla Casa Santa Marta, papa Francesco condanna la religiosità di facciata o legata esclusivamente alla legge

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Noi cristiani non abbiamo bisogno di una fede “cosmetica” o di facciata, quanto di una fede che si sostanzia nella carità. Lo ha detto stamattina papa Francesco durante l’omelia per la messa alla Casa Santa Marta.

Il Pontefice ha tratto spunto dal Vangelo del giorno (Lc 11,37-41), in cui Gesù scandalizza il fariseo di turno per non aver compiuto le abluzioni prima di andare a mangiare.

“Gesù condanna questa spiritualità della cosmetica, apparire buoni, belli, ma la verità di dentro è un’altra cosa! Gesù condanna le persone di buone maniere ma di cattive abitudini, quelle abitudini che non si vedono ma si fanno di nascosto”, ha detto il Santo Padre.

I farisei, ad esempio, amavano “farsi vedere pregando” e “truccarsi con un po’ di debolezza” durante i loro digiuni. Un atteggiamento verso il quale, Gesù non ha mezze misure e parla di “sepolcri imbiancati”, “immondizia” e “putredine”. La sua controproposta è quella di dare “in elemosina” tutto quello che hanno dentro.

L’elemosina, infatti, ha ricordato il Papa, “è sempre stata, nella tradizione della Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, una pietra di paragone della giustizia”. San Paolo affronta il medesimo problema nella Prima Lettura di oggi (Gal 5,1-6), discutendo con i Galati del loro attaccamento alla legge: anche in questo contesto, la conclusione che se ne trae è che “la legge da sola non salva”, ha sottolineato Francesco.

La fede vera, ha proseguito, è quella che si rende “operosa per mezzo della carità”: essa non è una “fede immobile” che equivale al “recitare il Credo” passivamente. Per Gesù, ciò che vale è “l’operosità che viene dalla fede o meglio la fede che si rende operosa nella carità, cioè torna all’elemosina”, intesa nel senso più ampio del termine: “staccarsi dalla dittatura del denaro, dall’idolatria dei soldi. Ogni cupidigia ci allontana da Gesù Cristo”.

A tal proposito, Bergoglio ha raccontato un aneddoto della vita di un suo illustre confratello: padre Pedro Arrupe (1907-1991), superiore generale dei Gesuiti dal 1965 al 1983. Un giorno padre Arrupe fu convocato da una ricca signora, desiderosa di fargli una donazione per le missioni gesuite in Giappone. La consegna della busta con dentro il denaro, avvenuta davanti a fotografi e giornalisti fu per il sacerdote una “grande umiliazione” accettata “per i poveri del Giappone”. Aperta la busta, padre Arrupe vi trovò appena dieci dollari.

Un episodio come questo, ha commentato il Pontefice, può spingerci a chiederci se la nostra sia “una vita cristiana di cosmetica” o  “di apparenza” o, piuttosto, una “vita cristiana con la fede operosa nella carità”.

A questo proposito, Gesù ci dà due consigli: “Non suonare la tromba” e “non dare soltanto quello che avanza”. Non a caso, poi, menziona e loda la vedova che “ha dato tutto quello che aveva per vivere” (cfr. Mc 12,41-44 e Lc 21, 1-4): una donna che ha fatto ciò “un po’ di nascosto, forse perché si vergognava di non poter dare di più”.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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