Santità e martirio ci ricordano il primato di Dio

La Dottrina Sociale deve continuamente riscoprire la sua appartenenza alla Chiesa e alla sua missione di evangelizzazione.

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di monsignor Giampaolo Crepaldi

CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 17 dicembre 2011 (ZENIT.org).- Il titolo che quest’anno abbiamo dato al terzo Rapporto è il seguente: “La Dottrina sociale della Chiesa non può essere incatenata”. Questa frase esprime, in sintesi, quanto emerge dall’intero Rapporto e nello stesso tempo ci permette di rivolgere il nostro Pensiero al Cardinale Van Thuân, del quale è iniziata nel 2010, anno a cui si riferisce il Rapporto, la causa di beatificazione. Il cardinale è stato veramente, concretamente, incatenato, nei diversi luoghi di prigionia ove il regime comunista del Vietnam lo aveva recluso. Però sono state incatenate le sue gambe e le sue braccia, non lui che, animato dalla speranza cristiana e dalla vicinanza di Dio, ha vissuto quelle catene in piena libertà interiore. Le catene dell’anima ce le mettiamo sempre da soli, gli altri possono semmai incatenare le nostre gambe o le nostre braccia. Il cardinale ci ha mostrato che per l’anima non esistono catene se non quelle del peccato. Inoltre ci ha mostrato che, anche in catene, si può operare per la distruzione delle catene del peccato. Egli, incatenato, pregava, e la preghiera, come ha scritto Benedetto XVI parlando dell’ “indimenticabile” cardinale Van Thuân nell’enciclica Spe salvi, ha sempre un valore di liberazione personale e comunitaria. Egli, incatenato, si manteneva pienamente dentro la vita della Chiesa, celebrando quotidianamente l’eucaristia, leggendo e rileggendo le pagine dell’Osservatore Romano che in modo avventuroso aveva ricevuto, vivendo la comunione con la sede di Pietro. Egli, incatenato, fece brillare nel suo volto la gioia e la serenità della fede cattolica e convertì, ossia liberò, lui che era prigioniero, i suoi carcerieri. Per questo motivo mi sembra che il titolo del nostro Rapporto bene si conformi anche al ricordo, che oggi vogliamo qui rivivere, di questa grande figura di cristiano.

L’espressione “La Dottrina sociale della Chiesa non può essere incatenata” è una nostra modificazione di quanto detto da Benedetto XVI nel 2010 in Portogallo: «la parola di Dio non è incatenata!» con riferimento alla seconda lettera di San Paolo a Timoteo, capitolo 2, versetto 9. La Parola di Dio risuonava nel cuore del Cardinale Van Thuân incatenato in carcere e risuona nella Dottrina sociale della Chiesa che è annuncio di quella Parola nelle realtà temporali. Cari amici, in quella visita in Portogallo, Benedetto XVI ebbe a dire parole molto gravi, che dovrebbero interpellarci in profondità. Egli disse:  «Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista. Si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni; ma cosa accadrà se il sale diventa insipido?». Ed ha aggiunto: «la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da “divinità” e signori di questo mondo». Nessuno di noi può rimanere indifferente a queste drammatiche constatazioni, che si trasformano in richiami ad un’esame di coscienza, come quando, sempre in quella occasione, il Papa ha affermato che «non mancano credenti che si vergognano e che danno una mano al secolarismo, costruttore di barriere all’ispirazione cristiana».

Il Rapporto di quest’anno vuole lanciare soprattutto questa preoccupazione: la Dottrina sociale della Chiesa non deve diventare insipida, questa sarebbe la sua principale catena. Essa deve continuamente riscoprire la sua appartenenza alla Chiesa e alla sua missione di evangelizzazione. Questo è anche il pensiero di Benedetto XVI. Egli, sempre in Portogallo, disse anche: «bisogna annunziare di nuovo con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cristianesimo, fulcro e sostegno della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo umano». La sua frase più incisiva l’aveva però già pronunciata al suo arrivo in Portogallo: «Il vivere nella pluralità di sistemi di valori e di quadri etici richiede un viaggio al centro del proprio io e al nucleo del cristianesimo per rinforzare la qualità della testimonianza fino alla santità, trovare sentieri di missione fino alla radicalità del martirio». Con il che, come vedete, ritorniamo all’esempio del cardinale Van Thuân.

Il 6 giugno 2010 a Varsavia è stato beatificato il Padre Jerzy Popieluszko, martire dei tempi del comunismo. Sempre nel 2010 è iniziato a Roma il processo di beatificazione del Cardinale Van Thuân. Chi leggerà questo Rapporto, anche solo la Cronologia dei fatti che riportiamo alla fine, si renderà conto che nel 2010 di martiri ce ne sono stati tanti. E sono stati loro a rompere le catene che spesso legano la Dottrina sociale della Chiesa. Il nostro Terzo Rapporto ha individuato l’urgenza della testimonianza, della santità e del martirio nella Dottrina sociale della Chiesa.  L’indicazione per il futuro è di non separare mai i diversi aspetti della Dottrina sociale della Chiesa ma di tenerli tutti uniti nella autentica vita cristiana nella Chiesa. Testimonianza, santità e martirio ci ricordano questa necessità, senza della quale la Dottrina sociale della Chiesa cede alla feroce secolarizzazione in atto e perde di vista il primato di Dio.

Consigliamo la lettura del “Terzo Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa nel Mondo”.

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ZENIT Staff

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