ROMA, giovedì, 29 novembre 2012 (ZENIT.org) – «Esprimiamo la più viva soddisfazione per la presentazione da parte del governo italiano del ricorso alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo contro la condanna l’Italia sulla legge 40» afferma Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita.
«Il Movimento per la vita, insieme ad altre associazioni e ad illustri giuristi, aveva rivolto un appello pubblico al governo affinché questo ricorso venisse presentato. L’impugnativa del governo era del resto doverosa perché la decisione di Strasburgo nel caso in questione, aveva violato addirittura la sovranità dello Stato, oltreché il Trattato istitutivo della stessa Corte. A questo riguardo il testo del documento italiano è limpido ed efficace: non ci si può rivolgere alla Corte di Strasburgo se prima non ci si è rivolti ai giudici nazionali.
«Correttamente il ricorso chiede che intervenga la Grande Camera perché sono in gioco grandi questioni di principio: non solo il rapporto fra la Corte di Strasburgo e la giurisdizione degli Stati, ma anche il principio della libertà di apprezzamento delle singole Nazioni in materia bioetica, così come costantemente in precedenza stabilito dalla Corte dei diritti europea. Inoltre, non esiste il potere dell’organo internazionale di valutare la coerenza interna di un ordinamento giuridico nazionale.
«La sentenza di primo grado ha violato tutti questi principi quando, ad esempio, ha ritenuto che in Italia sia possibile l’aborto eugenetico, dal ché deriverebbe la illogicità del divieto diagnosi genetica pre-impianto. Il governo, nel ricorso presentato, ricorda che in Italia il principio generale è il rispetto della vita così come stabilito dall’articolo 1 della legge 40 e dall’articolo 1 della legge 194. Il principio sotto il cui profilo occorre valutare la coerenza è dunque quello del diritto alla vita, rispetto al quale l’aborto legale è un’eccezione. Non esiste il diritto all’aborto e non esiste in Italia l’aborto eugenetico».
Il Movimento per la vita si costituirà “ad adiuvandum” dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo per sostenere le ragioni dell’Italia e per integrarne le motivazioni anche sottolineando lo statuto ontologico dei concepiti in quanto esseri umani e la grande differenza fra diagnosi prenatale e diagnosi pre-impianto, perché quest’ultima implica la morte programmata di molti embrioni anche sani, mentre la diagnosi prenatale riguarda un solo embrione e può avere la funzione di rassicurare la madre ed eventualmente di curarne le anomalie che dovessero risultare.
In ogni caso la costatazione di una anomalia non implica automaticamente l’uccisione di un nascituro, come dimostra il coraggio di tante madri, alcune delle quali renderanno testimonianza il prossimo 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, quando verrà assegnato il Premio europeo per la vita “Madre Teresa di Calcutta” alle madri d’Europa.