Tra demografia ed economia: proposte sul futuro dell'Italia

"Il Cambiamento Demografico” visto dal Progetto Culturale della CEI

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di Antonio D’Angiò

ROMA, sabato, 24 dicembre 2011 (ZENIT.org).- Il Cardinale Joseph Ratzinger, nel 2004 nel libro “Senza radici”, così scriveva parlando della crisi della cultura europea: “C’è una strana mancanza di voglia di futuro. I figli, che sono il futuro, vengono visti come una minaccia per il presente. Ci portano via qualcosa della nostra vita, così si pensa. Non vengono sentiti come una speranza, bensì come una limitazione”. E sempre nello stesso anno, il sociologo Zygmunt Bauman, uno dei maggiori intellettuali europei, quasi a complemento della riflessione di Ratzinger, nel suo “Amore liquido” così rifletteva: ”La nostra è un’epoca nella quale i figli sono prima di ogni altra cosa e più di ogni altra cosa, oggetti di consumo emotivo”.

Partiamo da qui, da questi pensieri, come fotografia di un tempo non lontano e cornice ideale per presentare il lavoro curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana dal titolo “Il Cambiamento Demografico” edito da Laterza nel settembre 2011 e che trova nel sottotitolo “Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia” la direzione di marcia e, soprattutto, nella parola “proposta” la meta cui dirigere gli interventi.

Il lavoro è stato elaborato tra gli altri dai demografi Giancarlo Blangiardo e Antonio Golini, dal giurista Francesco D’Agostino, ed ha visto la partecipazione all’interno del Comitato anche di Lorenzo Ornaghi e Andrea Riccardi, al tempo non ancora Ministri della Repubblica come attualmente, nonché dal presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, ma soprattutto diremmo da un importante numero di docenti e ricercatori donne sia dell’Università Cattolica che Statale, come Eugenia Scabini, Giulia Rivellini, Graziella Caselli, Giovanna Rossi, Paola Ricci Sindoni, Gabriella Gambino, Elisa Barbiano di Belgiojoso.

La prefazione di Camillo Ruini introduce ai tre capitoli di cui è composta la pubblicazione: il primo si intitola “Ripercorrere il cambiamento demografico”; il secondo “Riflettere sul cambiamento demografico” ed il terzo “Per una demografia sostenibile”. Prima di approfondire il terzo capitolo, proveremo a fornire una panoramica necessariamente parziale sui primi due cercando di sintetizzare i numeri e i grafici più significativi trovando conferma con quanto ha ben sottolineato Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera: “Non si tratta di roba da preti né di prediche”.

Ripercorrere il Cambiamento Demografico

Numero di famiglie:nel 1971 erano quasi 16 milioni con un numero di componenti di 3,4 mentre nel 2011 il numero di famiglie è di poco superiore ai 25 milioni con numero medio di componenti pari a 2,4.

Numero medio di figli per 1000 donne:Nel 1952 il valore era di circa 2400. Nel 2004 il numero medio si attesta a circa 1400 (circa il 40 % in meno).

Numero medio di figli per donna nella popolazione straniera:Nel 2006 si attesta a 2,5 per scendere nel 2010 a 2,13.

Età media degli sposi al primo matrimonio in Italia:partendo dal punto più basso, ovvero la seconda metà degli anni settanta, si è passati dai 24-27 anni per spose e sposi ad un corrispondente 30 – 33 anni nel 2008.

Riflettere sul cambiamento demografico

Popolazione in Italia in alcune classi di età indicative di quattro successive generazioni:nel 1980 tra 0 e i 4 anni, vi sono circa 3 milioni e mezzo di bambini che diventano, però, meno di 3 milioni nel 2010, pari quindi ad una riduzione del 19%. Nello stesso periodo il numero di nonni (da 60 a 64 anni) passa da poco più di due milioni a poco meno di 4 milioni (con un incremento, quindi, del 70%).

Stranieri in Italia per tipologia di presenza:al 1° gennaio del 2003 i residenti stranieri risultano essere circa un milione e mezzo mentre sono circa cinquecentomila gli irregolari. Sette anni dopo, nel 2010, i residenti si attestano ad oltre 4 milioni (triplicando quasi la loro presenza) mentre gli irregolari si riducono di circa il 10%, perciò sostanzialmente stabili, attestandosi a circa 450-mila unità.

Percentuale di maschi 25-34enni per condizione familiare:nel 1993-1994 la percentuale di maschi in questa classe di età che viveva in famiglia come figlio era del 40%, mentre il 30% in coppia come genitore. In circa quindici anni, nel biennio 2008-2009, i giovani maschi ancora in famiglia sono circa il 50% mentre quelli in coppia come genitori sono circa il 20%.

Per una demografia sostenibile

Tutti questi dati scientifici, elaborati dopo averli acquisiti da Istat, Eurostat, Onu, Ocse, sono alla base della proposta elaborata nel volume e che proviamo così a sintetizzare partendo da un’assunzione importante, ovvero che l’espressione “Governare i cambiamenti demografici”va interpretata correttamente in quanto può avere sia significati positivi che negativi: “E’ positiva se significa che vengono create le condizioni affinchè le persone, le coppie, le famiglie possano fare scelte libere e responsabili. E’ negativa se significa che un qualche potere, politico, economico o altro, fa le scelte al posto delle persone, delle coppie delle famiglie”.

Viene introdotto, quindi, ilQuoziente familiare, cioèil metodo per tassare il reddito familiare nel suo insieme (anziché quelli individuali) dividendolo per un coefficiente che tiene conto del numero dei membri della famiglia, dell’età, della salute e di altre variabili o pesi che non producano redistribuzioni improprie.

Accanto al quoziente familiare, vi sono poi una serie di sostegni diretti alle famiglie che si possono sintetizzare insostegni monetari (cash)esostegni in servizi (kind).Tra i primi può essere annoverato, ad esempio, il Fondo di credito per i nuovi nati (già attivato nel 2009), consistente nell’erogazione di un mutuo agevolato sino a 5000 euro da restituirsi entro cinque anni. Tra i secondi, tutti quei servizi che possano supportare le gestanti in difficoltà oppure le madri sole, come l’assistenza domiciliare o la disponibilità di strutture residenziali disponibili all’accoglienza.

Inoltre, è stato ipotizzato il potenziamento dei servizi integrativi del nido pubblico, tramite l’adozione di alcuni provvedimenti qualil’educatrice familiare(assistenza a domicilio dei bambini sino a tre anni), ilnido in famiglia(predisposizione della propria abitazione per ospitare un’educatrice e massimo cinque bambini),altri servizi flessibilirealizzati in partnership con organizzazioni del terzo settore che si caratterizzano per una maggiore flessibilità oraria ed il cui accesso può avvenire anche tramite un sistema di voucher o buoni di servizio.

Ma, approfondimenti altrettanto dettagliati sono fatti anche per le politiche dell’immigrazione, e sull’equità intergenerazionale. In generale però, tutti questi temi possono essere sintetizzati sotto la voce dei tempi di cura, dove “una finalità fondamentale è quella di promuovere il coinvolgimento della figura paterna in una logica di condivisione e corresponsabilità con la figura materna”.

Ed è probabilmente qui, una delle chiavi per consentire il passaggio al family mainstreaming, cioè “all’elaborare e perseguire una strategia dinamica e di lunga durata che metta la famiglia al centro della società e sia considerata come una dimensione di tutte le politiche sociali, economiche, educative”.

Al netto, aggiungiamo noi, di quelle quattromila famiglie finte povere scoperte dalla Guardia di Finanza da gennaio ad ottobre 2011, le quali tramite autocertificazione non pagavano gli asili nido, erano esentate dai ticket sanitari, avevano agevolazioni sulle tasse scolastiche…

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ZENIT Staff

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