Le urne del Conclave: un'antica tradizione che si rinnova

Breve storia dei simboli dell’elezione del Pontefice

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Il Conclave è ormai alle porte. Essendo la Chiesa nel periodo di sede vacante, dovuta non alla morte del Pontefice ma alla rinuncia al ministero petrino, l’attenzione mondiale su questo evento ha raggiunto livelli altissimi.

Mentre le testate giornalistiche di tutto il mondo sono impegnate a spiegare nel dettaglio le varie fasi del procedimento che porterà all’elezione del nuovo Papa, la gente comune continua ad immaginare affascinata le 115 berette rosse che invocano lo Spirito Santo davanti alle meraviglie della Cappella Sistina per avere discernimento sul nome da votare.

Il momento più delicato del Conclave è sicuramente quello dello Scrutinium. Nella prima fase è previsto che i cerimonieri preparino e distribuiscano due o tre schede a ciascun cardinale elettore, e che l’ultimo cardinale diacono estragga a sorte tre scrutatori. gli infirmarii, che saranno incaricati di  raccogliere i voti dei cardinali infermi presso la Domus Sanctae Marthae.

Ciascun cardinale elettore scrive quindi sulla propria scheda, sotto la scritta «Eligo in Summum Pontificem», in forma leggibile, il nome del cardinale che reputa in grado di assolvere al ruolo di Pastore della Chiesa universale.

Un porporato per volta, tenendo in mano la scheda piegata in due e ben visibile, si recapresso l’altare con sopra un’urna con un piatto appoggiato sopra. Dinanzi al Giudizio Universale di Michelangelo pronuncerà quindi il giuramento e, posta la scheda sul piatto, lo alzerà per lasciarla scivolare all’interno dell’urna, per poi tornare al proprio posto.

Dopo le operazioni di voto si procede a quelle di spoglio. Il primo scrutatore agita le schede nell’urna, mentre l’ultimo scrutatore le conteggia una ad una ponendole in un’altra urna vuota, più piccola. Se il numero non corrispondesse al numero dei cardinali elettori le schede andrebbero bruciate subito, senza spoglio.

Questa dei calici-urna che raccolgono i voti dei cardinali è una delle tradizioni più antiche della Chiesa cattolica per l’elezione del Papa. Lo testimonia un arazzo esposto nella galleria dei Musei Vaticani, che raffigura un episodio narrato nelle cronache dell’elezione di Papa Urbano VIII (1623-1644), durante la quale, nello scrutinio finale, al conteggio delle schede, ne risultò una mancante.

Sulla destra dell’arazzo, infatti, è possibile vedere uno scrutatore che guarda dentro ad un grande calice con attenzione ed interesse, quasi a verificare la presenza della scheda perduta.

Un calice molto simile a quello dell’arazzo ed una pisside sono conservati nella Sacrestia pontificia della Cappella Sistina. Essi hanno raccolto le schede di voto dei Conclavi dell’ultimo secolo, fino a quello in cui fu eletto Giovanni Paolo II.

Con la promulgazione della “Universi Dominici gregis” nel 1996, il Beato Wojtyla evidenziò la necessità di adeguare le urne a nuove norme. Si rese necessario aggiungere ai tradizionali calice e pisside, dunque, una nuova urna atta a raccogliere il voto di cardinali elettori, impediti però da problemi fisici e di salute ad allontanarsi dalla propria stanza ed essere presenti così agli scrutini nella Sistina.

Invece di realizzare la sola urna mancante, si pensò di progettarne tre nuove più funzionali, in modo da uniformarle ad un medesimo stile, che fosse dignitoso e valido anche dal punto di vista artistico, tenendo conto del servizio al quale erano destinate.

Nel V capitolo della suddetta Costituzione Apostolica si parla, inoltre, di un piatto da apporre alla prima delle urne. Ogni cardinale – si legge – dovrà “deporre la propria scheda nel piatto e con questo introdurla nel recipiente” sottostante. La seconda urna sarà utilizzata solo nel caso di eventuali cardinali impediti per malattia ad allontanarsi dalla propria camera, mentre la terza servirà a raccogliere le schede dopo lo scrutinio. Dopodichè le schede, appunto, vengono bruciate provocando la tanto attesa “fumata”: qualora fosse nera annuncerebbe ai fedeli la non avvenuta elezione del Pontefice, se bianca la “grande gioia” dell’elezione del nuovo Papa.

Le tre urne, realizzate in argento e bronzo dallo scultore Cecco Bonanotte, presentano diverse simbologie scelte dallo stesso artista. Innanzitutto il pastore e il gregge che simboleggiano il fondamentale ruolo del Papa quale “buon Pastore” che “conferma i fratelli” (Lc 22,31) nella fede in Cristo. Poi gli uccelli, le spighe e l’uva come simboli dell’amore tra Gesù e Pietro e, quindi, di conseguenza, tra il Santo Padre e la Chiesa. Infine il pane e il vino eucaristici che accentuano l’idea della carità sottolineata dalla condivisione dello stesso pane e del medesimo calice.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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