"Bergoglio mai complice della dittatura argentina. La sua fu una diplomazia silenziosa"

Il Premio Nobel per la Pace, Perez Esquivel, racconta l’Udienza di questa mattina con Papa Francesco e smentisce le accuse contro il Pontefice

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“Bergoglio non è stato complice della dittatura militare”. Tantomeno “fu tra i vescovi in prima fila nella lotta dei diritti umani”. Ma anzi “preferì una diplomazia silenziosa” a favore dei detenuti dai militari e dei desaparecidos. Il Premio Nobel Adolfo Perez Esquivel è deciso nel respingere le accuse di legami compromettenti di Bergoglio, allora superiore dei Gesuiti, con la dittatura argentina.

L’attivista argentino per i diritti umani, 81 anni, Nobel per la Pace nel 1980 per le sue denunce contro gli abusi e le violenze del regime di Videla (1976-83), è stato ricevuto stamane in udienza dal Santo Padre, nella Biblioteca privata del Palazzo Apostolico. Con lui anche monsignor Carlos Maria Nannei e il cardinale Paul Josef Cordes, Presidente emerito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Dopo l’Udienza, Esquivel ha incontrato i giornalisti per una breve conferenza sulla terrazza del Serpaj, Servicio Paz y Justicia, a pochi passi dalla Santa Sede.

Già nei giorni scorsi il pacifista aveva messo a tacere le polemiche rinfocolate sul nuovo Papa riguardo al suo atteggiamento all’epoca della dittatura, sottolineando la “falsità” di tutte le accuse e affermando che Bergoglio “non ha avuto niente a che fare con la dittatura, né è mai stato un complice”.

“Anche il presidente della Corte Suprema argentina – ha dichiarato oggi alla stampa – ha chiarito che non ci sono mai state accuse nei suoi confronti”. La Chiesa argentina, in quel periodo, “non ha avuto un comportamento omogeneo. Ci sono state differenze nella gerarchia cattolica: alcuni vescovi sono stati complici e altri ci hanno accompagnato nella lotta. Bergoglio mai!”.

In particolare, il premio Nobel ha fatto riferimento al giornalista Horacio Verbitsky, principale accusatore di Papa Francesco a proposito della vicenda dei due sacerdoti gesuiti, Orlando Yorio e Francisco Jalics, arrestati e torturati dal regime. Verbitsky, in diversi libri ed articoli, sosteneva infatti che l’allora Superiore dei Gesuiti “aveva dimostrato passività o forse anche complicità con gli organismi repressivi della dittatura”.

A un cronista che chiedeva la sua opinione riguardo a tali documenti, Esquivel ha risposto: “Non so se siano errati o falsi, ma è certo che la complicità di Papa Francesco non c’è stata. Credo quindi che il giornalista commetta molti errori con accuse di quel tipo contro il Pontefice”. Non solo: proprio oggi Verbitsky “ha ammesso che le nuove dichiarazioni del sacerdote gesuita Francisco Jalics, esimono di fatto l’allora provinciale dell’ordine da ogni responsabilità nel suo arresto e tortura da parte dei militari”.

In ogni caso, secondo l’attivista dei diritti umani, “non bisogna generalizzare” quando si affronta una pagina così drammatica dell’America Latina.

Lo stesso Pontefice – ha poi raccontato Perez Esquivel – “mi ha ribadito oggi con molta chiarezza che è importante arrivare alla verità, alla giustizia e alla riparazione per i crimini commessi in Argentina”. E ha aggiunto che “i diritti umani sono integrali, e che non bisogna limitarsi agli omicidi della dittatura, ma anche alla povertà, all’ambiente, alla vita del popolo”.

Raccontando dell’Udienza di questa mattina, l’attivista argentino ha detto: “Più che incontrarci ci siamo ritrovati, perché ci conoscevamo già”. Tuttavia, “è stato molto toccante e commovente” rivedere il Papa. “Deve ancora ‘abituarsi’ alla sua ‘condizione’, al nuovo ritmo”, e sta cercando di capire “come affrontare le difficoltà interne al Vaticano”. Una cosa, però, è certa: “L’ho visto sicuro e deciso a portare avanti il suo cammino apostolico. Mi ha chiesto di accompagnarlo nella preghiera, affinché il suo lavoro sia al servizio dei poveri. E io mi sono impegnato con lui”.

“Quello che preoccupa di più il Papa – ha informato il Premio Nobel – è proprio la situazione di povertà nel mondo. Non a caso ha scelto il nome Francesco: un nome che porta un programma di vita”.

Durante la “chiacchierata” con il Santo Padre, anche un cenno sulla “soddisfazione e allegria per la prima elezione di un Papa latino-americano e argentino”. Un fatto significativo per la Chiesa universale che, secondo Esquivel, “la fa uscire dall’euro-centrismo e può darle nuova forma”. 

L’elezione di Papa Francesco, in tal senso, “rappresenta una sfida per il mondo”. Il suo Pontificato, ha assicurato il pacifista, sarà “una rinnovazione positiva per tutta la Chiesa” e come Papa “farà molte cose per il mondo, non solo per l’Argentina”. È necessario, però, che il Santo Padre venga aiutato da persone che sulla sua stessa linea di pensiero: “Credo – ha concluso Perez Esquivel – ma è un’opinione personale, che ha bisogno di una squadra consapevole per affrontare le difficoltà e fare il pastore della Chiesa nel mondo. Da solo potrà avere delle difficoltà, ma aiutato può avanzare”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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