Il coraggio di "uscire" per portare Cristo

La catechesi di Papa Francesco durante la sua prima Udienza generale. Al termine dell’udienza, oltre ai saluti nelle diverse lingue, anche un appello per la pace in Centrafrica

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L’Udienza Generale di questa mattina – la prima di Papa Francesco – si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Quindi ha rivolto un appello affinché cessino le violenze nella Repubblica Centroafricana. L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Di seguito la catechesi del Santo Padre:

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Fratelli e sorelle, buongiorno!

Sono lieto di accogliervi in questa mia prima Udienza generale. Con grande riconoscenza e venerazione raccolgo il “testimone” dalle mani del mio amato predecessore Benedetto XVI. Dopo la Pasqua riprenderemo le catechesi dell’Anno della fede. Oggi vorrei soffermarmi un po’ sulla Settimana Santa. Con la Domenica delle Palme abbiamo iniziato questa Settimana – centro di tutto l’Anno Liturgico – in cui accompagniamo Gesù nella sua Passione, Morte e Risurrezione.

Ma che cosa può voler dire vivere la Settimana Santa per noi? Che cosa significa seguire Gesù nel suo cammino sul Calvario verso la Croce e la Risurrezione? Nella sua missione terrena, Gesù ha percorso le strade della Terra Santa; ha chiamato dodici persone semplici perché rimanessero con Lui, condividessero il suo cammino e continuassero la sua missione; le ha scelte tra il popolo pieno di fede nelle promesse di Dio. Ha parlato a tutti, senza distinzione, ai grandi e agli umili, al giovane ricco e alla povera vedova, ai potenti e ai deboli; ha portato la misericordia e il perdono di Dio; ha guarito, consolato, compreso; ha dato speranza; ha portato a tutti la presenza di Dio che si interessa di ogni uomo e ogni donna, come fa un buon padre e una buona madre verso ciascuno dei suoi figli.

Dio non ha aspettato che andassimo da Lui, ma è Lui che si è mosso verso di noi, senza calcoli, senza misure. Dio è così: Lui fa sempre il primo passo, Lui si muove verso di noi. Gesù ha vissuto le realtà quotidiane della gente più comune: si è commosso davanti alla folla che sembrava un gregge senza pastore; ha pianto davanti alla sofferenza di Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro; ha chiamato un pubblicano come suo discepolo; ha subito anche il tradimento di un amico. In Lui Dio ci ha dato la certezza che è con noi, in mezzo a noi. «Le volpi – ha detto Lui, Gesù – le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20). Gesù non ha casa perché la sua casa è la gente, siamo noi, la sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio.

Nella Settimana Santa noi viviamo il vertice di questo cammino, di questo disegno di amore che percorre tutta la storia dei rapporti tra Dio e l’umanità. Gesù entra in Gerusalemme per compiere l’ultimo passo, in cui riassume tutta la sua esistenza: si dona totalmente, non tiene nulla per sé, neppure la vita. Nell’Ultima Cena, con i suoi amici, condivide il pane e distribuisce il calice “per noi”. Il Figlio di Dio si offre a noi, consegna nelle nostre mani il suo Corpo e il suo Sangue per essere sempre con noi, per abitare in mezzo a noi. E nell’Orto degli Ulivi, come nel processo davanti a Pilato, non oppone resistenza, si dona; è il Servo sofferente preannunciato da Isaia che spoglia se stesso fino alla morte (cfr Is 53,12).

Gesù non vive questo amore che conduce al sacrificio in modo passivo o come un destino fatale; certo non nasconde il suo profondo turbamento umano di fronte alla morte violenta, ma si affida con piena fiducia al Padre. Gesù si è consegnato volontariamente alla morte per corrispondere all’amore di Dio Padre, in perfetta unione con la sua volontà, per dimostrare il suo amore per noi. Sulla croce Gesù «mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,20). Ciascuno di noi può dire: Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Ciascuno può dire questo “per me”.

Che cosa significa tutto questo per noi? Significa che questa è anche la mia, la tua, la nostra strada. Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù non solo con la commozione del cuore; vivere la Settimana Santa seguendo Gesù vuol dire imparare ad uscire da noi stessi – come dicevo domenica scorsa – per andare incontro agli altri, per andare verso le periferie dell’esistenza, muoverci noi per primi verso i nostri fratelli e le nostre sorelle, soprattutto quelli più lontani, quelli che sono dimenticati, quelli che hanno più bisogno di comprensione, di consolazione, di aiuto. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore!

Vivere la Settimana Santa è entrare sempre più nella logica di Dio, nella logica della Croce, che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita. E’ entrare nella logica del Vangelo. Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio.

Dio è uscito da se stesso per venire in mezzo a noi, ha posto la sua tenda tra noi per portarci la sua misericordia che salva e dona speranza. Anche noi, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo “uscire”, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana. Ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi.

Qualcuno potrebbe dirmi: “Ma, padre, non ho tempo”, “ho tante cose da fare”, “è difficile”, “che cosa posso fare io con le mie poche forze, anche con il mio peccato, con tante cose? Spesso ci accontentiamo di qualche preghiera, di una Messa domenicale distratta e non costante, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di “uscire” per portare Cristo.

Siamo un po’ come san Pietro. Non appena Gesù parla di passione, morte e risurrezione, di dono di sé, di amore verso tutti, l’Apostolo lo prende in disparte e lo rimprovera. Quello che dice Gesù sconvolge i suoi piani, appare inaccettabile, mette in difficoltà le sicurezze che si era costruito, la sua idea di Messia. E Gesù guarda i discepoli e rivolge a Pietro forse una delle parole più dure dei Vangeli: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Dio pensa sempre con misericordia: non dimenticate questo. Dio pensa sempre con misericordia: è il Padre misericordioso! Dio pensa come il padre che attende il ritorno del figlio e gli va incontro, lo vede venire quando è ancora lontano…

Questo che significa? Che tutti i giorni andava a vedere se il figlio tornava a casa: questo è il nostro Padre misericordioso. E’ il segno che lo aspettava di cuore nella terrazza della sua casa. Dio pensa come il samaritano che non passa vicino al malcapitato commiserandolo o guardando dall’altra parte, ma soccorrendolo senza chiedere nulla in cambio; senza chiedere se era ebreo, se era pagano, se era samaritano, se era ricco, se era povero: non domanda niente. Non domanda queste cose, non chiede nulla. Va in suo aiuto: così è Dio. Dio pensa come il pastore che dona la sua vita per difendere e salvare le pecore.

La Settimana Santa è un tempo di grazia che il Signore ci dona per aprire le porte del nostro cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie – che pena tante parrocchie chiuse! – dei movimenti, delle associazioni, ed “uscire” incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della nostra fede. Uscire sempre! E questo con amore e con la tenerezza di Dio, nel rispetto e nella pazienza, sapendo che noi mettiamo le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, ma poi è Dio che li guida e rende feconda ogni nostra azione.

Au
guro a tutti di vivere bene questi giorni seguendo il Signore con coraggio, portando in noi stessi un raggio del suo amore a quanti incontriamo.

[Dopo la sintesi della catechesi in diverse lingue, Papa Francesco ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Il Pontefice, al termine di ogni sintesi degli speaker, ha preso ogni volta la parola per salutare i diversi gruppi linguistici, utilizzando sempre l’italiano. Ai francesi ha detto:]

Saluto con gioia i pellegrini di lingua francese, in particolare quelli venuti dalla Francia e dal Québec, in Canada! Il mondo ha bisogno della presenza viva di Gesù misericordioso e ricco d’amore. Vi invito tutti a vivere bene questa Settimana Santa seguendo il Signore con coraggio e portando un raggio del suo amore a quanti incontrate. Buona Pasqua!

[Saluto in lingua inglese:]

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua inglese, in modo particolare il gran numero di studenti universitari che partecipano al Congresso internazionale a Roma. Porgo i miei più sentiti auguri ai pellegrini venuti dall’Inghilterra, dall’Irlanda, dalle Filippine e dagli Stati Uniti di America! Vi invito tutti a vivere bene questa Settimana Santa sulle orme di Gesù, e a portare un raggio del suo amore a quanti incontrate. Buona Pasqua!

[Saluto in lingua tedesca:]

Saluto di tutto cuore i fratelli e le sorelle provenienti dai Paesi di lingua tedesca. In questi giorni pasquali possiamo sperimentare la vicinanza di Dio in modo particolare, se entriamo in rapporto con Lui, quando ascoltiamo attentamente la Sua parola e riceviamo la Sua misericordia nel Sacramento della confessione e nell’Eucaristia. Auguro a tutti noi, che possiamo celebrare questi giorni con dedizione e donare al nostro prossimo un raggio dell’amore divino. Buona Pasqua a tutti voi!

[Saluto in lingua spagnola:]

Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in particolare i gruppi venuti dalla Spagna, Argentina, Messico ed altri paesi latinoamericani. Auguro a tutti di vivere questi giorni, seguendo il Signore con coraggio e portando e irradiando il suo amore a tutti quelli che troviamo nel cammino della vita, che Dio vi benedica e vi conceda vivere il Triduo Pasquale con fede e devozione.

[Saluto in lingua portoghese:]

Carissimi pellegrini di lingua portoghese, un cordiale benvenuto a tutti, in particolare ai gruppi di giovani venuti dal Portogallo e dal Brasile! Vi auguro una Settimana Santa benedetta, seguendo il Signore con coraggio e portando a quanti troverete la testimonianza luminosa del suo amore. A tutti imparto la Benedizione Apostólica!

[Saluto in lingua polacca:]

Saluto i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, domani cominciamo il Triduo Sacro. Nella liturgia rivivremo il mistero della passione, della morte e della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Cercate in questi giorni di entrare sempre più con fede nella logica di Dio, nella logica della Croce, che non è prima di tutto quella del dolore e della morte, ma quella dell’amore e del dono di sé che porta vita. Dio vi benedica!

[Saluto in lingua araba:]

Cari pellegrini di lingua araba e del Medio Oriente: Non abbiate paura di seguire con coraggio Gesù crocifisso e risorto, portando a tutti la gioia e la luce della vostra fede. Buona Settimana Santa! A tutti imparto la Benedizione Apostolica.

[Infine, rivolgendosi agli italiani, ha detto:]

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli universitari che partecipano all’incontro internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. Cari amici, siete venuti a Roma in occasione della Settimana Santa per un’esperienza di fede e di arricchimento spirituale. Vi ringrazio per la vostra preghiera e per il vostro affetto al Papa. Con la vostra presenza nel mondo universitario, ognuno di voi possa realizzare quanto auspicava San Josemaria Escrivá: «È in mezzo alle cose più materiali della terra che ci dobbiamo santificare, servendo Dio e tutti gli uomini» (Colloqui, n. 13).

Saluto i fedeli della diocesi di Firenze e i numerosi studenti di varie scuole. Tutti ringrazio per questa visita, augurando a ciascuno che i giorni della Settimana Santa siano occasione propizia per rafforzare la fede e l’adesione al Vangelo.

Rivolgo infine il mio cordiale pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. La contemplazione della passione, morte e risurrezione di Gesù, cari giovani, vi renda sempre più saldi nella testimonianza cristiana. E voi, cari ammalati, traete dalla Croce di Cristo il sostegno quotidiano per superare i momenti di prova e di sconforto. A voi, cari sposi novelli, venga dal mistero pasquale, la grazia per fare della vostra famiglia un luogo di amore fedele e fecondo.

[Al termine dell’Udienza generale, Papa Francesco ha rivolto un appello per la Repubblica Centrafricana, vittima di violenze e soprusi da domenica scorsa:]

Seguo con attenzione quanto sta accadendo in queste ore nella Repubblica Centroafricana e desidero assicurare la mia preghiera per tutti coloro che soffrono, in particolare per i parenti delle vittime, i feriti e le persone che hanno perso la propria casa e che sono state costrette a fuggire. Faccio appello perché cessino immediatamente le violenze e i saccheggi, e si trovi quanto prima una soluzione politica alla crisi che ridoni la pace e la concordia a quel caro Paese, da troppo tempo segnato da conflitti e divisioni.

[© Copyright 2013 – Libreria Editrice Vaticana]


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ZENIT Staff

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