ROMA, venerdì, 16 novembre 2012 (ZENIT.org) – Un lettore di lingua portoghese ha sottoposto la seguente domanda all’attenzione di padre Edward McNamara:
Sono un religioso consacrato e da tempo mi trascino un dubbio. L’abito religioso può essere considerato veste liturgica? Può essere usato o no nella liturgia? Ad esempio: nell’amministrazione del sacramento della riconciliazione il sacerdote di solito porta solo la stola sopra l’abito. O quando fa l’accolito. È corretto? E quando l’abito è bianco? — M.G., Brasile
Padre McNamara ha risposto nel modo seguente: Per quanto riguarda questa domanda, l’istruzione Redemptionis Sacramentum afferma chiaramente al n° 123: “Nella Messa e nelle altre azioni sacre direttamente collegate con essa, la veste propria del Sacerdote celebrante è la casula o pianeta, se non viene indicato diversamente, da indossarsi sopra il camice e la stola». Parimenti, il Sacerdote che porta la casula secondo le rubriche non tralasci di indossare la stola. Tutti gli Ordinari provvedano che ogni uso contrario sia eliminato”.
Inoltre, il n° 126 sottolinea: “È riprovevole l’abuso per cui i ministri sacri, anche quando partecipa un solo ministro, celebrano la santa Messa, contrariamente alle prescrizioni dei libri liturgici, senza vesti sacre o indossando la sola stola sopra la cocolla monastica o il normale abito religioso o un vestito ordinario. Gli Ordinari provvedano a correggere quanto prima tali abusi e a far sì che in tutte le chiese e gli oratori sotto la propria giurisdizione sia presente un congruo numero di vesti liturgiche realizzate secondo le norme”.
Alcuni elementi che prima di questa recente chiarificazione da parte della Santa Sede hanno portato a questa abitudine possono essere stati:
1) Dopo il Vaticano II, molti religiosi hanno limitato l’uso dell’abito alle funzioni liturgiche. Poiché l’abito de facto non serviva più per uscire fuori e la rinnovata enfasi sull’abito era legata alla veste battesimale, molti pensavano che la sostituzione fosse legittima.
2) Nelle concelebrazioni, i sacerdoti religiosi, nel tentativo di distinguersi dal clero diocesano, hanno iniziato ad indossare la stola sopra l’abito.
3) In alcune comunità (per esempio i premonstratensi e i domenicani) lo scapolare sull’abito si è sviluppato dal camice canonicale e non dal grembiule monastico. Quindi un camice fa parte dell’abito e perciò si pensava che non ci fosse nessun bisogno di indossare due camici per la liturgia.
Possono essere delle motivazioni molto plausibili e sincere. Ma qualunque siano le ragioni, dal momento che la Redemptionis Sacramentum non prevede eccezioni ed insiste sul fatto che il camice va usato da tutti i sacerdoti in tutte le occasioni, credo che sia chiaro che qualsiasi abitudine contraria vada cambiata per conformarsi alle norme generali della Chiesa. Per quanto ho potuto verificare, a nessun gruppo, neppure ad un ordine religioso che indossa un abito bianco, è mai stato concesso il privilegio o indulto di traslasciare di indossare il camice e di celebrare con la stola e la casula sopra l’abito.
È quindi evidente che il camice – una lunga veste di lino bianco di norma stretta ai fianchi dal cingolo – non può mai essere tralasciato per la celebrazione della Santa Messa o per altri riti, in cui è richiesto.
Nei climi caldi l’abito può essere tolto, se possibile, e sostituito dal camice.
Infine, visto che l’abito non è, in senso stretto, un abito liturgico, un religioso che fa l’accolito dovrebbe portare un camice, una cotta o un altro abito liturgico approvato.
Lo stesso vale per l’amministrazione dei sacramenti, anche se – in certe situazioni – per il sacramento della penitenza e l’unzione degli infermi la stola sopra l’abito può essere sufficiente.
*I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.
[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]