I "vetri" di Dublino

Le vetrate artistiche come scrigno di luce

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La chiesa di Nostra Signora del Monte Carmelo a Whitefriar Street, Dublino, è una chiesa ricca di storia, devozione ed arte che offre molteplici suggestioni al visitatore e al fedele. La chiesa sorge sul sito di un priorato carmelitano costituito nel 1539 e successivamente chiuso in seguito alla Riforma. La struttura attuale risale al 1825 ed è stata progettata da George Papwort, l’architetto che ha disegnato in perfetto stile Neoclassico anche la piccola ma imponente Pro-Cattedrale di Dublino. L’edificio è stato successivamente ampliato nel 1856 e nel 1868 fino a raggiungere l’attuale struttura a tre navate e pianta longitudinale, con un’ampia cappella sulla destra e un imponente tabernacolo, del 1954, che precede un grande organo, il tutto sotto ampie volte a crociera di ascendenza neogotica. La chiesa è cara al popolo dublinese per la presenza della statua di Our Lady of Dublin, la Madonna Nera d’Irlanda, l’unica statua della Vergine nella città ad essere sopravvissuta alla furia dell’iconoclastia protestante.

Originariamente collocata nell’abazia cistercense di St. Mary, a nord del fiume Liffey, se ne erano perse le tracce dopo il 1539, si dice scavata nel retro ed usata come mangiatoia per i maiali. Nel 1749, nelle cronache di un ignoto scrittore protestante che descrive le chiese cattoliche della città, riappare in una cappella parrocchiale. Nel 1816 la vecchia cappella, convertita in scuola, dismette tutte le suppellettili religiose e la statua viene trovata da Padre Spratt in un negozio di antiquariato a Capel Streeet, e da lì collocata nella nuova chiesa a Whitefriars.

L’antica statua, installata in un ricco altare policromo di inizi Novecento, è ancora oggi tra gli oggetti di maggior venerazione del popolo dublinese. La statua, di pregevole fattura ed ancora in buone condizioni, in legno di quercia originariamente colorato, raffigura la Vergine stante con il Bambino Gesù sulla sinistra; il Bambino allunga una mano (frutto di un restauro integrativo) fuori dal blocco scultoreo mentre la Madonna posa saldamente su un basamento raffigurante una nuvola dorata sorretta da quattro cherubini; la corona, non originaria ma simile alla precedente è di fattura ottocentesca. L’origine dell’opera è sicuramente da ascrivere all’Europa del Nord, in particolare all’area tedesca, tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento; per certe attinenze stilistiche con alcune stampe erroneamente è stato fatto il nome, quale esecutore, di Albert Durer ciononostante l’ignoto artista può essere un allievo della sua bottega. Alcune durezze e spigolosità della plastica tedesca, infatti, appaiono attenuate da un’impronta maggiormente classica, affine allo spirito rinascimentale italiano.

La chiesa conserva anche le reliquie del vescovo romano e martire Valentino, consegnate direttamente da Papa Gregorio XVI a padre John Spratt, grande animatore della vita religiosa dublinese nell’Ottocento, e da allora molto venerate nella sua cappella. Vi sono anche le reliquie del siciliano Sant’Alberto degli Abati, patrono dei carmelitani, che sono necessarie ancora oggi per una particolare benedizione dell’acqua e del cotone.

La chiesa presenta uno splendido ciclo di vetrate policrome di fine Ottocento che ci permettono di soffermarci su un aspetto importante dell’arte “cristiana” moderna irlandese, ovvero quello dei vetri lavorati. Erroneamente si crede che il vetrice dell’arte vetraria sia stato raggiungo nel periodo gotico o rinascimentale, con le grandi decorazioni per le cattedrali d’oltralpe; bisogna dire che soprattutto in ambito nordico, in seguito al revival neogotico e medievale e all’interesse dei pittori inglesi William Morris e sir Edward Burne-Jones, si è assistito ad un recupero e rilancio di questa tradizione rafforzata dalla cultura decorativa locale. La cultura artistica irlandese è stata soprattutto decorativa e pertanto i due linguaggi sono riusciti a dialogare in un modo tanto sorprendente e nuovo che giustamente si possono considerare le vetrate artistiche dell’isola tra i frutti più riusciti del dialogo tra arte e fede.

Le prime cinque vetrate, nella parte sinistra della navata centrale, raffigurano la Proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione da parte di Pio IX nel 1854 e recano la firma di Franz Mayer & Co. (Mayer & Co. di Monaco) una famosa impresa tedesca, con sede a Monaco di Baviera, attiva nel campo delle arti decorative per ben centocinquant’anni. L’azienda è stata molto popolare durante la fine del Ottocento quale principale fornitrice di vetrate artistiche alle grandi chiese cattoliche romane costituite in tutto il mondo, avendo anche l’imprimatur della Santa Sede. In Irlanda, in particolare, ha curato l’allestimento di ben nove chiese cattedrali (Derry, Carlow, Kilmore, etc.) e di almeno una cinquantina di chiese minori.

Altre cinque vetrate, avanzando verso l’altare, raffigurano episodi mariani dall’Annunciazione all’Assunzione e sono state realizzate tutte dalla bottega dublinese Earley in Camden Street (Earley & Co.). La bottega era stata fondata da John Earley e da suo fratello, scultore, Thomas Early, che fu allievo di Edward Welby Pugin, uno dei massimi rappresentanti dell’architettura Neogotica e autore, a Dublino, della splendida John’s Lane Church. L’impresa, per l’eccellente qualità dei lavori, divenne tra le più grandi e prestigiose nel Regno Unito e in Irlanda per quanto concerne ogni aspetto della decorazione e dell’arredamento delle chiese di nuova costruzione.

La bellezza di tali vetrate deriva da una complessa costruzione per piani per cui spesse volte il colore dominante è composto dalla sovrapposizione di diversi vetri; ciò comporta che la superficie non sia piatta e bidimensionale, come nelle vetrate gotiche, ma assuma spessore e matericità, sottolineando la profondità della scena. La ricchezza dei dettagli comporta inoltre la frammentazione dello spazio artistico in una miriade di tasselli colorati i quali, oltre a modulare passaggi chiaroscurali, fanno vibrare di luce l’intera superficie. Cambia anche il profilato in piombo che non segue più rigidi schemi geometrici ma cerca di adattarsi allo schema disegnativo e alla ricchezza dell’ornato. Un perfezionamento delle decorazione a grisaille, utilizzata a partire dal XV secolo, comporta inoltre l’opportunità di maggior lavoro con i mezzi toni e una delineazione dei dettagli molto più realistica, con la possibilità di disegnare i tratti del volto, le pieghe delle vesti, gli effetti della capigliatura e della pelle.

Sostanzialmente nel realizzare ciò l’artista, dopo aver steso la grisaille, lavorava con graffi, piccole incisioni ed asportazioni per regolare effetti ed ombre, fissando in seguito la pittura sottoponendo le lastre ad un ulteriore cottura che comportava la vetrificazione della polvere di vetro. E’ proprio il lavoro sulla polvere di vetro in relazione al colore di fondo, unito al discorso sullo spessore della lastra, a determinare degli effetti pittorici altamente suggestivi. Sarà infine l’irlandese Harry Clarke a portare al massimo splendore quest’arte.

Dopo aver studiato in Francia, nelle cattedrali gotiche, ed aver appreso la tecnica dell’uso dei vetri opachi, riuscì a sviluppare forme e cromatismi nuovi e del tutto inediti coniugando la sua arte di illustratore alle spigolosità e bizzarrie dello stile liberty. Partendo sempre dai dettagli dei disegni preparatori, attraverso un’attenta selezione dei vetri e dei toni, e la sovrapposizione cromatica delle lastre, con un uso non eccessivo della grisaille e un lavoro sui contorni e sulle strutture portanti, che non fossero mai invasive per il soggetto, riuscì a creare delle vetrate uniche nel loro genere, realmente degli scrigni di luce. Fu lui insieme a Michael Healy, Evie Hone, Beatrice Elvery, Wilhelmina Geddes e Sarah Purser a fondare nel 1903 An Túr Gloine (in irlandese, ovvero La Torre dei Vetri), una sorta di corporazione di vetrai, intrisa di spiri
to nazionalista e revivalista, nata per rilanciare l’arte delle vetrate artistiche nelle chiese cattoliche irlandesi in alternativa ai vetri commerciali importati dall’Inghilterra e dalla Germania.

Il vetro di Clarke si distingue per la finezza del disegno, l’uso di colori ricchi –come i blu profondi e i rossi sanguigni- e dai forti contrasti timbrici e un innovativo sistema di integrazione del disegno alla struttura portante, con l’uso dei ferri come segni grafici interni alla composizione. Realizzò negli anni complessi cicli di vetrate per le chiese di tutta l’Irlanda ma anche soggetti di carattere “profano”. E’ possibile ammirare la maestria della sua arte a Dublino osservando, forse, il suo capolavoro The Eve of St. Agnes del 1924 (ora alla Hugh Lane Municipal Gallery) ispirato alla celebre poesia di John Keats ed esposto insieme ad altri vetri di soggetto sacro di artisti coevi.

Tommaso Evangelista è storico e critico d’arte. Esperto in didattica museale e arte sacra. Vive a Dublino.

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Tommaso Evangelista

Tommaso Evangelista è Storico dell’arte

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