Tre grandi Pontefici per "guarire dai mali della disinformazione"

Mons. Antonio Interguglielmi spiega senso e finalità del convegno svolto domenica 5 ottobre, presso l’Istituto Santa Francesca Romana

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“Il cristianesimo è nato per comunicare, per comunicare Il Cristo risorto. Per questo dobbiamo guardare ai mezzi di comunicazione con fiducia e amabilità. L’amabilità di comunicare ciascuno di noi il vangelo con gioia e bellezza”. Così il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, ha aperto il Convegno “Guarire l’informazione: l’insegnamento di tre grandi pontefici”, svoltosi domenica pomeriggio presso l’Istituto Santa Francesca Romana alla presenza di un numeroso pubblico e dei relatori Lucio Brunelli, direttore di Tv2000; Davide Dionisi, giornalista della Radio vaticana; Isabella Di Chio, giornalista Rai e Pawel Ptasznik, responsabile della sezione polacca della Segreteria di Stato. A mons. Antonio Intergugliemi, direttore dell’istituto Santa Francesca Romana, ZENIT ha rivolto alcune domande.

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Mons. Intergugliemi, chi è stata Santa Francesca Romana ? Che cosa si propone l’istituto da lei diretto e perché ha voluto ospitare il convegno?

Il 500 fu un secolo in cui nacquero e operarono figure di grande santità. A loro si aggiunge la luminosa figura di santa Francesca Romana (1384-1440), che fu sposa, madre, vedova, fondatrice e religiosa, secondo la volontà di Dio. Ecco, in questa breve presentazione si condensa tutta l’opera e il carisma di una donna per molti versi eccezionale e attualissima. Appunto il suo impegno all’assistenza ed alla evangelizzazione operato in questo quartiere di Roma non deve morire. La vita di Santa Francesca, vita di testimonianza e di accoglienza, ispira proprio l’attività di questo istituto a Lei dedicato, che ama confrontarsi con tutti, anche su temi delicati quali la comunicazione del Vangelo e l’informazione della stessa che ne danno i mass media.

Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Tre grandi pontefici, tre eccellenti comunicatori. Eppure sono stati molto criticati. Secondo molti, soprattutto nei confronti di Ratzinger, i mass media hanno condotto una vera e propria campagna di dis-informazione. Tanto che mons. Matteo Zuppi, vescovo ausiliare di Roma, ha detto ironicamente che “per guarire l’informazione ci vorrebbe un’esorcista”. Lei è d’accordo?

Mons. Zuppi ha voluto enfatizzare con una battuta un aspetto della comunicazione, talvolta strumentale e quindi non al servizio della Verità e degli altri, come ho scritto nell’invito di questo Convegno. Il titolo “Guarire l’informazione” è anch’esso un titolo un po’ ad effetto, vuol dire in realtà riportare in chi dà l’informazione a questo Spirito che è spirito di servizio agli altri, perché comunicare e informare significa rendere partecipi e consapevoli della realtà: quindi non è esagerato parlare di servizio. Basta pensare che nei Paesi con regime dittatoriale l’informazione è sempre attentamente controllata, perché non si vuole che le persone siano libere e consapevoli. Ma questo obiettivo, diciamo perverso, può essere perseguito anche in un Paese “formalmente” libero e democratico, distorcendo e falsando la notizia. Interessante perché è quello che fanno anche i Sommi Sacerdoti di fronte alla notizia della Tomba vuota e della Resurrezione di Cristo. Nel Vangelo di Matteo, all’ultimo capitolo si legge:  “deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: ‘Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo’ (Mt 28, 12-13). Così questa diceria si è divulgata”.

Mons. Pawel Ptasznik, responsabile della sezione polacca della Segreteria di Stato, ha ricordato che la forza di Giovanni Paolo II, al di là del suo carisma e delle sue notevoli doti di abilità mediatica, era soprattutto l’autenticità, testimoniata negli ultimi tempi della sua vita, vissuti in sofferenza ma con grande dignità…

È un esempio di quanto sia stata grande la testimonianza di fede di San Giovanni Paolo II: come ci ha ricordato con parole toccanti mons. Pawel nella sua bellissima relazione, di fronte alla Santità di questo Papa anche l’informazione si è inchinata, riconoscendo la sacralità del momento che stavamo vivendo. Potremmo dire che gli ultimi giorni di vita di papa Wojtyla sono serviti anche a chi informa, ai giornalisti, che l’esigenza di informare e di fare lo scoop deve avere dei limiti oggettivi, deve fermarsi di fronte alla sacralità della vita. L’informazione non è un valore assoluto, che può calpestare tutto: questo è guarire l’informazione. Restituirle il suo valore, importante e primario, ma non assoluto.

“I mezzi di comunicazione dovrebbero praticare di più l’ascolto e la corretta informazione prima di scrivere e pubblicare. Solo dal silenzio dell’ascolto – ha detto Benedetto XVI – scaturisce infatti il discernimento e quindi la giusta cronaca”. Cosa pensa delle parole del Papa emerito? 

Bellissima questa frase del Papa emerito citata nella relazione di Dionisi oggi: si tratta infatti di un aspetto che va oltre l’informazione. Saper ascoltare è condizione imprescindibile perché dimostra l’attenzione all’altro, il desiderio di capire per fare il bene dell’altro: purtroppo rischiamo di vivere spesso solo nell’ascolto di noi stessi, dei nostri desideri e impulsi. la Fede nasce dall’ascolto, dalla “stoltezza della predicazione” come ci ricorda San Paolo nelle sue lettere. Il sapersi fermare è uno dei problemi fondamentali dell’informazione oggi: la fretta di arrivare per primi, le edizioni incalzanti dei notiziari radio e tv, le news 24 ore, tutto rischia di venire fatto in funzione del tempo reale, dell’essere sempre “on-line”, come si dice adesso. Ma quando ci si ferma per capire cosa stiamo facendo? Abbiamo la forza di chiederci se quello che stiamo comunicando è davvero al servizio degli altri o solo il voler dimostrare che siamo stati tempestivi, più degli altri? Sono sfide. In questo i tre Papi, come abbiamo cercato di mostrare in questo Convegno, ci hanno dato e continuano a darci con papa Francesco una grande aiuto e ce ne mostrano la strada.   

Eccoci a Papa Francesco. Secondo Lucio Brunelli, direttore di Tv2000, Bergoglio ha il dono della predicazione popolare, del sermone umile. Il Papa argentino non comunica con una speciale tecnica, ma comunica se stesso. Parla come parlava Gesù. Da qui la sua straordinaria popolarità. Quasi un rinnovato idillio con la stampa. Ma è strano vedere che a fronte di una grande popolarità anche all’interno del mondo cattolico ci sono gruppi, minoritari, che lo criticano. Cosa può dirci in proposito?

L’autenticità di Papa Francesco, messa in luce nella relazione di Lucio Brunelli, è la sua forza.  Così come lo è stato per Papa Giovanni Paolo II e per Papa Benedetto: ognuno in modo diverso hanno mostrato che quello che annunciavano era quello che erano. Per questo ritengo non ci sia alcuna preoccupazione sulla durata di questo “idillio”: il titolo della relazione di Brunelli era proprio per questa ragione provocatorio e nella sua esposizione il nuovo direttore dell’informazione di Tv2000 ce lo ha spiegato, raccontando anche simpatici suoi personali episodi  del periodo in cui Bergoglio era Cardinale. Che poi ci siano all’interno della Chiesa gruppi di cattolici critici, beh questo sta proprio nella sua forza di rompere certi schemi comunicativi. Questo è un Papa che parla a tutti gli uomini e non solo ai professionisti della comunicazione.

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Antonello Cavallotto

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