di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 10 maggio 2012 (ZENIT.org).-1 Gv 4,7-10

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di Lui”.

(Gv 15,9-17)

Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste coseperché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici se fate ciò che io vi comando.(…) Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.

Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5): il Vangelo di oggi è la continuazione di quello di Domenica scorsa e ne riprende l’onda fondamentale: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9). Ad essa, però, se ne sovrappone oggi un’altra, nuova, poderosa, inebriante: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).

Certo, la gioia, perché è questo il frutto della vite: “il vino che allieta il cuore dell’uomo” (Salmo 104,15).

Perciò, allo stesso modo in cui chi non beve il vino non può sperimentare la forza della sua gioia festosa, così chi non rimane nell’amore di Gesù non può conoscere la Sua gioia, quella vera, quella che rimane anche nella prova . Sì, perché se dico: la vite è il vino, tutti capiscono; e se dico: l’amore di Dio è gioia, dico la stessa cosa.

Perciò il comandamento del Signore: “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12), è promessa certa di inalienabile felicità; veramente tale, poiché radicalmente divina:“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11).

Per essere felici in questa “valle di lacrime”, è allora imprescindibile comprendere come un uomo possa amare alla maniera di Dio: “come” Gesù ha amato noi.

Il comandamento di Gesù può essere osservato solamente a due condizioni: la prima è che io mi riconosca “tralcio”di Gesù (e non di me stesso), la seconda è che io rimanga perfettamente inserito in Lui, “Vite vera” della mia vita, come il tralcio biologico nella vite del campo.

Ciò significa una sola cosa: la vita interiore, vita di orazione, vita di amicizia con Gesù, che da’“la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13), quelli che sono fedeli all’incontro quotidiano con Lui sapendo di essere attesi, immensamente amati e di volta in volta trasformati in Sé dal Suo Spirito d’amore.

Commentando il modo di pregare di Gesù, Benedetto XVI ha detto: “A noi, spesso preoccupati dell’efficacia operativa e dei risultati concreti che conseguiamo, la preghiera di Gesù indica che abbiamo bisogno di fermarci, di vivere momenti di intimità con Dio, “staccandoci” dal frastuono di ogni giorno, per ascoltare, per andare alla “radice” che sostiene e alimenta la vita. Uno dei momenti più belli della preghiera di Gesù è proprio quando Egli, per affrontare disagi, limiti e malattie dei suoi interlocutori, si rivolge al Padre suo in orazione e insegna così a chi gli sta intorno dove bisogna cercare la fonte per avere speranza e salvezza” (Udienza generale, 7 marzo 2012).

Ogni cristiano battezzato che rinunci volontariamente alla propria vita interiore, finirà per atrofizzare la sua anima (come un albero che decidesse di fare a meno delle proprie radici), anche se mantenesse una fede da spostare le montagne (cf. 1Cor 13,1s).

Ciò significa che il comandamento“amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12), può essere osservato solo dai “puri di cuore”, gli unici che possono realmente “vedere Dio” (Mt 5,8), cioè accogliere e mantenere nel loro cuore la Luce purissima del Suo amore e della Sua gioia.

Il modo concreto perché ciò accada è quello indicato sopra da Benedetto XVI. Le sue parole costituiscono le “linee guida” perché si compiano quelle di Gesù:“Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15,10).

E il primo dei comandamenti osservati da Gesù è quello di pregare: “Al mattino presto si alzò quando era ancora buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava” (Mc 1,35).

Anche Gesù aveva bisogno di staccarsi dal frastuono di ogni giorno, per ascoltare il Padre, per andare alla Radice che sosteneva ed alimentava la Sua vita, l’amato “Abbà”, incontrato nel Suo cuore di Figlio.

Il nostro rapporto con Gesù, risorto e vivo, deve essere così: un incontro reale, più profondo di una visione sensibile perché situato a livello delle radici del cuore, del nostro essere realmente “figli di Dio” (1Gv 3,1).

La visione di Dio è una visione del cuore, poiché Dio si può vedere ed incontrare soltanto nel cuore. Solo così il cuore di volta in volta si rinnova, divenendo sempre più capace di amare come Gesù ha amato noi.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.