"Nella vita non basta scoprire di essere immorali, ma peccatori"

Lettera di monsignor Lorenzo Leuzzi agli studenti universitari di Roma per il mese di marzo 2013

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Cari studenti universitari,

questa mia lettera vi giunge a poche ore dall’inizio del tempo di attesa del nuovo Vescovo di Roma. Un tempo di intensa preghiera e di riflessione nel cuore del cammino quaresimale. Spero che per tutti sia iniziato con grande entusiasmo e con coraggiosa perseveranza.

Forse la parola perseveranza può apparire una vera provocazione. In ogni esperienza religiosa certamente c’è l’entusiasmo. Se non ci fosse sarebbe un controsenso. Ma essere perseveranti è un po’ più complesso, perché la perseveranza richiede forti motivazioni. Non mancano battezzati entusiasti, ma non sempre sono perseveranti.

Forse ciascuno di noi ne ha fatto esperienza. Quante volte l’entusiasmo si è dissolto in pochi giorni. A tal punto che appare legittimo chiedersi: ma allora che senso ha il cammino quaresimale se non produce perseveranza, o meglio se l’invito alla conversione non ha grandi orizzonti se non quello della gioia di un perdono che certamente ci riconcilia con Dio e con i fratelli, ma si consuma nel tempo? La vita ricomincia come sempre e del perdono nessuna traccia.

Forse aveva ragione Kant quando ipotizzò l’imperativo categorico: “devi perché devi”. È inutile confrontarsi con la morale, laica o religiosa che sia: devi obbedire! È stato un tentativo, forse culturalmente interessante, di superare l’immoralità escludendo la possibilità del perdono. L’uomo adulto, dicono gli illuministi, può fare da solo. Chi ha qualche rimorso può rivolgersi alla religione, altrimenti ci penserà la società a giudicare chi ha disobbedito.

Ma il Padre che ci vede da lontano, quello che ci descrive la parabola di Luca, è il Dio del mio rimorso o il Dio del giudizio che pone rimedio agli errori della società?

Nessuno dei due!

Si, perché il Dio che rende possibile il rimorso della coscienza o che è pronto ad esprimere la sentenza di giudizio è il Dio degli uomini che hanno scoperto di essere immorali ma non peccatori. Ma essere peccatori è qualcosa di diverso. Si può essere peccatori senza essere immorali!

Paolo aveva ragione. Lui non si considerava un immorale. Anzi era obbediente alla legge, zelante fino alla morte. Ma quando si rese conto che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe aveva cambiato strategia, allora capì che scoprire di essere immorale è sì importante, ma non decisivo. Lui aveva scoperto che era peccatore!

Sì, il Dio di Israele aveva deciso di uscire dal suo nascondimento, di collocarsi al punto più in alto per vederci: Lui è lì, fermo ad attendere! Il tempo dell’attesa di Dio ci ricorda questa grande verità: nella vita non basta scoprire di essere immorali, ma peccatori. Infatti la scoperta dell’immoralità non cambia la vita, anzi può portare alla monotonia e alla fine all’assuefazione. Non avviene forse anche per i battezzati: scoprono sì di essere immorali, ma non di essere peccatori?

L’immoralità apre la strada al bisogno di essere giudicati; ma dopo la gioia del giudizio ritorna il ricordo del passato che appesantisce il presente e rende incerto il futuro. Ma l’uomo cerca l’amore che lo fa ripartire.

Cari amici,

il Padre ci vede da lontano perché vuole a tutti i costi che la nostra vita riprenda il cammino. Essere peccatori significa non credere che il Padre ci attende. È questa scoperta che ci fa capire che di fronte alla mia immoralità c’è un amore più grande che non cerca il mio rimorso o non gode nel giudicare, ma di far ripartire la mia vita!

Quante volte confondiamo l’essere peccatori con l’essere immorali. Forse perché il male commesso è grande! Ma forse anche perché sentivamo il bisogno di liberarci dal rimorso del male.

Attenzione: il male non si vince così! Se fosse vero, allora l’imperativo categorico kantiano avrebbe risolto i grandi problemi dell’esistenza umana. Invece il male serpeggia e talvolta domina non solo

nelle nostre coscienze ma anche nella vita comunitaria. Perché l’immoralità, anche quando è riconosciuta, può trasformarsi facilmente in consuetudine!

Ma allora, siamo condannati a vivere nel rimorso o nella paura del giudizio. E la Quaresima è il tempo per questa esperienza?

No, cari amici,

da lontano ci vede il Padre di Gesù Cristo, che ha posto fine al nostro desiderio di rimorso e alla paura per la nostra immoralità. Ti aspetta per perdonarti e non per umiliarti con il giudizio.

Non avere paura, ritorna da Lui! Non dire sono immorale. Lui ti conosce. Ti aspetta così come sei! Sarà Lui a darti la forza per ricominciare ed essere perseverante nel bene, in ciò che tu desideri nel profondo del tuo cuore!

Nella notte di Pasqua vedrai il tuo e il nostro male, piccolo o grande che sia, abbandonato nel sepolcro e Tu risorto con Lui. Non dubitare più e sii credente e, come Tommaso, ripeti ogni giorno: Signore Mio, Dio mio!

D’ora in poi vergognati di essere immorale, ma mai di essere peccatore. Perché il dono inesauribile del perdono ti aiuterà a vincere il fascino del male e a costruire con gioia, pietra su pietra, la tua vita!

Buona e Santa Pasqua!

+ Lorenzo Leuzzi
Vescovo Ausiliare di Roma 

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ZENIT Staff

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