Massima cura per la formazione e per la cura delle vittime

La Conferenza Episcopale Italiana pubblica le “Linee guida per i casi di abuso sessuale di minori da parte di chierici”

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 22 maggio 2012 (ZENIT.org) – Sono state presentate stamattina, all’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) le Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici.

Il documento era già stato approvato dal Consiglio Episcopale Permanente nella sessione del 23-26 gennaio 2012, quindi, dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, di cui il testo “traduce” le indicazioni.

La priorità assoluta del documento rimane “la protezione dei minori e la premura verso le vittime degli abusi; a essa si accompagna la cura per la formazione dei futuri sacerdoti”.

Di fronte al “triste e grave fenomeno degli abusi sessuali nei confronti di minori da parte di chierici”, la CEI “sollecita un rinnovato impegno da parte della comunità ecclesiale, chiamata ad affrontare la questione con spirito di giustizia”, in conformità con le Linee guida appena pubblicate.

“Il Vescovo che riceve la denuncia di un abuso – precisa il documento -deve essere sempre disponibile ad ascoltare la vittima e i suoi familiari, assicurando ogni cura nel trattare il caso secondo giustizia e impegnandosi a offrire sostegno spirituale e psicologico, nel rispetto della libertà della vittima di intraprendere le iniziative giudiziarie che riterrà più opportune”.

La CEI raccomanda “una speciale cura nel discernimento vocazionale dei candidati al ministero ordinato e delle persone consacrate, nell’iter di preparazione al diaconato e al presbiterato”, secondo le previsioni contenute nel Decreto generale circa la ammissione in seminario di candidati provenienti da altri seminari o famiglie religiose della Conferenza Episcopale Italiana (27 marzo 1999).

“Il Vescovo – sottolineano le Linee guida – tratterà i suoi sacerdoti come un padre e un fratello, curandone la formazione permanente e facendo in modo che essi apprezzino e rispettino la castità e il celibato e approfondiscano la conoscenza della dottrina della Chiesa sull’argomento”.

Quando il Vescovo abbia notizia di possibili abusi in materia sessuale nei confronti di minori ad opera di chierici sottoposti alla sua giurisdizione, il documento della CEI consiglia di “procedere immediatamente a un’accurata ponderazione circa la verosimiglianza di tali notizie”.

“Occorre evitare – precisa – di dar seguito a informazioni palesemente pretestuose ovvero diffamatorie, o comunque prive di qualsiasi riscontro probatorio plausibile”, restando fermi “i vincoli posti a tutela del sigillo sacramentale” e “curando di tutelare al meglio la riservatezza di tutte le persone coinvolte”

Le Linee guida affermano che “qualora, l’indagine previa appaia ‘assolutamente superflua’, il Vescovo potrà deferire il chierico direttamente alla Congregazione per la Dottrina della Fede”.

Se invece si “esclude la verosimiglianza delle condotte illecite addebitate a un chierico il Vescovo conserverà nel suo archivio segreto una documentazione idonea a consentirgli di attestare, ove risultasse necessario, l’attività svolta e i motivi della decisione”.

In ogni caso, deve “essere adottata ogni idonea cautela intesa a evitare che quei provvedimenti pongano in pericolo la buona fama del chierico”.

Secondo le Linee Guida “nel caso in cui non sussistano le condizioni perché possa essere formulata un’accusa credibile, il chierico sottoposto a indagine sarà prosciolto da ogni addebito e, ove necessario, si farà di tutto per riabilitare la sua buona fama”.

Il documento approvato dalla CEI precisa che “le misure canoniche applicate nei confronti di un chierico riconosciuto colpevole dell’abuso sessuale di un minorenne sono generalmente di due tipi: 1) misure che restringono il ministero pubblico in modo completo o almeno escludendo i contatti con minori. Tali misure possono essere accompagnate da un precetto penale; 2) pene ecclesiastiche, fra cui la più grave è la dimissione dallo stato clericale”.

In termini di intervento, la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha la facoltà di portare direttamente davanti al Santo Padre i casi più gravi per la dimissione ex officio.

Il procedimento canonico per gli illeciti in oggetto è autonomo da quello che si svolga per i medesimi illeciti secondo il diritto dello Stato.

Anche se, “nel caso in cui per gli illeciti in oggetto siano in atto indagini o sia aperto un procedimento penale secondo il diritto dello Stato, risulterà importante la cooperazione del Vescovo con le autorità civili, nell’ambito delle rispettive competenze e nel rispetto della normativa concordataria e civile”.

In termini di collaborazione tra Stato e Chiesa “eventuali informazioni o atti concernenti un procedimento giudiziario canonico possono essere richiesti dall’autorità giudiziaria dello Stato, ma non possono costituire oggetto di un ordine di esibizione o di sequestro”.

In questo contesto il documento della CEI sostiene che “va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale” e “nessuna responsabilità, diretta o indiretta, per gli eventuali abusi sussiste in capo alla Santa Sede o alla Conferenza Episcopale Italiana”.

Le linee Guida si concludono affermando che “la Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana assicura la sua disponibilità per ogni esigenza che sarà rappresentata, in spirito di servizio alle Chiese che sono in Italia e di condivisa sollecitudine per il bene comune”.

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ZENIT Staff

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