Work in progress: è questa, ancora una volta, la parola con cui i Padri Sinodali descrivono la fase attuale dei loro lavori sulla famiglia, mettendo in guardia dal chiacchiericcio di chi già azzarda previsioni sul futuro e di chi vorrebbe far pronunciare loro facili soluzioni al problema delle relazioni omosessuali o a quello dei divorziati risposati. In realtà non si tratta di trovare soluzioni, come è vero che lo Spirito Santo non funziona come il genio della lampada magica.
“Non stiamo inventando nulla – ha precisato il cardinale Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban in Sudafrica, durante il briefing in Sala Stampa Vaticana -. Abbiamo detto che cambierà il linguaggio, non l’insegnamento della Chiesa”.
Per questo “occorre aiutare i lettori” e gli spettatori non tanto “a farsi già delle idee, ma a farsi un’idea della ricchezza straordinaria del dibattito che è in atto”, ha osservato il cardinale Ferdinando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli: sembra infatti “che si parli di pochi punti”, invece “c’è una ricchezza di dibattito straordinaria”.
La Relatio post disceptationem rispecchia questa ricchezza di argomenti, infatti la sua natura “non è quella di essere un documento ufficiale del magistero”, ma “uno strumento di lavoro in cui emergono tanti punti di vista”, ha argomentato il cardinale Napier.
Il porporato sudafricano ha spiegato che, su questo ‘canovaccio’, che dovrà essere integrato ed emendato, si discuteranno i Circoli minori fino a venerdì, giorno in cui il loro lavoro sarà presentato alla Congregazione Generale che pubblicherà poi la relazione. Neppure quella relazione, tuttavia, avrà ancora valore di documento ufficiale.
“Costruiamo sul positivo, non sul negativo – ha specificato Filoni -. Quello che abbiamo preso in considerazione sono il problema e le sfide che riguardano le famiglie” nei loro vari momenti della vita: “dalla mattina della creazione, al pomeriggio” del disincanto, “alla sera della sofferenza” per arrivare alla “mattina della risurrezione”.
Oggetto della considerazione dei Padri Sinodali sono comunque sia le famiglie che riescono a vivere nell’unità e nella fedeltà, sia quelle “famiglie malate” che hanno bisogno di una cura pastorale particolare: “Mai ingelosirsi per quel figlio perduto che desidera tornare, anche se passa un attenzione maggiore per quel figlio più bisognoso: è come quando si tratta dei genitori, che non amano di meno i figli che rispondono meglio e hanno meno difficoltà di altri”.
Ad una domanda di ZENIT riguardante il ruolo missionario delle famiglie, il cardinale Filoni ha spiegato come effettivamente negli ultimi cinquant’anni, tale ruolo sia notevolmente cresciuto “non solo all’interno delle parrocchie” ma anche nelle missioni all’estero, un tempo quasi esclusivamente a carico “dei religiosi e delle religiose”.
“La novità – ha spiegato Filoni – sta nel fatto che le famiglie stesse hanno compreso che possono essere non solo oggetto ma anche soggetto di evangelizzazione”.
“Ci sono tante famiglie che partono per le missioni, lasciando il loro lavoro, ovviamente dopo un cammino di preparazione e formazione. Ciò rende l’annuncio del Vangelo fortemente credibile, perché, accanto all’annuncio della dottrina, c’è anche la testimonianza”, ha aggiunto il porporato.
L’annuncio del Vangelo, quindi, comincia proprio dalla “testimonianza”, lasciando che “Dio aiuti anche a maturare nel cuore della gente, al di là della curiosità iniziale, anche un terreno più morbido per l’accoglimento del Vangelo stesso, oltre che annunziato, anche vissuto”.
Avere un riferimento con persone che vivono la stessa problematica di papà, di mamma, di nonni di educazione, di scuola, di malattie dei bambini e di tutto il resto, ha un impatto straordinario sul senso della missionarietà intesa in senso moderno.
Filoni ha poi osservato che, se da un lato calano le vocazioni, si riscontrano numeri in aumento, come, ad esempio, i laici e le famiglie che prendono parte attiva all’evangelizzazione.
Con riferimento al suo recente viaggio in Medio Oriente, il prefetto per la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha ricordato che “quando l’infanzia diventa vittima delle guerre, sono le famiglie per prime a soffrirne”, mentre un altro dramma che gli eventi bellici portano è la perdita del lavoro.
Per questo motivo, ha aggiunto il cardinale, i padri sinodali hanno deliberato di portare alle famiglie del Medio Oriente, il loro messaggio di solidarietà.
“In questo dramma generale – ha proseguito – una delle cose che mi hanno colpito di più è che le famiglie sono rimaste unite. Nei luoghi di prima accoglienza, si è cercato quindi di ricreare il senso della comunità, mantenendo vicine famiglie degli stessi villaggi. Di questi sentimenti mi sono fatto interprete anche all’interno del Sinodo”, ha poi concluso il porporato.