"L'importanza della Costituzione 'Exsul Familia' 60 anni dopo la sua promulgazione" (Prima parte)

Il discorso del card. Vegliò presso lo Scalabrini International Migration Institute (SIMI)

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ROMA, giovedì, 29 novembre 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la prima parte del discorso tenuto oggi dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, presso la Sala Newman della Pontificia Università Urbaniana, all’Atto accademico di inizio delle attività 2012-2013 dello Scalabrini International Migration Institute (SIMI).

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Magnifico Rettore,
Signor Preside,
Illustri Professori, cari studenti e amici,

Nel 2006, nel suo primo Messaggio in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, il Santo Padre Benedetto XVI ha affermato che “tra i segni dei tempi oggi riconoscibili sono sicuramente da annoverare le migrazioni, un fenomeno che ha assunto nel corso del secolo da poco concluso una configurazione, per così dire, strutturale, diventando una caratteristica importante del mercato del lavoro a livello mondiale, come conseguenza, tra l’altro, della spinta poderosa esercitata dalla globalizzazione[1]. La migrazione è un segno dei tempi – ed è tale perché colpisce profondamente le nostre società. A motivo della sua portata e delle sue dimensioni, che continuano ad aumentare in misura esponenziale, l’emigrazione non può essere considerata un fenomeno a sé. Si tratta di un fatto reale che è intrinsecamente interconnesso con molti aspetti del nostro mondo globalizzato, che vanno dai fattori economici e politici agli aspetti religiosi, culturali e sociali.

L’intenso grado di relazioni tra persone e nazioni, lo scambio veloce di informazioni, capitali e beni commerciali rendono quest’epoca completamente nuova poiché produce allo stesso tempo progresso e regresso, vantaggi e svantaggi, nuove sfide e opportunità, nonché nuove sofferenze. Si tratta di un’epoca in cui le strutture tradizionali e sociali non sembrano offrire le stesse sicurezze di un tempo. In questo contesto, la Chiesa continua a cercare modelli nuovi e più appropriati di pastorale migratoria. Senza dimenticare che la società in cui si prevede di integrare i migranti continua costantemente a ridefinirsi.

Tuttavia, nonostante situazioni a volte penose e persino drammatiche, la migrazione resta ancora, nella sua natura fondamentale, un’aspirazione alla speranza. Affrontando i disagi e le difficoltà che comporta un viaggio in regioni sconosciute, il migrante inizia il suo cammino con una speranza ben precisa: costruire un nuovo futuro per sé e per i propri cari. Questa, però, è solo una piccola tessera dell’intero mosaico. In prospettiva globale, il fenomeno della migrazione può essere visto anche come un appello che coinvolge tutta l’umanità. Nel documento finale del VI Congresso mondiale sulla pastorale dei migranti e dei rifugiati, tenutosi a Roma nel novembre del 2009, si legge che “l’emigrazione è (…) un invito a immaginare un futuro diverso, che mira allo sviluppo di tutto il genere umano; include così ogni essere umano con il suo potenziale spirituale e culturale e il contributo ad un mondo più equo segnato da una solidarietà globale e dal pieno rispetto della dignità umana e della vita[2]. La migrazione, dunque, può essere vista come uno sguardo rivolto al futuro e come speranza di solidarietà e di rispetto offerti a tutti gli uomini.

1. Passato e presente a confronto

Ma se la Chiesa deve guardare e andare avanti, perché volgere lo sguardo al passato, alla Exsul familia, un documento scritto sessant’anni fa, in un tempo e in un contesto completamente superati, promulgato dal Papa Pio XII che, in quel momento storico, non poteva certo prevedere ciò che il fenomeno della migrazione sarebbe diventato nel tempo?

Sessanta anni fa, naturalmente, erano pressoché inesistenti le immagini che vediamo oggi in televisione o le cronache riportate dai giornali, con grandi masse di immigrati su zattere e barconi, che viaggiano a piedi o affidandosi ai contrabbandieri, che tentano di oltrepassare le frontiere dell’Unione Europea, degli Stati Uniti d’America, del continente Australiano o di altri Paesi. I mass media non avevano ancora mostrato i volti sperduti di migliaia di esseri umani come ai nostri giorni, alla ricerca di un lavoro, nella speranza di garantire sicurezza alle loro famiglie e fiduciosi in un futuro diverso da quello che prometteva la loro condizione d’origine.

Tuttavia, nel 1950, le persone “in movimento” erano ormai una realtà conclamata, anche se in condizioni e forme diverse da quelle odierne. Come ben sappiamo, nel periodo che fece seguito alla seconda guerra mondiale, ovunque si stava sperimentando un esodo di massa dovuto alle nefaste conseguenze del conflitto mondiale. Soprattutto in Europa, le devastazioni, insieme con una nuova geografia politica e con lo spostamento di numerosi profughi e prigionieri di guerra, erano push factors che costringevano le persone a migrare non solo all’interno del Vecchio Continente, ma anche verso aree remote del mondo. Questo era, in poche parole, lo scenario che vide la comparsa della Costituzione Apostolica Exsul familia.

Infatti, il documento testimonia la sollecitudine della Chiesa cattolica verso i migranti, destinato a diventare il primo pronunciamento del Magistero pontificio che, in modo sistematico e universale, affronta il tema della cura pastorale dei migranti, nei suoi aspetti analitici, teologici e normativi. Tuttavia, in tutta franchezza, dobbiamo riconoscere che esso è frutto del tempo in cui è stato redatto e, inevitabilmente, i suoi pregi vanno di pari passo con i suoi limiti. Il fenomeno migratorio, di fatto, ha subito notevoli cambiamenti e trasformazioni nei decenni successivi e la Chiesa, a tutti i livelli, ha cercato di creare e adattare nuove strutture per continuare adeguatamente il servizio pastorale, tanto apprezzato dal documento del 1952. Negli anni, non poche disposizioni normative della Costituzione apostolica hanno perso la loro attualità, soprattutto tenendo in conto il contributo del Concilio Ecumenico Vaticano II e della sua eredità, della revisione del Codice di Diritto Canonico e della sua nuova edizione nel 1983, della recente Istruzione del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti Erga migrantes caritas Christi. Infine, la storia dell’emigrazione, narrata nel documento pontificio, è divenuta più complessa, fino ad abbracciare tutte le nuove ondate migratorie, le storie drammatiche di innumerevoli profughi nelle regioni di tutto il mondo e l’intero fenomeno della “gente in mobilità”.

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NOTE

[1] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2006, in: L’Osservatore Romano, n. 254 del 29 ottobre 2005, p. 4.

[2] Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Documento Finale (VI Congresso Mondiale sulla Pastorale dei Migranti e Rifugiati – 18 gennaio 2010), n. 3, in: People on the Move 111 (Dicembre 2009), pp. 266-283.

[La seconda parte verrà pubblicata domani, venerdì 30 novembre]

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ZENIT Staff

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