"Io sono re. Ma il mio regno non è di questo mondo"

Una riflessione sulla Solennità di Cristo Re dell’Universo

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di Maria Franca Tricarico

ROMA, sabato, 24 novembre 2012 (ZENIT.org) – La contemplazione dell’icona del Pantocratore del monastero di Santa Caterina del Sinai (prima metà del VI secolo) ci aiuta a penetrare il Mistero della Regalità di Cristo.

Interrogato da Pilato Gesù risponde di essere re, ma aggiunge che il suo regno non è di questo mondo. E ai farisei che volevano sapere da lui quale sarebbe stato il tempo dell’avvento del regno, aveva risposto: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare gli sguardi; né si dirà: “Eccolo qui”, o “eccolo là”; perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi» (Lc 17, 20-21).

Con queste parole Gesù voleva dire che il regno era Lui; voleva dire che il regno che annunciava si era realizzato nella sua Persona. S. Cipriano di Cartagine scrive: «Potest vero, fratres dilectissimi, et ipse Christus esse regnum Dei, quem venire quotidie cupimus, cuius adventus ut cito nobis repraesentetur optamus. Nam, cum resurrectio ipse nostra sit, quia in ipso resurgimus, sic et regnum Dei potest ipse intellegi, quia in illo regnaturi sumus / È anche possibile che il regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che invochiamo con i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui desideriamo ardentemente affrettare la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra risurrezione, perché in lui risuscitiamo, così può essere il regno di Dio, perché in lui regneremo» (De dominica Oratione, 13, PL 4, 528).

Gesù è il Re-Messia mite e umile che porta la pace; è il Re giusto giudice che si è fatto servo, Lui, per mezzo del quale tutte le cose sono state create. Ci aiuta a comprendere la contemplazione dell’icona del Cristo Pantocratore, “il santissimo Figlio del Padre, che è immagine del Padre”, come dice Atanasio; il Figlio «che è splendore della sua gloria e impronta della sua essenza, e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza» (Eb 1, 3).

Fissando il nostro sguardo sul volto del Pantocratore del Sinai scopriamo i tratti dell’Uomo della Sindone, il Figlio che, obbediente al Padre, continua a dirci che il criterio del regno è fare la Sua volontà.

Il potere di Pantocratore che spetta al Padre, è passato, per sua volontà, al Figlio, il Verbo che si è incarnato per opera dello Spirito Santo. Egli è il Tutto che in sé contiene tutto.

Con l’appellativo di Pantocratore, dunque, si esprime la sostanza del Cristo, il Sovrano che sostiene e governa il mondo – uomini e cose – e l’orienta, con le su parole e le sue opere, al suo fine ultimo: rendere gloria al Padre.

Benedetto XVI, riprendendo quanto dice Reinold Schneider, scrive che la vita del regno «è la prosecuzione della vita di Cristo nei suoi; nel cuore che non viene più alimentato dalla forza vitale di Cristo, il regno finisce; nel cuore che da essa viene toccato e trasformato, comincia… Il Regno è uno; sussiste soltanto mediante il Signore che è la sua vita, la sua forza, il suo centro» (Gesù di Nazaret, Milano, Rizzoli 2007, 177-178).

Lo sguardo solenne del Pantocratore esprime la sua grande misericordia (το μεγα ελεος) verso tutti coloro che lo riconoscono nella sua potenza e bontà. Con la mano destra benedice; l’atteggiamento delle dita forma il monogramma IC XC: Gesù Cristo. Nella mano sinistra ha un libro chiuso: è lui stesso la Parola del Regno che è venuto ad annunciare e a portare a compimento; è Lui il regno di Dio fattosi persona umana; è lui il Re che promette di accogliere accanto a sé tutti gli umili della terra: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli» (Mc 1, 3); è Colui che è «degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli» (Ap 5,9). Allora «non ci sarà più nulla di maledetto. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello; i suoi servi lo serviranno, vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte. Non ci sarà più notte; non avranno bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli» (Ap 22, 3-5).

Contemplando l’icona del Sinai, possiamo fare nostra la preghiera di lode che il Salmista innalza al Signore Re: «Io t’esalterò, o mio Dio, / mio re, / e benedirò il tuo nome in eterno. / Ogni giorno ti benedirò / e loderò il tuo nome per sempre… / Il Signore è buono verso tutti, / pieno di compassione per tutte le sue opere. / Tutte le tue opere ti celebreranno, / o Signore, e i tuoi fedeli ti benediranno. / Parleranno della gloria del tuo regno / e racconteranno la tua potenza / per far conoscere ai figli degli uomini i tuoi prodigi / e la gloria maestosa del tuo regno. / Il tuo regno è un regno eterno / e il tuo dominio dura per ogni età… / La mia bocca proclamerà la lode del Signore / e ogni carne benedirà il suo nome santo per sempre» (Sal 145, 1-2. 9-13. 21).

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ZENIT Staff

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