La pastorale per i migranti non deve limitarsi solo agli aspetti socio-economici

Se ne è discusso durante l’Incontro promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, conclusosi ieri a Roma

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di Luca Marcolivio

ROMA, venerdì, 30 novembre 2012 (ZENIT.org) – L’immigrazione costituisce una grande risorsa, sia a livello umano, sociale ed economico che come protagonista attivo della nuova evangelizzazione. È quanto emerso durante l’Incontro dei delegati della pastorale dei migranti in Europa, promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE), conclusosi ieri a Roma.

I partecipanti si sono confrontati sulle nuove opportunità e sulle sfide che la mobilità umana in Europa pone alla Chiesa in termini di evangelizzazionee per pensare insieme a unapossibileRoad Map per le attività della sezione migrazioni della Commissione CCEE Caritas in Veritate, guidata dal card. Josip Bozanić, che ha promosso la riunione.

Tra gli altri, sono intervenuti: il presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, cardinale Antonio Maria Vegliò; il Presidente della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Paolo Schiavon; il Presidente della Commissione CCEE “Caritas in Veritate”, mons. Giampaolo Crepaldi; il Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella, il Segretario della Congregazione per le Chiese orientali, mons. Cyril Vasil; il Direttore dello Scalabrini International Migration Institute – SIMI, padre Fabio Biaggio; e il Direttore Generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego.

Nel comunicato stampa finale dell’Incontro, il CCEE ha sottolineato anche l’opportunità offerta dagli immigrati per una ripresa demografica, “in un continente, quello europeo, in continuo invecchiamento”.

Le società europee, si legge nel comunicato, spesso si rivelano “luoghi impietosi, indifferenti e diffidenti verso i nuovi immigrati e sono spesso di ostacolo per lo straniero nel conservare non solo la propria tradizione, ma anche la propria fede”.

Le comunità di fedeli, al contrario, dovrebbero diventare “luoghi aperti e accoglienti della diversità: la nuova evangelizzazione vive infatti anche di questo scambio fecondo di culture e di tradizioni religiose che richiedono rispetto e complementarità”, prosegue la nota.

Secondo quanto dichiarato nella nota finale del CCEE, gli immigrati necessitano di un’attenzione speciale sia da parte della comunità ecclesiale accogliente che della comunità d’origine. Essi, inoltre, “non sono solo oggetto della cura pastorale bensì protagonisti dell’evangelizzazione”.

C’è infatti il rischio di ricadere in una “visione limitata della pastorale dei migranti”, un cliché che ne limita l’oggetto ai soli “aspetti sociali ed economici”.

La capacità di accoglienza della Chiesa, tuttavia, è ben più profonda, offrendo essa il paradigma del “mistero di comunione” basato sulla Trinità, ovvero su “un Dio in comunione continua nella diversità e che è alla base dell’idea stessa di comunità”.

La Chiesa di Roma, per definizione, è in grado di realizzare una “armonizzazione delle diversità” e, attraverso le migrazioni, può compiere una verifica della sua “cattolicità”, ovvero della sua “universalità”. Non basta, tuttavia, saper “accogliere i diversi gruppi etnici”, è indispensabile “realizzare la comunione tra di loro”.

Tra gli obiettivi e gli impegni della Pastorale dei Migranti, l’Incontro appena concluso ha fissato i seguenti punti:

1) trasmettere alle nuove generazioni il Vangelo che le è stato affidato senza porre limiti di confine territoriali, etnici e/o temporali;

2) annunciare il Vangelo in modo efficace, attraverso testimoni credibili e coerenti nella frequentazione della Parola di Dio e dei sacramenti;

3) evangelizzare le culture con cui  entra in contatto e inculturare il suo annuncio;

4) trovare le forme adeguate per rinnovare il proprio annuncio presso i battezzati che non comprendono più il senso dell’appartenenza alla comunità cristiana;

5) sapere cogliere la ricchezza recata dalla crescente presenza di fedeli provenienti dalle Chiese orientali.

Tra gli spunti della Road map delineata dal CCEE figurano:

– la necessità che ogni Conferenza episcopale metta in rete le proprie idee, risorse, buone pratiche e questioni;

– la dimensione internazionale dell’accoglienza che richiede una maggiore collaborazione pastorale tra le Chiese particolari (tra comunità di origine e comunità accogliente) e la condivisione degli agenti pastorali e della loro formazione;

– la complessità e la diversità con cui si intende l’idea d’integrazione che chiama ad un ulteriore approfondimento che tenga conto di quanto viene già fatto;

– di fronte ad una legislazione europea che regola sempre più la mobilità umana in seno all’Unione Europea, è necessario un maggior coordinamento degli esperti giuridici delle Conferenze episcopali;

– la possibilità di organizzare “gemellaggi tra famiglie di immigrati” a testimonianza dell’impegno della Chiesa Cattolica all’insieme della famiglia degli immigrati;

– la corresponsabilità nella costruzione del Regno di Dio, che deve essere alla base degli interventi caritativi nel segno della giustizia e della destinazione universale dei beni.

Nel corso dell’incontro, riferisce il comunicato del CCEE, sono stati ringraziati i numerosi sacerdoti e religiosi che prestano servizio pastorale agli immigrati, spesso seguendoli nei loro spostamenti, e si è riconosciuto il ruolo della famiglia “come luogo dove ognuno si sente a casa e che permette di affrontare le sfide spesso difficili di un nuovo paese”. A tal proposito la Chiesa “ribadisce l’importanza del ricongiungimento famigliare”.

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ZENIT Staff

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