Lo ha detto oggi, Padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, nel corso dell’omelia della Santa Messa del venerdì Santo celebrata nella basilica di San Pietro a Roma.

“L’amore di Cristo - ha precisato il cappuccino - come quello trinitario di cui è la manifestazione storicia, è “diffusivum sui”, tende ad espandersi e raggiungere tutte le creature, “specialmente le più bisognose della sua misericordia”.

Secondo il Predicatore della Casa Pontificia, “l’evangelizzazione cristiana non è conquista, non è propaganda”, ma  “è il dono di Dio al mondo nel suo Figlio Gesù” e significa  “dare al Capo la gioia di sentire la vita fluire dal suo cuore verso il suo corpo, fino a vivificarne le membra più lontane”.

Facendo riferimento ai tempi che stiamo vivendo, Padre Cantalamessa ha detto che “Dobbiamo fare il possibile perché la Chiesa non divenga mai quel castello complicato e ingombro” descritto in un racconto dell’ebreo Franz Kafka intitolato “Un messaggio imperiale”.,

Ribadendo quanto affermato dal cardinale Jorge Mario Bergoglio prima di entrare in conclave, il Predicatore ha sottolineato che il messaggio possa uscire dalla Chiesa “libero e gioioso come quando iniziò la sua corsa”.

Ed ha spiegato: “Sappiamo quali sono gli impedimenti che possono trattenere il messaggero: i muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti”.

Papa Francesco ha detto e scritto a questo proposito: “Nell’Apocalisse, Gesù dice che sta sulla porta e bussa (Ap 3, 20). A volte, non bussa per entrare, ma bussa da dentro perché vuole uscire". Uscire verso “le periferie esistenziali del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, dell’ignoranza e dell’indifferenza religiosa, di ogni forma di miseria”.

Cantalamessa ha spiegato, quindi, che nel corso dei secoli, per adattarsi alle esigenze del momento, gli edifici ecclesiastici si sono riempiti di tramezzi, di scalinate, di stanze e stanzette. “Arriva il momento – ha aggiunto - checi si accorge che tutti questi adattamenti non rispondono più alle esigenze attuali, anzi sono di ostacolo; allora bisogna avere il coraggio di abbatterli e riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle sue origini”.

Questa fu la missione che ricevette un giorno un uomo che pregava davanti al crocifisso di San Damiano: “Va’, Francesco, ripara la mia Chiesa”. Un opera sovraumana, possibile solo con l’aiuto del Signore.

Il Predicatore della Casa Pontificia ha concluso con un'invocazione:  “Che lo Spirito Santo, in questo momento in cui si apre per la Chiesa un tempo nuovo, pieno di speranza, ridesti negli uomini che sono alla finestra l’attesa del messaggio e nei messaggeri la volontà di farlo giungere ad essi, anche a costo della vita”.