CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 25 dicembre 2011 (ZENIT.org) – Un’apparizione: finalmente Dio ha un volto. Se per tutto l’Antico Testamento, il Signore aveva parlato agli uomini e loro, di volta in volta, lo avevano immaginato e rappresentato in tutti i modi possibili, la nascita di Gesù Cristo in Betlemme, cambia radicalmente questa prospettiva.
“Apparuit”: è questa la parola, tratta dalla versione latina della prima lettura (Tt 3,4) della Solennità Natalizia della Vigilia, su cui papa Benedetto XVI si è soffermato all’inizio della sua omelia ieri notte, nella Basilica di San Pietro.
“Si è mostrato. È uscito dalla luce inaccessibile in cui dimora. Egli stesso è venuto in mezzo a noi. Questa era per la Chiesa antica la grande gioia del Natale: Dio è apparso”, ha detto il Santo Padre.
Nel tempo precristiano, ha poi osservato il Papa, gli uomini temevano l’idea che “Dio non fosse del tutto buono”. Invece nel Bimbo appena partorito dalla Vergine Maria, l’umanità può constatare che “Dio è bontà pura”.
“Anche oggi – ha proseguito il Pontefice – persone che non riescono più a riconoscere Dio nella fede si domandano se l’ultima potenza che fonda e sorregge il mondo sia veramente buona, o se il male non sia altrettanto potente ed originario quanto il bene e il bello, che in attimi luminosi incontriamo nel nostro cosmo”.
La Natività, quindi, ci mette davanti ad un meraviglioso paradosso: “Un bambino, in tutta la sua debolezza, è Dio potente. Un bambino, in tutta la sua indigenza e dipendenza, è Padre per sempre”.
Quel bambino è l’esatto contrario della violenza che affligge il mondo: in lui Dio si è mostrato a noi “come Colui che ci ama e mediante il quale l’amore vincerà. E ci hai fatto capire che, insieme con Te, dobbiamo essere operatori di pace”, ha aggiunto il Santo Padre.
“Amiamo il Tuo essere bambino, la Tua non violenza, ma soffriamo per il fatto che la violenza perdura nel mondo, e così Ti preghiamo anche: dimostra la Tua potenza, o Dio”, ha proseguito.
“In questo nostro tempo, in questo nostro mondo – ha pregato il Pontefice – fa’ che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo”.
Il Santo Padre ha fatto poi riferimento al primo presepe allestito da San Francesco a Greccio nel 1223. Il merito del Patrono d’Italia fu quello di aver “scoperto in una profondità tutta nuova l’umanità di Gesù”.
“Il Figlio di Dio come bambino – ha spiegato il Pontefice – come vero figlio di uomo: questo toccò profondamente il cuore del Santo di Assisi, trasformando la fede in amore”. Nella stalla (o nella grotta, a seconda delle tradizioni) possiamo “toccare Dio e accarezzarlo”.
Il Natale è la “festa del cuore”, tuttavia, esso non ha nulla a che vedere on il “sentimentalismo”. Nel bambino Gesù amato da San Francesco, viene allo scoperto “l’umiltà di Dio”, la sua povertà, il suo bisogno d’amore.
“Preghiamo il Signore di aiutarci ad attraversare con lo sguardo le facciate luccicanti di questo tempo fino a trovare dietro di esse il bambino nella stalla di Betlemme, per scoprire così la vera gioia e la vera luce”, ha esortato Benedetto XVI.
Il Papa ha poi evidenziato una particolarità della Basilica della Natività in Betlemme, la cui porta centrale è alta appena un metro e mezzo: fu così disposta per “proteggere meglio la chiesa contro eventuali assalti, ma soprattutto di evitare che si entrasse a cavallo nella casa di Dio”.
È significativo, tuttavia, che chi voglia “entrare nel luogo della nascita di Gesù debba chinarsi”, ha osservato il Santo Padre. Per preparaci all’incontro con Lui, il Signore ci invita quindi a “scendere dal cavallo della nostra ragione ‘illuminata’”, a deporre le nostre “false certezze, la nostra superbia intellettuale, che ci impedisce di percepire la vicinanza di Dio”.
Dio,quindi, “è diverso dai nostri pregiudizi e dalle nostre opinioni” e “si nasconde nell’umiltà di un bambino appena nato”.
Benedetto XVI ha concluso l’omelia con una preghiera speciale “per tutti coloro che devono vivere il Natale in povertà, nel dolore, nella condizione di migranti, affinché appaia loro un raggio della bontà di Dio”.
Quest’anno la celebrazione eucaristica della notte di Natale è stata preceduta dalla preghiera dell’Ufficio delle Letture, così come prevede il Messale Romano: subito dopo è stato intonato il canto della Kalenda che ha annunciato il Natale come compimento dell’Avvento del Signore.
Al termine della Kalenda, un diacono ha svelato la statua di Gesù Bambino, come consuetudine posta davanti all’altare della Confessione.
L’ingresso del Papa, giunto a bordo della pedana mobile ed accompagnato dai cardinali concelebranti, è stato salutato dall’illuminazione totale della Basilica.
Dopo il canto del Gloria le campane di San Pietro hanno suonato a festa e le guardie svizzere si sono inginocchiate.
Conclusa la Santa Messa, il Santo Padre si è recato al presepe per la collocazione dell’immagine del Bambinello: contemporaneamente un gruppo di bambini in rappresentanza di sei paesi diversi (Italia, Francia, Corea del Sud, Burkina Faso, Guatemala e Gabon) hanno deposto il loro omaggio floreale al Bambino Gesù appena venuto al mondo.
Accanto all’immagine del Bambinello è stato posto un il libro dei Santi Vangeli: un gesto simbolico che richiama la novità del Natale, quella del Verbo di Dio che si è fatto carne.
Sulle note di Tu scendi dalle stelle, il Papa è poi uscito dalla Basilica a bordo della pedana mobile, tra gli applausi dei fedeli.