Sole cocente, rimandi di orari, una leggera disorganizzazione nella disposizione dei posti. L’incontro di Kiko Argüello con le comunità neocatecumenali di Calabria, Campania e Sicilia, tenutosi ieri pomeriggio a Catanzaro Lido – voluto fortemente dall’Arcivescovo Vincenzo Bertolone, e presieduto dal cardinale di Palermo, Paolo Romeo – presentava diverse e impreviste difficoltà (tra cui il ritardo dell’aereo di Kiko) che hanno messo a dura prova il programma e il lavoro di coordinamento svolto dalle comunità locali.
Eppure c’è sempre qualcosa in più in questi incontri, uno spirito che aleggia e che dona serenità, che soffia quando all’ombra ci sono 30° gradi, che fa stare comodi anche se si è sdraiati sul terriccio, e che nonostante si grondi di sudore, dona la forza di ballare, cantare e suonare la chitarra per dodici ore di fila.
Questo Spirito non viene dal “fomento” tipico di qualsiasi incontro giovanile, né dalla “kikolatria” denunciata dai detrattori del Cammino Neocatecumenale. Viene dalla Parola, dall’Annuncio, dalla notizia che “Cristo è morto e risorto, si è preso sulle spalle tutti i nostri peccati, siede ora alla destra del Padre e vuole donarci una vita nuova”.
È il kerygma, la buona notizia che Kiko Argüello non smette di rimarcare ogni qualvolta apre bocca, anche quando è ospite, come ieri mattina, al programma Rai A Sua Immagine e il giornalista gli chiede vagamente solo come siano strutturate le Missioni nelle 100 piazze.
Perché “questa notizia ti cambia la vita” e “quando si annunzia si compie” ha sottolineato con vigore l’iniziatore dell’itinerario neocatecumenale. Questo spiega perché quasi 15.000 persone – tra cui numerosi anziani e bambini – siano rimaste immobili dalle 7.30 del mattino fino alle 20 sotto il palco montato di fronte al mare. Perché quasi 100 maschi e una cinquantina di donne si siano “alzati”, pronunciando nel cuore il sì per entrare in seminario o abbracciare la vita consacrata. E perché circa 150 ragazzi abbiano voluto ricevere il rosario, ricamato dalle suore di clausura, per pregare ogni giorno davanti al Santissimo in sostegno delle missio ad gentes di Manchester e Stoccolma.
“L’urgenza di annunciare l’amore di Cristo” – come recitava la II Lettera di Paolo ai Corinzi letta ieri – è al centro poi delle Missioni nelle piazze cittadine che le comunità di tutto il mondo hanno intrapreso da domenica 7 aprile. Un’iniziativa per l’Anno della Fede che finora “ha portato grandi frutti” ha riferito Kiko. Come a Manila, dove – ha raccontato – durante una missione passava un feretro e tutti i fratelli si sono acquetati. Poco dopo una donna esce dalla Chiesa e chiede di dire qualcosa al microfono: “Sono la moglie del defunto – dice – mio marito domenica scorsa era presente alla vostra missione. Non parlava con me e i suoi figli da due anni, ma dopo le vostre parole, ci ha chiesto perdono. Tre giorni fa, poi, è morto”. O come la ragazza di Brasilia intenzionata ad uccidere sé stessa e il bambino che portava in grembo per vendicarsi del fidanzato che l’aveva abbandonata. “Questa donna – ha detto Kiko – è scoppiata a piangere nel sentire l’annuncio ed è stata aiutata dai giovani delle comunità”.
“Non c’è cosa più immensa nel mondo di annunziare il Vangelo a tutti gli uomini, a tutte le nazioni” ha poi ribadito Argüello impugnando la croce astile. E se già Benedetto XVI aveva approvato questa iniziativa che sta coinvolgendo 10.000 piazze di 120 nazioni, papa Francesco ha dato una conferma con la costante esortazione ad una Chiesa “che deve uscire e andare nelle periferie dell’esistenza”. Non a caso, il Santo Padre – ha raccontato Kiko – “incontrando una sorella del Cammino a Santa Marta, chiedendole come andassero le Missioni, ha esclamato ‘bravi, continuate ad andare nelle piazze!’”.
“E’ il fuoco dello Spirito Santo” a mettere in moto questo lío (in spagnolo: macello) come ha simpaticamente definito le ‘100 piazze’ il Pontefice. Un fuoco, ha detto Kiko, che “come quello apparso a Mosè, è in mezzo ai rovi, alle difficoltà”, ma che continua a brillare acceso.
A fare “gli onori di casa”, Salvatore Morfino, catechista itinerante responsabile di Calabria e Sicilia. Insieme a lui sul palco mons. Luigi Cantafora, vescovo di Lamezia Terme; le altre equipe itineranti; il rettore del Redemptoris Mater di Cosenza, don Alessandro Giglio; sacerdoti e autorità politiche regionali. Nel pubblico anche rappresentanti dei Focolari e del Rinnovamento nello Spirito che Morfino ha ringraziato per “la comunione e la partecipazione”. Assenti invece padre Mario Pezzi e Carmen Hernandez per problemi di salute.
Il pomeriggio è stato scandito dai momenti tradizionali: i canti, la processione dei presbiteri che accompagnavano l’immagine della Madonna sul palco (in questo caso la Vergine delle Grazie, patrona della diocesi catanzarese), la proclamazione del Vangelo, l’annuncio del kerygma e le chiamate vocazionali.
Lungo e sentito l’intervento del cardinale Romeo. Commentando il Vangelo di Giovanni, il porporato si è soffermato sul “comandamento dell’amore” di cui Cristo è “la misura alta” e che trova compimento nella liturgia eucaristica, Sacramento in cui il Figlio di Dio “ci dona la vita”. In virtù di questo amore, Dio ci ha eletti come suoi figli. Ciò si evidenzia “negli itinerari” dove “si riconosce di essere scelti da Cristo”, ha chiosato l’Arcivescovo di Palermo; al contrario delle parrocchie in cui invece “ci si trova”.
“La vita di tutti è una risposta ad una vocazione, perché Dio ha un disegno su ciascuno di noi e attende che mettiamo a frutto i doni che ci ha donato” ha poi aggiunto il cardinale, quasi ad incoraggiare le successive chiamate vocazionali.
Il discorso introduttivo di mons. Bertolone è stato invece un personale elogio delle comunità neocatecumenali. “Siete una concreta novità della Chiesa post Concilio – ha detto l’Arcivescovo – un’espressione della fantasia dello Spirito Santo per recuperare chi si è autoescluso dall’amore di Cristo e che ricorda che tutti sono invitati alle nozze dell’Agnello”.
Incontrato da ZENIT al termine dell’incontro, il presule, alla domanda su come fosse andato questo appuntamento da lui tanto desiderato, ha risposto sorridendo: “È stato un momento ricchissimo! Un popolo che manifesta amore e fraternità proprio nel giorno in cui, nel Vangelo della Liturgia odierna, San Giovanni ci ricorda che il distintivo del cristiano è l’amore: l’amore sull’esempio di Cristo, ai fratelli, ma anche ai nemici”. “Mi auguro – ha soggiunto – che la manifestazione di fede di oggi possa essere contagiosa per tutti i fratelli che ora si trovano ai margini”.
D’accordo anche mons. Cantafora che ha affermato: “Certamente è stato un incontro dove è passato il Signore”. Soprattutto nelle ‘alzate’ dei giovani, ha osservato, perché “in un mondo superficiale dove si pensa che il giovane non abbia nessuna tempra, nessun senso dell’impegno, della consegna di sé, vedere invece questa apertura, è un segnale della potenza del Vangelo”.