di Maria Chiara Petrosillo

 ROMA, giovedì, 3 maggio 2012 (ZENIT.org) - Come ogni mercoledì, nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, si parla di Sindone.

Le conferenze organizzate dal Diploma di Specializzazione in Studi Sindonici hanno avuto come protagonisti il 2 maggio, “gli anni perduti” della storia della Sindone. 

Alessandro Piana, dottore in scienze biologiche e studioso di storia, si occupa da molti anni di ricostruire i centocinquanta anni in cui si persero le tracce della Sindone.

Il periodo di oblio parte dall’assedio di Costantinopoli del 1204 e arriva alla ricomparsa a Lirey intorno alla metà del XIV secolo.

La ricerca completa dello studioso sull’argomento è stata pubblicata nel libro“ Sindone, gli anni perduti. Da Costantinopoli a Lirey, nuove prove”, Sugarco Edizioni, 2007.

Per comprendere al meglio i dettagli di questa nuova ed inedita indagine storica della Sindone, Zenit ha intervistato il dott. Piana.

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Dott. Piana, cosa sono gli “anni perduti”?

Piana: Con il termine “anni perduti” ho voluto indicare il periodo storico di quasi centocinquanta anni, compreso tra l’assedio di Costantinopoli del 1204 e la ricomparsa nel villaggio francese di Lirey, intorno alla metà del XIV secolo, durante i quali si perdono completamente le tracce della Sacra Sindone. Il tentativo di ricostruire una cronistoria delle vicende terrene del Sacro Telo, infatti, ha sempre dovuto affrontare questa spinosa questione, uno dei più grandi enigmi che caratterizzano questo inestricabile mistero: dove si trova la Sacra Sindone in questo periodo?

Per cercare di rispondere a quest’interrogativo sono partito da un’ipotesi che è quella che trova maggiore riscontro tra i sindonologi, poiché risulta essere la più ricca di testimonianze documentarie. Secondo quest'interpretazione, il Lenzuolo che compare a Lirey, è lo stesso conservato a Costantinopoli e trafugato durante il sacco dei crociati del 1204. Risale all’inizio del XIII secolo, infatti, la testimonianza del crociato Robert de Clari che localizza a Costantinopoli una Sindone la cui descrizione pare poterla far identificare con quella oggi conservata a Torino.

Quali sono i documenti e le fonti che ha utilizzato per l’indagine?

Piana: Le fonti utilizzate per la mia ricerca sono costituite, data la messe imponente di letteratura sull’argomento, dalle più recenti pubblicazioni. Unitamente a questi volumi, ho considerato doveroso utilizzare testi un po’ più datati che, però, rappresentano il corpus delle ricerche storiche in ambito sindonologico. Altro materiale prezioso, si è rivelato essere quello derivante dai numerosi convegni e simposi che, nel corso del tempo, sono stati organizzati sull’argomento.

In aggiunta all’indispensabile fase teorica, la ricerca ha richiesto anche un’esperienza diretta sui luoghi dell’indagine, al fine di cercare nuovi documenti utili per approfondire gli argomenti trattati. Ritengo che questa fase sia quella più avvincente, poiché ulteriori elementi da aggiungere a quelli già noti, devono essere necessariamente ricercati sul campo, impegnandosi in prima persona, dal momento che, come ho potuto verificare direttamente, le sorprese che rivela l’esperienza diretta sono davvero dietro l’angolo.

Perché è importante la sua periodizzazione?

Piana: Questa periodizzazione è importante per due motivi. Il primo è per indagare il più possibile da vicino sulla vita di quei personaggi che, a ragione o a torto, sono i principali indiziati del possesso della Sacra Sindone nel corso dei così detti “anni perduti”. Uno di questi è Othon de La Roche, nobile borgognone, che appare essere profondamente legato al passaggio della Sindone in Europa all’inizio del XIII secolo e, attraverso i suoi discendenti, al successivo arrivo nelle mani dei signori di Lirey.

Secondariamente perché la Sacra Sindone, in quanto reperto archeologico, deve essere studiata nella sua interezza: sia dal punto di vista scientifico sia da quello storico. Tutte le ricerche scientifiche hanno dimostrato, in maniera inequivocabile, che il Lenzuolo di Torino non può essere un falso medievale, in netto contrasto con una datazione radiocarbonica tutt’altro che affidabile.

Nonostante i continui, e talvolta maldestri, tentativi di negarne l’autenticità, la Sindone si presenta misteriosa anche per l’uomo del XXI secolo e per le sue tecnologie sempre più evolute. Periodizzare la storia ha permesso di ricavare una serie di tracce che ci consentono di ipotizzare, con un alto grado di probabilità, che la Sindone di Torino abbia un'origine ben più antica rispetto a quella risultante dai tanto contestati esami radiocarbonici. Ricerca scientifica e ricerca storica devono procedere di pari passo con la consapevolezza che non sarà la sola storia a darci tutte quelle risposte che aspettiamo dalla Sindone.

 Perché non si conoscono questi anni nella storia della Sindone?

Piana: Non conosciamo così bene questi anni nella storia della Sindone perché non abbiamo notizie dirette come quelle che caratterizzano il periodo di tempo che parte dalla metà del XIV secolo e arriva ai giorni nostri. Non per questo, però, dobbiamo ritenere chiusa negativamente la ricerca in merito alla storia antica del Lenzuolo torinese.

Una serie d’indagini di tipo storico, archeologico, numismatico e iconografico, ci consentono di affermare che non ci troviamo affatto di fronte al più completo silenzio: tutt’altro! La tentazione di abbandonare la ricerca storica deve essere superata accettando la sfida, mettendosi in gioco alla ricerca di nuove conclusioni, così come di ulteriori elementi controversi. Senza né partigianeria né pregiudizi. Portandosi sulle tracce di tutti quegli elementi che ci incoraggiano a proseguire nell’indagine.

C’è stata, secondo Lei, un’omissione da parte degli storici?

Piana: Personalmente non credo a una voluta omissione di notizie da parte degli storici del tempo. Le sanzioni stabilite in merito al traffico di reliquie derubate nel corso della conquista di Costantinopoli da parte dei crociati, potrebbero giustificare l’assenza di documenti per questo periodo. Il XII Concilio Ecumenico, IV del Laterano, apertosi nel novembre del 1215, tra le altre cose, condannava il traffico di reliquie e impediva la venerazione di quest’ultime senza l’autorizzazione della Chiesa (canone LXII). Sarebbe stato dunque difficile da parte della famiglia de La Roche, prima, e dei Signori di Lirey poi, giustificare il possesso di una reliquia tanto preziosa quanto scomoda. 

Quali reazioni hanno avuto i suoi studi?

Piana: Le reazioni a questo lavoro sono state molteplici e variegate tra loro. La presentazione dei risultati nel corso di alcuni convegni, nazionali e internazionali, mi ha spronato, nel bene e nel male, a continuare la ricerca perfezionandola e arricchendola di nuovi particolari. Le critiche rappresentano il fattore decisivo per migliorare il proprio lavoro a patto che siano motivate e circostanziate.

Talvolta, le rimostranze di taluni personaggi, travestiti da arbitri e maestri del metodo, rischiano di vanificare lo sforzo e i risultati raggiunti da quei ricercatori che da molto tempo sono impegnati nello studio di questo oggetto unico nel suo genere. Io non sono alla ricerca di pubblicità personale, preferisco lasciare agli ineffabili critici questo aspetto che nulla ha a che fare con la Sacra Sindone e con il Suo Messaggio.

Quali i suoi progetti di studio per il futuro?

Piana: Il futuro ha ancora molto da dare a questa ricerca. Non ho la supponenza di pensare di aver posto la parola "fine" su questo periodo di oblio, dal momento in cui rimangono alcuni punti che necessitano di ulteriori chiarimenti e approfondimenti. Ci sono a ltri documenti al vaglio e altro materiale interessante che deve essere pubblicato. Questo lavoro rappresenta semplicemente il seme di una ricerca che, lungi dal ritenersi conclusa, è soltanto all’inizio.

Parallelamente alla ricerca sugli “anni perduti” sto portando avanti un’idea sull’aspetto devozionale della Sindone. Argomento sempre attuale per capire la forza di questo antico lenzuolo di lino imbrattato di sangue, capace di portare al cuore di ogni uomo uno straordinario messaggio di Fede e di Speranza.