In serata dovrò assolvere un impegno da tempo accettato in casa dei frati cappuccini. “Linguaggio evangelizzatore” è il titolo della conferenza che io preferisco chiamare “chiacchierata”. Infatti l’amico Livio mi invita nella segreta speranza di sentir “parlare di realtà altissime e profonde con un linguaggio semplice”, come dice lui.
Proprio questa mattina a colazione, fra Antonio, missionario in Madagascar, mentre spalma la marmellata sul pane, mi saluta e mi suggerisce questo episodio che è diventato prezioso e opportuno per la mia conferenza:
“Letizia, colta e ricercata professoressa, all’università era stimata per le sue lezioni svolte con profondità di pensiero, ma – ahime! - con espressioni e paroloni che pochi riuscivano a decifrare.
Diventata mamma, ha assunto la veste preziosa della semplicità di rapporto, del linguaggio adatto al suo piccolo. L’ho sentita conversare con lui. Il suo parlare era fatto più di monosillabi che di parole rotonde, ricercate, dal sapore saccente”.
Che dire?! Quando per ogni tuo prossimo fai l’impagabile fatica di essergli “mamma”, sparisce la fatica di esprimersi e di capirsi. Dimmi quanto ami il tuo interlocutore e ti dirò il valore e la semplicità del dialogo.
Non conosco quella professoressa, ma se sapesse che sto parlando di lei, mi completerebbe: “Ora che sono mamma, ogni parola del mio insegnamento assomiglia al bocconcino che misuro e adatto alla boccuccia del mio bambino”.
Ciao da p. Andrea
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