La piazza o il Vangelo: luoghi di riscatto dall'assurdità o dalla disperazione

Mons. Morosini, Vescovo di Locri-Gerace, spiega la missione della Chiesa di formare le coscienze, convertire i cuori e accogliere con misericordia

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, lunedì, 26 novembre 2012 (ZENIT.org) – Facendo riferimento al ruolo attuale dei mezzi di comunicazione sociale che condizionano in maniera determinante le scelte di vita e creano a loro piacimento un’opinione pubblica contro la quale si ha paura di lottare per non apparire diversi, fuori dal comune sentire, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, Vescovo di Locri-Gerace ha inviato alla sua diocesi un originale messaggio nel quale sottolinea che «la Chiesa spesso è trascinata in polemiche non indifferenti, solo perché il suo linguaggio non è in sintonia con questo comune sentire».

Originale è la scelta di La piazza o il Vangelo come titolo del messaggio con il quale intende spiegare quale debba essere l’atteggiamento della Chiesa, tenendo conto di alcuni testi della Bibbia, per effettuare una missione che è stata svolta ed è culminata con la morte in Croce come dice Gesù stesso: Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti, che rappresenta soprattutto l’invito chiaro e realistico sfociato nell’ultima cena nella lavanda dei piedi, che raccomanda ai discepoli a sua imitazione: Lavatevi i piedi gli uni gli altri (Gv 13, 14) in modo da copiare il suo modo di essere maestro e salvatore e di accostarsi ai fratelli con questo atteggiamento di servizio, che apre a un amore che è accoglienza e dono.

Identificata con il mistero della sua Incarnazione la missione di Gesù consiste fondamentalmente nel farsi carne assumendo tutta la realtà dell’uomo, salvandola mediante il riscatto dall’assurdità e dalla disperazione. Significativo per comprendere il messaggio che trasmette è il riferimento che Mons. Morosini fa all’episodio di Emmaus nel quale «i due discepoli soffrono per la delusione del fallimento di una speranza, sulla quale avevano scommesso i loro ideali e la loro vita.

La morte di Gesù li aveva sconvolti e alla notizia della sua risurrezione non avevano creduto; perciò ritornavano a Emmaus, sconfitti dalla vita. Gesù si accompagna a loro e spiega il perché della necessità di quegli avvenimenti nella logica del piano di Dio. Così è la vita per l’uomo di fede».

La quotidiana disponibilità a servire l’umanità condividendo la vita dell’uomo consente a Gesù di trovare la sua gioia e la sua soddisfazione, perché sa che la sua offerta interpella tutti gli uomini: quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo. Di conseguenza «la strada del successo della sua missione non sarà la sua gloria terrena, oppure il consenso e il plauso della piazza, avendo egli rifiutato tutto questo nel deserto, quando fu tentato da Satana».

L’obiettivo accettato con realismo e coerenza di essere illuminati sul significato della missione attuata da Gesù comporta, a dire di Mons. Morosini, il «condividerne e portarne il peso, capire e accogliere chi ha sbagliato, facendolo convertire per redimerlo. E alla base di ciò deve esserci l’amore per la persona umana: Gesù è fermo nel rivendicare il primato del bene, ma misericordioso e amorevole nel chiamare a conversione il peccatore: la Lettera agli Ebrei precisa che lui è misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio».

Tale situazione richiede la presenza della volontà di «portare il peso del peccato e della sofferenza, nel senso di sentire per il peccatore non rabbia o disprezzo, ma vera misericordia, e sentire dolore per chi soffre e non solo offerta di aiuto distaccato».

Ciò vuol dire avvertire «il desiderio immenso di convertire l’uomo che ci è di fronte, vederlo realizzato come persona e riabbracciarlo come fratello. Gesù non ha svolto la missione lottando contro un avversario, che ha cercato di distruggere, ma invitando le persone a convertire il proprio cuore. E ha indicato nella formazione delle coscienze lo specifico della missione nel non lanciare anatemi o invettive con il solo intento di umiliare e distruggere il colpevole».

Riconoscendo che, sulla base dei testi biblici adottati, Gesù ha svolto la sua missione con uno stile che «non è caratterizzato da imposizioni di una certa cultura giustizialista che ci vuole protagonisti di proclami a sensazione, è interessante il ricordo dei commenti negativi dei farisei quando egli andava a mangiare a casa dei peccatori che gettavano molto discredito su di lui dinanzi alla folla».

Eppure egli con amore e decisione esigeva conversione e riparazione con un linguaggio duro anche per la cultura post-cristiana, che non riesce più a parlare di perdono e di misericordia, perché non capisce né l’una né l’altro. E facendo riferimento a quanti pretendono di imporre comportamenti che non si ispirano al Vangelo, ma al clamore e agli ondeggiamenti della piazza, Mons. Morosini ricorda che «la piazza ha osannato Gesù come Messia e poi ne ha invocato la condanna. E noi dobbiamo avere il coraggio di respingere la piazza, le sue leggi, i suoi umori instabili: le nostre piazze oggi sono manovrata dai grandi registi della comunicazione. Abbiamo la stabilità e la forza del Vangelo, e li dobbiamo guardare».

Approfondito è il richiamo che questo stile di missione contrasta la criminalità organizzata e comporta l’annuncio del perdono cristiano, grazie al quale coloro che forse non si sono mai sentiti veramente amati avvertono e riconoscono Dio amore che ha permesso la morte in croce del Figlio per aprire agli uomini le braccia della sua misericordia. Ciò vuol dire «andare avanti con fede e coraggio su questa strada, senza aver paura delle grida della piazza, che fa sentire forte il suo crucifige (Mt 27, 22).

La Chiesa rimane ferma e ancorata sulla parola del Maestro: amate i vostri nemici (Mt 5, 44); perdonate e sarete perdonati (Lc 6, 37). Si ispira sempre più alla missione di Gesù e ricorda che alla fine è lui che deve essere annunziato e con entusiasmo e fedeltà si porge il suo invito alla conversione e alla misericordia, che ha guadagnato sulla croce».

E Mons. Morosini conclude il suo messaggio invitando tutti i membri della diocesi ad affidare con la preghiera la missione di formare le coscienze, a realizzare con l’annuncio della Parola la missione di portare alla conversione del cuore, ad accogliere e sostenere con la misericordia quanti hanno deciso di tornare a Dio.

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ZENIT Staff

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