Una tomba. Un corpo esanime, colpito, deturpato, che ha perduto anche le sembianze umane. Un corpo schiacciato da ogni peccato – proviamo a contarli… – di ogni uomo, dall’inizio alla fine del mondo. Un cadavere, trafitto, tradito. Una morte ingiusta, una sentenza iniqua, l’ingiustizia trionfante. Una tomba, simulacro d’ogni nostra tomba, d’ogni ingiustizia, quelle che abbiamo subito, quelle che abbiamo inferto. Una tomba, e una pietra dove s’infrangono speranze, desideri, progetti. Una pietra a spegnere la vita. E la domanda, il sibilo sinistro del dubbio, dell’angoscia, dello struggimento. Perché? E’ la parola che bussa, prepotente, alle soglie di questa Notte, la Notte delle Notti.
Scartabelliamo tra i ricordi, frughiamo nelle possibilità, cerchiamo risposte umane e divine e ci ritroviamo al punto di partenza. Non v’è risposta. La morte, qualunque morte, non ha risposta. In quel corpo senza vita ci sembra che si riuniscano tutte le angosce, i fallimenti, le paure, tutte le morti di questo mondo. Soprattutto, come in uno specchio, incontriamo i nostri cuori aggrappati alla vita eppure gravidi di terrore. Gli errori, i peccati, le distrazioni, la superficialità, le fughe.
E’ Sabato Santo oggi, e la Chiesa tace. Per l’unico giorno dell’anno. E’ il silenzio del sepolcro. Il nostro silenzio, attonito e stordito. Siamo proni oggi, dinanzi a una lapide. Stanchi anche di cercare risposte, stanchi forse, anche di sperare. Siamo, oggi, sepolti anche noi nella terra, in questo mondo che ha voltato le spalle a Dio. Ne gustiamo l’amarezza, il vuoto terribile d’una tomba oscura, chiusa dietro ad una pietra.
Siamo qui, lacrime e solitudine. Nulla possiamo fare, nulla possiamo dire, se non uno sguardo interrogante a fissare quella pietra. Pesante. Massiccia. Irremovibile.
Ma nel silenzio ecco risuonarci un’altra domanda, come un grido a spezzare le sbarre della disperazione. “Chi ci rotolerà la pietra?”. Un briciolo di speranza, un granello sfuggito alla devastazione della morte. Siamo distrutti, provati, senza forza alcuna, eppure quella pietra sembra fissarci, e sfidarci.
E’ lungo questo sabato, per alcuni dura una vita. E’ stretto e angusto, e ci accorgiamo, nel silenzio e nell’angoscia, che non è per questo sabato che siamo venuti al mondo. Per lo meno, non solo per questo sabato. Il “perché?” ripetuto all’infinito ci sgorga da dentro, sbatte sulla pietra e ci rimbalza contro. Qualcosa non quadra. L’amore, le nozze, lo studio, il lavoro, i giochi, le vacanze, gli amici, le gravidanze, i parti, le gioie e i dolori che percorrono le nostre vite non riescono proprio ad adeguarsi a questo sabato. No, non può essere definitivo.
Sì, ora sembra guardarci quella pietra, sembra chiamarci. Gli occhi umidi e stanchi di troppe lacrime non possono sbagliarsi. Ci attira, ci seduce, ci desidera. E’ una pietra, ma sembra viva, ora. Albeggia, guardiamo in su, ed è apparsa la stella del mattino, il segno che sta scivolando via questo sabato! Allora era vero, non siamo nati per spegnerci in una notte.
C’è una luce strana ora, mai vista. Fissiamo meglio, e la pietra dov’è? Ma sì, certo che era viva, s’è mossa infatti, rotolata via. E la tomba è spalancata, luminosa. Ci accostiamo, è vuota. Le bende, il sudario, gli abiti della morte son lì, ripiegati, come una pagina del passato, ma Lui, e tutti noi sepolti nella tristezza e nell’angoscia, dove siamo? Dov’è Lui? Dov’è la morte?
Una voce, qualcuno, qualcosa ci sussurra parole strane: “Non è qui, è risorto! Andate in Galilea, là lo vedrete!”. Che vuol dire tutto questo, che significa? Sorpresi, stonati come pugili al tappeto, una gioia straripante mista a dubbi che ci tempestano il cuore, e quella domanda che ritorna prepotente, quel “perché?” che neanche ora ci abbandona.
Ma quelle parole – “E’ risorto! Non è qui!” – ci hanno sconvolto, afferrato, e non ci lasciano. Che fare ora che il sabato è volato via, che questa luce infinita ci avvolge e ci sospinge? “In Galilea!”. Ecco che fare, andare in Galilea. E dov’è la Galilea, e che cos’è la Galilea? Ma sì, certo, è lì dove Lui ci ha incontrati. E’ lì dove è venuto a cercarci. Dove ci ha perdonati, chiamati, amati. E’ la nostra vita, la nostra povera storia di tutti i giorni, di tutte le ore. E’ esattamente il luogo dove ci ha sorpreso la morte, dove avevamo smarrito speranze e risposte. La Galilea è lì dove il “perché?” non ha smesso un secondo di risuonarci dentro. In Galilea è la risposta. La Galilea è dove Cristo, risuscitato e vittorioso sulla morte e sul peccato, ci ha dato appuntamento.
La risposta è Lui dunque, una persona viva. Un amore vivo. La risposta, l’unica, che non appartiene a nessun criterio, a nessuna intelligenza, la risposta nascosta perfino agli angeli, è uno sguardo d’amore e di compassione. Lo sguardo di Cristo risuscitato dai morti che colma ogni vuoto, lenisce ogni ferita, asciuga ogni lacrima. Lo sguardo di Cristo che attraversa spazio e tempo e incontra, in questa Pasqua, il nostro sguardo impaurito, proprio dove siamo.
La risposta non è una risposta, è Cristo. La risposta si guarda, molto prima di pensarla e capirla. E’ in questa notte, è per gli occhi di chi, dopo aver tanto sentito parlare di Lui, finalmente lo guardano. Lo fissano. E ne restano trafitti. La risposta è sperimentare, oggi, e ogni istante, il suo amore infinito, l’unico capace di rotolare la pietra del dolore e del peccato e cancellare, dal cuore, il “perché?” che ci uccide. Il Suo amore, misterioso, eppure così vero, reale, concreto, infinito, eterno. Il Suo amore, la Vita eterna per la quale siamo nati, come un fiume in piena ad irrigare e trasformare ogni centimetro della nostra esistenza, sino alle sue periferie, quelle tanto care al nostro Papa Francesco. La Galilea è la periferia del nostro cuore, della nostra storia, dell’umanità. Vivere e sperimentare la Pasqua è allora, semplicemente, lasciarci raggiungere, sorpassare, amare e coinvolgere da Gesù risorto nelle periferie della nostra vita, di quelle di chi ci è accanto o che incontreremo domani. Le periferie che visitate dal Signore risorto in questa Notte Santa son divenute il centro della storia, il cuore di Dio; il luogo dove accogliere, vivere, annunciare e donare il suo amore più forte della morte, nel Giorno che non conosce tramonto, quello che ci accoglie per non abbandonarci mai più.
Che Dio ci conceda l’incontro con questo amore, in questa Notte Santa. Buona Pasqua.