Ottantamila fiammelle nello “stadio del Bernini” si sono lasciate accendere dal vescovo di Roma nella veglia di preghiera in preparazione all’assemblea straordinaria del Sinodo sulla Famiglia.
L’evento atteso, discusso e – per alcuni – controverso, si spera trovi nella solennità di San Francesco che lo ha visto inaugurare, un motivo ispiratore di pacificazione dottrinale e pastorale.
Cinquant’anni fa, un altro Papa, oggi santo, esibiva il suo buon umore davanti a tanti “profeti di sventura” (questa definizione è sua) trovando accenti poetici, in riferimento alla Luna, simbolo mariano e richiamo quindi alla maternità che non sussiste senza la paternità.
La vita francescana è appunto testimonianza dell’universale paternità di Dio e dell’universale fraternità dell’uomo.
L’uomo viene restituito all’uomo come fratello, quando viene restituito a Dio come padre.
Non si può mai dire di amare Dio che non si vede, se non si ama l’uomo che si vede (1Gv 4,19).
E’ questo il grande filo conduttore del pontificato di Papa Bergoglio, attraverso le sue parole e i suoi gesti, che si confrontano con il grido di “vergogna” a ogni atteggiamento di egoismo e di chiusura che proprio oggi sentiamo riecheggiare a un anno dalla tragedia di Lampedusa consumatasi nel “Mare Nostrum”.
San Francesco ha sempre amato la famiglia e si è chinato sui suoi bisogni, sia materiali che spirituali, attraverso la sua parola, il suo esempio e la sua azione caritativa accompagnata dalla preghiera d’intercessione.
Il beato Tommaso da Celano, suo primo biografo, riporta nella “Vita Seconda” al capitolo IX, l’episodio di una coppia nella quale il marito abusava del matrimonio riducendo la moglie a strumento ludico.
Costei, rivoltasi al santo, ottenne, non solo la conversione del coniuge, ma la scelta condivisa di vivere nella continenza.
Le testimonianze dei laici della serata, sono state in linea con questo concetto: anziché esibire famiglie degne della pubblicità del “Mulino Bianco” o di altri spot pubblicitari, si è dato largo spazio al racconto di una coppia in cui il marito ha raccontato crudamente la propria non occasionale infedeltà coniugale: lo sventurato ha infatti confessato di avere lasciato la moglie per un’altra, rimanendo con l’amante per ben sei anni prima di ritornare pentito all’ovile.
La coraggiosa testimonianza di questa coppia che ha conosciuto il naufragio matrimoniale a causa dell’infedeltà coniugale, ricorda che la zattera del perdono è sempre possibile: tra gli uomini e tra Dio e gli uomini.
Se lo è per l’assassino, lo è anche per l’adultero, nei flutti della storia personale, spesso tempestosa.
In questo senso la misericordia di Dio non è “una grazia a buon mercato” che dispensa dalla conversione, come ha affermato lo scorso febbraio il cardinale Walter Kasper nella relazione al Concistoro sulle sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione.
Inversamente i sacramenti non sono un premio per chi si comporta bene e per un’élite, escludendo quanti ne hanno più bisogno (Evangelii Gaudium 47).
San Francesco si sente accolto da Dio fin dal primo momento della sua conversione.
“Il re della gioventù di Assisi”, nel suo spogliarsi dell’uomo vecchio alla piazza di Santa Maria Maggiore, dirà al papà Pietro di Bernardone: “Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli”.
San Francesco ama il linguaggio analogico anche quando afferma che “coloro che si convertono sono sposi di Cristo quando aderiscono a lui con tutto il cuore mediante la grazia dello Spirito Santo; sono fratelli di Gesù Cristo quando fanno la volontà del Padre che è nei Cieli e sono madri di Gesù Cristo quando lo portano nel loro cuore e nel loro corpo con l’amore e con la pura e retta coscienza e lo generano attraverso sante opere che risplendono agli altri in esempio”.
Quanto alla misericordia, al sano realismo e alla capacità di riconoscere la redenzione attuale e attuabile nell’uomo, San Francesco non a caso insisteva sempre con i suoi frati perché non giudicassero nessuno e non disprezzassero coloro che vivevano nel lusso e vestivano con ricercatezza: “Dio è il Signore di tutti ed ha potere di chiamare a sé e di rendere giusti i peccatori”.
“Molti che sembrano membra del diavolo, possono un giorno diventare discepoli di Cristo“ (3 Comp).
E’ questa una dinamica di redenzione che può e deve restituire le coppie alla realtà di comunione che si contrappone a quella di estraneità: morale, sociale e relazionale.
La famiglia generata dall’uomo è sacra perché nella famiglia si rigenera la vita e la vita viene da Dio.
“I Primi passi” di Van Gogh sono un’opera emblematica in cui il bambino è posto tra il mondo della madre, la casa, il mondo del padre, il campo; la madre sta con il bambino e lo protegge; il padre ha interrotto il lavoro agricolo, si è inginocchiato per abbassarsi al livello del bambino, sta a una certa distanza davanti lui e lo invita affettuosamente a distaccarsi dalla madre e a venire verso di sé.
La figura paterna e la figura materna sono complementari: l’una incarna la calda accoglienza, la comprensione, la sicurezza affettiva e il benessere; l’altra incarna l’autorità che fa crescere verso l’indipendenza l’iniziativa, l’autonomia, la responsabilità etica, l’altruismo.
L’amore non proietta il proprio io sugli altri; ma spinge ad uscire da se stessi, a cercare gli altri, ad accogliere la loro alterità per accrescere sia il proprio benessere che quello degli altri.
San Francesco, da vero e autentico Fondatore, ha quasi paura di porsi come diaframma tra i suoi frati e la paternità di Dio.
Intessuto di dottrina è stato il breve ma intenso discorso di papa Francesco, giocato sulla consueta scansione ignaziana di tre concetti.
Il primo di essi è riferito all’ascolto della realtà sociale, e qui ben sappiamo a che cosa il Papa si riferisce, senza bisogno – né per lui, né per noi – di scendere nei dettagli.
Tuttavia è chiaro come in questo contesto l’indissolubilità del matrimonio, principio che non è in questione, venga formulata in termini più propositivi che impositivi, quale ideale piuttosto che quale precetto.
Il secondo concetto consiste nella sottolineatura della collegialità non soltanto del Sinodo, ma di tutto il governo della Chiesa, con l’invito esplicito alla franchezza nella discussione: non ci saranno dunque infingimenti nel denunziare la crisi della famiglia e nel proporre i possibili rimedi a questa situazione.
Il terzo tema è la misericordia, riferita alla centralità di Cristo nella Chiesa.
Questa volta, però, con una novità importante: il Papa ha indicato nella riforma della Chiesa lo strumento necessario per cambiare il mondo.
Cambiare il mondo costituisce un impegno rivoluzionario: non può tuttavia essere veri rivoluzionari senza aver prima cambiato il proprio modo di essere.
Bergoglio vede dunque nella riforma della Chiesa la premessa per un disegno universale di giustizia.
Questo ci fa capire come saranno profondi i cambiamenti che ci attendono.
Il parallelo con l’apertura del Concilio, San Giovanni XXIII e “il discorso alla Luna”, non sta soltanto nelle fiaccole e nel satellite naturale della Terra che illumina piazza San Pietro, ma nell’attesa di una risposta alle famiglie, nella Chiesa – famiglia.
“L’agonia della famiglia è l’agonia del cristianesimo”, affermava Miguel de Unamuno.
Nella società moderna la crisi della famiglia e il processo di scristianizzazione camminano di pari passo con una molteplice interazione tra i due fenomeni.
All’opposto, nella storia, da sempre e dovunque, si osserva che il cristianesimo rafforza la famiglia e la famiglia cristiana è
la principale via di trasmissione della fede.
L’obiettivo sinodale del Papa, dunque, è il pervenire a una feconda maternità della Chiesa attraverso la riscoperta della paternità di Dio, Giusto e Misericordioso.
Possano i Padri sinodali, come il re Salomone distinguere il bene dal male per governare il popolo con la discretio benedettina che non è un facile compromesso tra gli estremi, tra rigorismo e lassismo quando ad esempio si discute sull’ammissione alla confessione e alla Comunione dei divorziati risposati, ma il cammino della sana via di mezzo, giustificata dal solco della tradizione e della giusta misura.
Papa Francesco si sarà ricordato di molti grandi e santi confessori, come S. Alfonso M. de’ Liguori, che sapevano fare bene questo discernimento spirituale, lo stesso che auguriamo nel corso del processo sinodale affinché la Chiesa testimoni in modo credibile la Parola di Dio, come san Francesco d’Assisi e come cerca di fare il primo Papa che ne ha adottato il nome come impegno di fedeltà a Cristo, ma anche di misericordia, vita e gioia.