di Salvatore Cernuzio
ROMA, mercoledì, 7 dicembre 2011 (ZENIT.org) – “El Pelè”: così veniva chiamato Zeffirino Jiménez Malla, il primo zingaro proclamato beato nella storia della Chiesa.
Figlio della cultura gitana, visse un’infanzia nomade, si sposò a 18 anni, ma non ebbe mai figli, adottò, però, una nipote che amò come tale, Pepita. Onesto commerciante di cavalli, fu molto rispettato sia all’interno del mondo gitano, tra i suoi amati Kalòs, che al di fuori di esso.
Morì come un martire, nel 1936, durante la guerra civile spagnola, dopo esser stato brutalmente fucilato in un cimitero per aver difeso un sacerdote. Fu elevato agli onori degli altari il 4 maggio 1997 da Giovanni Paolo II che lo proclamò ‘Patrono di tutti gli zingari’.
Oltre a queste informazioni, tuttavia, si sa poco della vita di Zeffirino, in quanto, da analfabeta, non ha lasciato alcuna eredità scritta. Sono rimaste, però, le testimonianze e i ricordi di chi l’ha conosciuto veramente e ha avuto l’onore di apprezzarne l’umanità, la semplicità e la profonda fede, prima fra tutte l’adorata pronipote, Maruja.
E sono stati proprio questi stessi ricordi a rendere possibile la creazione dell’audio libro Non mi vedrete morire, realizzato dalla collaborazione tra Caritas Italiana e Fondazione Migrantes in occasione del 150° anniversario della sua nascita nel 1861 e del 75° del martirio.
L’audiolibro, presentato a Roma, martedì 6 dicembre, nella sala Marconi della Radio Vaticana, fa parte della collana Phonostorie, un progetto educativo – culturale che, dal 2007, attraverso un libro e un cd in cui attori danno vita al personaggio recitando alcuni suoi brani, vuol far conoscere ai più le gloriose personalità del nostro secolo.
Dopo Madre Teresa di Calcutta, De Gasperi, Chiara Lubich e tanti altri, è stato ora il turno di Zeffirino, con una biografia che ha rappresentato una “sfida” per i produttori, come ha dichiarato il maestro Mite Balducci, compositore delle musiche originali dell’opera. “Questa Phonostoria è stata per noi una prova particolare – spiega – data dal fatto che non avevamo alcun tipo di testo scritto di Zeffirino, poichè non era in grado di scrivere”.
“Non si trova perciò neppure una frase del beato – prosegue -. Tranne il titolo Non mi vedrete morire, pronunciata durante il periodo in carcere, e tramandataci dalla nipote, tutto il resto è costruito su testimonianze, le stesse esaminate per il processo di beatificazione”.
L’audiolibro, arricchito dalla prefazione di Susanna Tamaro, è immaginato, quindi, come un dialogo tra alcuni gitani che, intorno al fuoco, ricordano il beato e le sue virtù, descrivendolo come un personaggio quasi mitologico.
Tale, infatti, era considerato dai suoi amati Kalòs: un mito, un sindaco o come disse un amico della tribù al processo dove era stato accusato ingiustamente di furto, il “santo patrono degli zingari”.
Un esempio di vita, dunque, più attuale che mai, che ricorda a noi tutti “la vocazione universale alla salvezza e alla santità, di cui parla anche il V capitolo della Lumen Gentium” come sottolineato da monsignor Bruno Schettino, presidente della Conferenza Episcopale per le Migrazioni. “I fedeli di qualsiasi stato, etnia o grado sociale sono orientati verso questa chiamata, nessuno escluso – ha insistito l’arcivescovo – e per tanti gitani la vita del loro patrono può essere un incitamento ad integrarsi nel territorio, nella vita della Chiesa e, allo stesso momento, anche accettare le regole della vita sociale”.
Viceversa il modello di vita del beato può essere una risorsa per noi tutti per addentrarci in un mondo “troppo spesso considerato pregiudizialmente altro da noi”, ha dichiarato Piero Damosso, giornalista di Tg1.
Sulla stessa linea di pensiero, monsignor Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, che ha invitato ad intravedere nella persona di Zeffirino “i tratti di una cultura ‘altra’, spesso ridotta ad un’immagine stereotipata e vittima della marginalizzazione causata dall’identificare in loro il capro espiatorio in cui versa il malcontento sociale”.
Una biografia recitata e musicata, quindi, che apre uno spiraglio di speranza ai popoli rom e sinti di far superare le barriere del pregiudizio. Ma anche un’occasione per tutti noi pajos – nome con cui Zeffirino definiva gli ‘altri’ – per favorire l’incontro e la conoscenza della cultura di questa gente e dei loro valori di solidarietà familiare; di rispetto della donna e degli anziani; di amore alla patria e al lavoro, molto più vicini ai nostri di quanto si pensi, ma spesso sottaciuti.
“Grazie al modello di vita offerto da Zeffirino e all’attenzione dedicatagli dalla Chiesa, la faccia dei Rom assume una colorazione diversa” ha affermato commosso Bruno Morelli, unico rom presente, ospite a sorpresa dell’incontro, che ha aggiunto “non si parla più solo di criminalizzazione, ma finalmente anche dei valori di un’etnia tante volte ingiustamente messa da parte”.
In conclusione dell’incontro, come anche nell’audiolibro, la ballata di Fabrizio De Andrè, Khorakhané (nome di una tribù rom di provenienza serbo-montenegrina): struggente poesia dedicata al mondo dei diseredati e degli zingari.