I gruppi dirigenti, i genitori, gli insegnanti, gli economisti, i costruttori di consenso, le religioni, tutti si stanno chiedendo quali sono i rischi e quali i benefici di questa rivoluzione tecnologica planetaria.
E non si tratta solo della pervasività e enorme diffusione di iphone, tablet e computer, o della invasione dei social network nella vita di tutti i giorni.
Per evitare di diventare schiavi di nuovi idoli e utilizzare al meglio l’innovazione tecnologica che può diffondere, sviluppare e consolidare democrazia, amicizia, libertà, conoscenza, solidarietà e rispetto dei diritti umani, sono innumerevoli le occasioni di incontro e riflessione.
Tra queste la terza edizione dell’Internet Festival di Pisa (www.internetfestival.it), uno dei più importanti eventi europei dedicati al mondo digitale.
Testimonial di questa edizione sarà Galileo Galilei, di cui si celebra il 450° anniversario della nascita.
Per approfondire il tema, ZENIT ha intervistato Michele Mezza, che è tra gli ideatori e organizzatori del Festival.
Michele Mezza, giornalista, saggista e docente universitario, già vicedirettore di Rainews24, è attuale vicedirettore di Rai International.
È titolare del corso di Teoria e tecnica dei nuovi media all’Università di Perugia. Insegna Tecnologie multimediali all’Università La Sapienza di Roma e, da gennaio 2003, tiene un corso di giornalismo all’Università di Roma Tor Vergata e per un master su Giornalismo multimediale all’Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Autore di numerosi libri e saggi tra cui “Avevamo la luna. L’Italia del miracolo sfiorato, vista cinquant’anni dopo”.
Gli abbiamo chiesto:
Quali sono state le ragioni che le hanno suggerito di dar vita al Festival di Internet?
L’Internet festival è il risultato di un complesso processo progettuale, che è sfociato alcuni anni fa a Pisa in un format che sta riscuotendo molto successo. I promotori sono innanzitutto il comitato scientifico, composto da operatori della rete, comunicatori e un nutrito gruppo di professori e studenti del circuito universitario pisano. Come si sa, Pisa è oggi uno degli aggregati di sapere più prestigiosi e potenti del paese. Basti pensare alla Normale o all’Istituto San’Anna o alle stesse facoltà universitarie ordinarie. E non a caso, proprio a Pisa ha attecchito l’esperimento di un indirizzo di ricerca definito di informatica umanistica. Quello è il brodo di coltura del nostro evento.
Quali i benefici delle applicazioni tecniche di Internet, tra reti sociali e comunicazione planetaria?
Banalmente si può ripetere che Internet ha cambiato il mondo ma sarebbe l’ennesimo abbaglio. Non è la rete ad avere cambiato il mondo ma sono gli uomini e le donne che hanno preteso e alimentato la rete ad aver trasformato il modo di vivere, produrre e pensare nel mondo. Le innovazioni sia di processo che di prodotto sono innumerevoli. Ma credo che sopratutto una ha mutato volto al pianeta: il decentramento della potenza di calcolo all’individuo. Questo processo che ha visto per la prima volta nella storia dell’umanità distribuire e condividere fra milioni di persone non solo il sapere ma la stessa azione di produrre sapere ha cambiato le gerarchie, i valori, le ambizioni e lo stato di vita di intere comunità, disintermediando quello che prima era affidato alla discrezionalità di pochi individui. È un processo ai suoi inizi e, come tale, suscettibile di sbandamenti e abbagli, ma la direzione mi sembra chiara ed inesorabile.
Quale impatto sta generando un rinascimento tecnologico di questo tipo dal punto di vista culturale e sociale?
Già il termine “rinascimento” che lei usa, mi sembra che illumini proprio l’aspetto particolare del fenomeno: un processo di apertura e rigenerazione della cultura e dei saperi. Il vero dato che si acquisisce in questa fase è che è proprio il sapere il motore sociale ed economico del mondo. Se diamo un rapido sguardo ai listini di borsa vediamo come ai primi posti vi troviamo società che producono conoscenza ed informazione. È una rivoluzione. Ma più ancora del sapere che potrebbe essere derubricato a nuova merce, quello che guida il processo di sviluppo e di valorizzazione delle ricchezze sono le relazioni umane. La nuova economia a rete si basa sulla capacità di tessere e sostenere relazioni dirette fra individui: cosa sono Facebook o Twitter se non grandi fabbriche di relazioni umane? E questo dato muta la gerarchia nel mondo: Nord o Sud, Est o Ovest. Chi prima era avvantaggiato dalle dotazioni materiali o infrastrutturali, ora si trova ad inseguire paesi che hanno nei giovani la loro ricchezza. Perché la Cina, che pure corre, oggi rivede la politica demografica del figlio unico? Perché l’occidente è sotto shock per essere, per la prima volta nella storia, periferia di un nuovo mondo?
Quali i rischi e quali i benefici?
Come dicevo siamo ai primi passi di un lungo cammino. Se ci guardiamo indietro potremmo vedere che abbiamo alle spalle altri inizi di epoche innovative. Pensiamo all’avvento della scrittura, o alla diffusione della stampa o ancora alla polvere da sparo o alle elaborazioni scientifiche da Galileo ad Einstein. Nei primi momenti, ogni innovazione si presenta come il salto in un buco nero, dove prevalgono timori e nostalgie. Ma poi il cambiamento diventa una civiltà. Oggi vediamo come il processo di autonomizzazione degli individui destabilizza il vecchio ordine. E si fa fatica ad intravvedere un’alternativa altrettanto solida e collaudata come quello che stiamo lasciando ma in cambio già si vedono potentissimi nuovi orizzonti: il sapere si diffonde a macchia d’olio. Intere aree del pianeta entrano nell’agone del benessere e della condivisione. La partecipazione alle decisioni e alla visione dei destini del mondo si estende. In questo processo vedo una straordinaria potenzialità data dalla possibilità di rendere convergente le intelligenze dell’intera umanità. È una straordinaria macchina collaborativa quella che si sta creando. Ovviamente non mancano contraccolpi. La rete è anche veicolo di minacce e di insidie. Ma, insisto, il protagonista non è la tecnologia, piuttosto è la nuova cultura della condivisione. Mi sembra in questo fondamentale l’esempio di papa Francesco: il Sinodo sulla Famiglia che si è appena aperto, è una grande esperienza di riflessione teologica sviluppata alla luce di una grande consultazione della comunità cattolica. La Chiesa si fa “orizzontale” per stare nel mondo. Come ha spiegato il cardinale Walter Kasper per illustrare il senso del Sinodo: è ora di ascoltare i fedeli!
In diverse occasioni, Lei ha ipotizzato l’idea di dare un anima all’algoritmo. Che cosa intende dire?
Questo è a mio parere il vero nodo che abbiamo dinanzi. Ed è su questo che ci concentreremo nella giornata di chiusura dell’Internet Festival, dove metteremo a confronto filosofi e informatici per capire come rendere l’algoritmo un’entità personalizzabile e non una nuova dittatura. Oggi, infatti, ci troviamo a riconoscere che ogni pensiero umano, per esprimersi ma, ancora di più, già solo per formarsi, debba fare i conti con il software. Già Italo Calvino nelle sue Lezioni Americane, che ci lasciò prima di morire, intuì la superiorità del software rispetto all’hardware. Oggi il software guida i nostri passi, le nostre emozioni i nostri pensieri. Un software che ci informa, che ci forma, che ci permette di connetterci e comunicare con gli altri. Come ogni tecnologia neanche l’informatica è neutra: interiorizza la cultura i valori lo stile di pensiero di chi la produce. Oggi dobbiamo porci il problema di rendere ogni comunità, ogni individuo autonomo e sovrano rispetto agli algoritmi di cui si serve. Per questo bisogna impegnarsi in una riflessione non tecnologica ma profondamente culturale
per dare appunto una anima alla potenza di calcolo. Già nei qualche settimana fa il governo tedesco ha preteso da Google che rendesse trasparente il suo algoritmo di ricerca. È un primo passo per rendere negoziale questo terreno. Nessun primato o dominio può essere lasciato alle cattedrali del software.
Il testimonial scelto quest’anno è stato Galileo Galilei. Quale relazione c’è secondo lei tra la rivoluzione scientifica e tecnologica di cui Galileo fu protagonista e il Festival di Internet oggi?
Più che Galileo, direi l’intero scorcio del Rinascimento che abbraccia il XVI secolo e larga parte del XVII. In quell’arco di tempo prese forma una straordinaria riflessione teoretica che per larga parte costituisce la vera base del pensiero digitale oggi: Giordano Bruno con le sue opere magiche introduce l’idea di un pensiero circolare dove, come dice lui: ogni punto è centro e il centro è ovunque. Così come Galileo con la sua spettacolare svolta metodologica sperimentale che apre anche idealmente orizzonti nuovi al mondo. In particolare è in quel passaggio storico e Galileo ne è davvero il testimonial. È infatti lui che inquadra con precisione e straordinaria modernità la potenza del linguaggio matematico alla necessità di governarlo da parte dell’uomo quando scrive: “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi che è l’universo. Ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua , e conoscer i caratteri, néi quali è scritta. Essa è scritta in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”.