L’assistenza sanitaria italiana viene indicata inferiore solo a Singapore e Hong Kong. Ed è migliore della Francia (ottava nella classifica stilata dal rapporto), Regno Unito (decima) e Stati Uniti (quarantaquattresima), la Russia è in fondo alla classifica (cinquantacinquesima).
Dal rapporto di Bloomberg si scopre che l’Italia spende il 9,2% del Pil in sanità, pari a 3.032 dollari pro-capite e la popolazione ha un aspettativa di vita pari a 82,9 anni.Pur considerando la relatività delle statistiche, bisogna riconoscere la ricchezza culturale e storica della pratica sanitaria italiana
Una cultura che è profondamente incarnata nella maggior parte dei medici italiani.Addirittura alcuni di questi non si accontentano di svolgere al meglio il lavoro in Italia, ma addirittura utilizzano il periodo di ferie per svolgere attività di cura e assistenza nelle zone del mondo più disagiate e rischiose.
E’ il caso del dottor Roberto Ravera, primario di Psicologia clinica dell’Asl di Imperia che sta per partire per la Sierra Leone, il paese africano che maggiormente ha visto la diffusione del pericoloso virus dell’Ebola.
Insieme a Padre Giuseppe Berton, missionario Saveriano che è vissuto per 40 anni in Sierra Leone, Ravera ha fondato nel 2012 la onlus “FHM Italia”, gemella della ONG per le Case Famiglia “FHM Sierra Leone”.
Tra le innumerevoli attività benefiche fondate dal missionario Berton c’era anche il Movimento Case famiglia per ospitare e assistere giovani in difficoltà, orfani, disabili, mutilati, ex bambini soldato, donne violentate dai miliziani. Berton è diventato noto nel mondo per aver accolto e reinserito nella società circa 3000 bambini soldato.
Esperto invece nella cura dei traumi, il dott. Ravera ha conosciuto il missionario nel 2007. Da allora insieme ad altri medici e volontari ha creato e sviluppato progetti per aiutare gli ex bambini soldato e i ragazzi che vivono nei carceri minorili di Freetown.
Nell’ultimo anno la Onlus “Fhm” ha acquistato terreni per costruire un centro polifunzionale in grado di assistere medicalmente e psicologicamente le innumerevoli vittime della guerra e di Ebola.
A ZENIT, il dott. Ravera ha tenuto a precisare che l’Ebola “colpisce un area del mondo che non dispone di un sistema sanitario nazionale efficiente. Si espande facilmente perché non esiste una rete sanitaria efficace in grado di affrontare l’emergenza. Questa è la ragione per cui si è esteso anche in Guinea, in Liberia e Sierra Leone”.
L’Ebola è un virus aggressivo, ma secondo il medico “la sua diffusione e mortalità dipende molto dal fatto che le persone vivono in condizioni di estrema promiscuità”. C’è poi la mancanza di acqua corrente e di bagni, che fanno vivere le persone in condizioni di mancanza assoluta delle norme igieniche di base.
Inoltre, sulla base delle credenze religiose locali i corpi delle persone decedute a causa di Ebola vengono trattati per i rituali e questo facilita la trasmissione del virus. Per lo stesso motivo quando le persone avvertono i sintomi, non vanno nei presidi sanitari, ma si rivolgono allo sciamano o allo stregone.
“Questo mix di ingredienti ha generato la situazione di emergenza a cui stiamo assistendo”, ha affermato il dott. Ravera raccontando di aver spiegato la situazione al Ministro della Sanità italiano già a maggio, quando il fenomeno si era presentato al mondo. “Ho fatto presente che bisognava porre una barriera alla trasmissione creando cordoni sanitari, ma soprattutto bisognava informare la popolazione per fornirgli gli strumenti in grado di fermare la trasmissione del virus”.
“Non sono state prese le misure necessarie, così c’è rimasto solo l’eroismo di alcuni operatori sanitari locali, i quali si sono esposti al rischio contagio e parecchi si sono ammalati e sono morti”.
Alla domanda se l’Ebola sia così letale imbattibile, Ravera ha spiegato che “nonostante il ceppo virale sia probabilmente quello cosiddetto Zaire che ha un altissima mortalità, si è visto che si può sopravvivere, cioè, con le cure adeguate le persone hanno probabilità di guarire”.
Secondo il medico l’alto numero di vittime in Africa è determinato da altri fattori. In genere infatti la persona attaccata dal virus è già una persona resa fragile dal altre patologie, prima tra tutte la malaria, presente nella maggioranza delle persone che vivono in quelle regioni.” Se contrae l’infezione una persona che ha già la malaria è ovvio che Ebola può diventare letale: si tratta di un problema nel problema”.
Ma in Sierra Leone, non si muore solo per l’Ebola: “La situazione è drammatica, la gente non viene neanche più curata per le altre malattie. Le donne partoriscono da sole perché non ci sono più ostetriche disponibili. Il tasso di mortalità infantile che era già quasi al 30% ha avuto un ulteriore impennata. La gente muore di malaria perché nessuno li cura più. La maggior parte di presidi sanitari è stata chiusa. La gente si sente abbandonata”.
E se l’Europa non vuole avere preoccupazioni che la malattia si diffonda “bisogna allora andarla ad affrontare in Africa”, ha affermato Rivera, perché “con un serbatoio così prolifico di malati è probabile che ci possa essere qualcuno che possa prendere l’aereo e portare l’infezione altrove”.
“Non saranno gli immigrati a diffondere l’Ebola – ha soggiunto – perché le persone sono troppo deboli, quelli che proveranno ad attraversare il deserto moriranno prima di arrivare sui porti del mediterraneo. L’idea che arrivi un esercito malati di Ebola in Europa non è plausibile La possibilità di esportazione del virus è invece quella di viaggiatori occasionali”
“Certo – ha proseguito – è un problema molto serio, ma dobbiamo anche sapere che abbiamo le strutture sanitarie per affrontare le emergenze di questo tipo”, e poi “come spesso succede l’uomo offre il meglio di sé stesso quando è in situazioni estreme”.
Inviato dal Ministro della Sanità della Sierra Leone, il medico andrà a breve a stare per un mese nel paese africano. Utilizzerà il suo periodo di vacanze per curare, aiutare, assistere le tante vittime della guerra e delle malattie.
Tra i progetti che andrà a realizzare c’è anche un piano di educazione per adulti e bambini al fine di informare, correggere e prevenire la diffusione del virus. Si occuperà inoltre di un programma di formazione per gli operatori che lavorano con i malati di Ebola e di assistenza ai sopravvissuti, moltissimi dei quali vivono in condizioni disperate
Tutte le attività della onlus FHM sono sostenute dal contributo di donazioni e fondi privati. Di questi quasi 800.000 euro sono stati destinati all’acquisto di terreni e la costruzione di un ospedale pediatrico e un centro di riabilitazione e di accoglienza per bambini di strada, per minori abbandonati, per disabili.
In conclusione abbiamo chiesto al dott. Ravera dove trova la forza per promuovere le tante attività umanitarie di cui è protagonista. “Ho avuto un dono – è la sua risposta -. Ho conosciuto padre Giuseppe Berton. Sono andato In Sierra Leone per collaborare, ma non avrei mai immaginato cosa sarebbe accaduto. Per me è stato un incontro che mi ha cambiato la vita. La sua fede e il suo impegno a fare del bene mi hanno segnato. E’ più di un anno che padre Berton ci ha lasciati. Mi trovo in una immeritata posizione di continuare il suo lavoro. Spero di avere la stessa fede”.