"Siamo parte di una catena ininterrotta di testimoni"

Omelia del cardinale Angelo Scola nella Veglia Pasquale

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Riprendiamo di seguito l’omelia tenuta ieri sera dal cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, durante la solenne Veglia Pasquale celebrata in Duomo. 

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1. Colmi di gioia

«Esultino i cori degli angeli,  esulti l’assemblea celeste… Si ridesti di gioia la terra… Gioisca la Chiesa». Così il canto dell’Exultet. E San Pietro, nel primo annuncio della resurrezione agli «uomini di Israele», ci ha ricordato: «Si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua… Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza» (Lettura, At 2,26.28). Con Gesù queste parole di Davide sono diventate esperienza accessibile a tutti gli uomini.

2. L’annuncio più sorprendente: Cristo è risorto!

L’ascolto prolungato della Parola di Dio ha rievocato come, fin dalle sue origini nell’antica Alleanza, la festa di Pasqua celebra un passaggio (questo è il significato etimologico della parola Pasqua) dalla disperazione alla speranza, perché è un passaggio dalla schiavitù alla libertà; dal dolore alla gioia; dalla superficialità dissipata e scettica che non si aspetta più nulla alla costruttiva consapevolezza.

Carissimi, oggi, ancora una volta noi facciamo memoria di questo passaggio compiuto dalla potenza misericordiosa del nostro Dio. Grazie ai nostri fratelli che tra poco riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana siamo resi protagonisti – come Maria di Magdala e l’altra Maria, come Pietro e gli altri discepoli – dell’evento oggettivamente più importante della storia.

Oggi, infatti, da ogni pulpito della terra, la Chiesa grida al mondo l’annuncio più sorprendente, più consolante, più capace di rinnovare la storia: «Christus Dominus resurrexit, Cristo Signore è risorto». Questo annuncio avvera, con una pienezza che sorpassa l’attesa, le speranze dei padri e dei profeti, come quelle di tutti i popoli: «Per questo mistero, con il cuore traboccante di gioia, esultano gli uomini di tutta la terra» (Prefazio).

3. Voi non abbiate paura! Non lasciatevi rubare la speranza

«Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto» (Vangelo, Mt 28,5-6).

Qual è, ultimamente, il significato di ogni traguardo che scienza e tecnica, audacemente, spostano sempre più avanti? Sconfiggere la paura della morte, con tutti le sue anticipazioni (la malattia e la miseria, l’ingiustizia dentro e fuori di noi…). Quella paura che ci fa vivere da schiavi. Ebbene, la fede in Gesù risorto ci libera dal terrore della morte.

«O uomini … che paura avevate di morire? Ecco, muoio io; ecco, patisco io; ecco, quel che temevate non temetelo più, perché io vi faccio vedere quel che dovete sperare» (Agostino, Sermo 229/H, 1.3). Dalla misericordia, che è Gesù stesso, sgorga la speranza. Papa Francesco non si stanca di richiamarcelo nel sorprendente inizio del suo ministero petrino: «Noi seguiamo Gesù, ma soprattutto sappiamo che Lui ci accompagna e ci carica sulle sue spalle: qui sta la nostra gioia, la speranza che dobbiamo portare nel mondo. E, per favore, non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate rubare la speranza! Quella che ci dà Gesù» (Papa Francesco, Omelia della Domenica delle Palme, 24 marzo 2013).

4. La formula della risurrezione

«Per Adamo siamo nati alla morte; ora, generati dall’acqua e dallo Spirito Santo, per Cristo rinasciamo alla vita. … Cristo, nostro agnello pasquale, / viene immolato per noi. / Il suo corpo è nutrimento vitale, / il suo sangue è inebriante bevanda; / l’unico sangue che non contamina, / ma dona salvezza immortale a chi lo riceve» (Preconio). Nella nostra Diocesi centodiciotto catecumeni di ventisette paesi del mondo ricevono questa notte la vita nuova che è vita per sempre. Il Canto del Preconio ci ha detto che nell’acqua del Battesimo «si immerge il Maligno e vi affoga», mentre in tutti noi si fa strada la consapevolezza grata di essere liberati dalla colpa. Siamo figli nel Figlio. «“Io, ma non più io” – ci disse Papa Benedetto – è questa la formula dell’esistenza cristiana fondata nel Battesimo, la formula della risurrezione dentro al tempo. Io, ma non più io: se viviamo in questo modo, trasformiamo il mondo» (Benedetto XVI, Veglia Pasquale 2006).

5. La grazia di essere apostoli

Infatti anche noi, come San Paolo, «abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti» (Epistola, Rm 1,5).

«Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “è risorto dai morti, ed ecco vi precede in Galilea; là lo vedrete» (Vangelo, Mt 28,7). Galilea è il luogo del primo incontro, il luogo dell’inizio. Questo invito diventa per noi l’impegno negli ambiti dove si svolge la nostra vita quotidiana. È proprio lì che il Signore ci viene incontro e si manifesta vivo e presente. Chi incontra veramente il Risorto nel quotidiano della propria esistenza ne diviene inevitabilmente testimone.

Siamo parte di una catena ininterrotta di testimoni. La testimonianza è un dono inarrestabile che chiede a sua volta di essere donato.

6. Rallegrati

«Regina del cielo godi e rallegrati, perché Colui che hai portato nel seno è veramente risorto». Così nel tempo pasquale la Chiesa ci farà pregare la Madonna.

Carissimi, a partire da questa Veglia, madre di tutte le veglie, questo invito è rivolto a ciascuno di noi, perché ce ne facciamo eco a favore di tutti. Amen.

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ZENIT Staff

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