Il complesso della necropoli vaticana è una delle aree archeologiche più conosciute e meglio conservate del patrimonio archeologico della Capitale. Indubbiamente l’importanza della necropoli è anche e soprattutto dettata dalla presenza della tomba dell’apostolo Pietro, martirizzato, secondo una delle tradizioni all’interno del circo di Caligola e Nerone (la cui fondazione è in corrispondenza della navata sinistra della Basilica) e sepolto nelle vicinanze per poi essere riscoperta dall’archeologa Margherita Guarducci nel 1953.
Spesso però si tende a trascurare il tessuto urbano ove si colloca la zona ‘necropolare’, il contesto monumentale di grande interesse archeologico, ma anche una tradizione storica di indubbio valore scientifico. E’ ancora sostanzialmente controversa l’origine del nome del colle Vaticano, dove due ipotesi si contendono la paternità del nome. La prima sostiene che il nome derivi dalla divinità romana Vaticanus, un dio secondario del pantheon romano, protettore del neonato durante i primi vagiti. La seconda ipotesi (in realtà più accreditata) si fonda sul verbo latino vaticinàri (predire, vaticinare) riferito alla presenza nel luogo di numerosi oracoli legati al culto e alla predizione del futuro, probabilmente fin dall’epoca etrusca (aruspicina), così come confermato da Plinio il Vecchio che racconta della presenza di un antico leccio che aveva poteri magici e aveva fissata sul tronco una targa bronzea con un’iscrizione etrusca. Risulta difficile immaginare come il luogo, dall’epoca etrusca fino al I secolo d.C. (periodo a cui risalgono le prime tombe individuate della necropoli), sia stato completamente abbandonato. E’ probabile che la sua destinazione sepolcrale sia decisamente più antica e che le sepolture al di sotto della Basilica Vaticana rappresentino soltanto una piccola propaggine di una necropoli estremamente più vasta.
L’Ager Vaticanus (corrispondente all’area della piana alluvionale compresa tra il colle Vaticano, il Gianicolo e Monte Mario) pare fosse fin dalla prima frequentazione destinato esclusivamente ad uso funerario. La parte monumentale era caratterizzata dalla presenza della Meta Romuli e dal Terebinthus Neronis. La Meta Romuli era una sepoltura a forma piramidale di epoca augustea (architettura tipica del periodo) della anche ‘Piramide Vaticana’. Venne abbattuta nel 1499 su ordine di papa Alessandro VII creando via Alessandrina per collegare il Vaticano con il Tevere. Accanto sorgeva il Terebinthus Neronis, un mausoleo a pianta circolare con torre sovrapposta che venne demolito nel VII secolo e i blocchi della pavimentazione che lo circondavano vennero utilizzati per i gradoni della Basilica. La tradizione voleva che nello spazio compreso tra i due sepolcri monumentali fosse avvenuto il martirio di S. Pietro, ragion per cui per molti secoli la piramide venne rappresentata come simbolo del martirio.
Chiaramente le sepolture erano di varia forma, tipologia ed estrazione sociale con un’estensione che presenta tracce rinvenute in diversi punti dell’area. Nel 2003 venne rinvenuta una parte della necropoli (già noto fin dagli anni ’50) chiamata Santa Rosa e scoperta lungo l’antica via Triumphalis durante i lavori per la costruzione di un grande parcheggio nell’area del Gianicolo. L’esempio probabilmente più significativo venne rinvenuto durante la costruzione del Palazzo di Giustizia nel 1889 con il ritrovamento di un pozzo, sul fondo del quale erano adagiati due sarcofagi, uno dei quali appartenuto ad una giovane donna di nome Crepereia Tryphaena e datata alla metà del II secolo d.C.. La scoperta di questa sepoltura suscitò notevole commozione per tutta una serie di elementi che soltanto il racconto delle cronache dell’epoca sarebbero in grado di trasmettere. Ciò che possiamo riassumere in poche righe è il fatto che all’interno del sarcofago vennero rinvenuti i resti della fanciulla di circa vent’anni d’età, ancora incredibilmente conservata con la testa rivolta verso un lato, quasi a voler osservare una bambola dalle braccia snodabili abbigliata con abiti da sposa qui collocata per accompagnarla nel viaggio dell’aldilà. La suggestione popolare venne alimentata dal fatto che alcuni particolari come l’abbigliamento della bambola, la coroncina di mirto (usata per un rito di nozze) e la presenza della bambola stessa (che veniva donata a Venere dalla sposa subito dopo le nozze) all’interno del sarcofago, rappresentassero indizi di una giovane donna stroncata prematuramente poco prima o durante le nozze.
Alcuni anni prima, durante l’impero di Adriano all’inizio del II secolo d.C., venne edificato a poche centinaia di metri di distanza un grandioso mausoleo destinato alla famiglia imperiale, successivamente trasformato in fortezza e residenza ad uso papale (oggi noto come Castel Sant’Angelo). La principale funzione sepolcrale non ha però impedito all’area di assumere altri ruoli. Nell’area lungo il lato sinistro della Basilica di San Pietro venne infatti costruito dall’imperatore Caligola (completato da Nerone) un grandioso circo lungo circa540 metrie largo 100, destinato alle corse delle bighe. In particolare è stato rilevato da archeologi e topografi che i ‘carceres’ (la linea di partenza delle bighe) corrispondono al punto di congiunzione tra via del Sant’Uffizio e piazza Pio XI. Il circo era situato all’interno degli Horti di Agrippina, madre di Caligola, alla cui morte l’intera proprietà passò in eredità a Nerone. Il luogo è rilevante per la cristianità in quanto un’altra tradizione ritiene che all’interno del circo vennero giustiziati numerosi cristiani oggetto delle persecuzioni di Nerone, ritenuti responsabili dell’incendio di Roma. Al centro della spina del circo era collocato l’obelisco in granito attualmente collocato al centro di Piazza San Pietro.
(La seconda puntata verrà pubblicata sabato 13 aprile)
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.