GINEVRA, mercoledì, 7 dicembre 2011 (ZENIT.org) – La migrazione costituisce una preoccupazione più che mai urgente a livello mondiale, oggi forse ancora di più che 60 anni fa, quando l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) ha iniziato la sua attività.
Lo ha sottolineato l’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e delle Istituzioni Specializzate a Ginevra, monsignor Silvano Maria Tomasi, C.S., nel suo discorso rivolto oggi alla 100a sessione del Consiglio dell’OIM, in programma dal 5 al 7 dicembre.
Come ha fatto notare il presule, l’attuale crisi economica ha complicato ulteriormente la vita dei migranti, invece di ridurre significativamente il loro numero. Stime attendibili parlano di circa 214 milioni di migranti oggi, una cifra destinata a salire nei prossimi decenni, trasformando il fenomeno in una “megatendenza” del XXI secolo.
Per mons. Tomasi, non si tratta di “un gioco statistico”, “ma coinvolge e colpisce direttamente milioni di esseri umani, le loro famiglie, e la gente dei Paesi di origine, transito e destinazione”.
Richiamando l’attenzione sulla “dimensione umana” del fenomeno migratorio, il rappresentante vaticano ha constatato che oggi prevalgono “sfortunatamente gli atteggiamenti di autoprotezione, aggravati dalla crisi economica e dall’aumento della pressione sulle frontiere dei Paesi sviluppati”.
La migrazione, ha proseguito, è “un test per il rispetto e l’attuazione dei diritti umani, soprattutto quando le politiche sono incentrate sul controllo e sulla sicurezza nazionale”.
Di fronte a queste sfide, la risposta fornita finora dalla comunità internazionale rimane “frammentaria e priva di coordinamento”. Secondo mons. Tomasi, i tentativi per risolvere il problema della gestione dei flussi migratori incontrano “riluttanza e diffidenza”, effetto anche di un’opinione pubblica spesso ostile e dell’emergere di partiti anti-immigrati.
La globalizzazione, ha proseguito Tomasi, “intensifica l’interdipendenza dei Paesi che hanno bisogno di manodopera, con quelli che hanno le popolazioni più giovani”. Per questo conviene “creare una sinergia che è vantaggiosa per entrambe le parti”. “Il raggiungimento di tale sinergia deve essere l’obiettivo delle istituzioni multilaterali”, ha aggiunto.
Bisogna inoltre “promuovere e rafforzare una percezione positiva dei migranti”, ha detto ancora il presule, facendo poi un riferimento alla “chiara evidenza” accumulatasi circa il positivo contributo economico dei migranti nei loro Paesi di accoglienza.
“I migranti rendono visibile il legame che unisce l’intera famiglia umana”, ha ricordato mons. Tomasi. “Non dovrebbero essere usati come una distrazione per la mancanza di posti di lavoro e per crisi economiche irrisolte, né visti come minacce alla sicurezza”, ha continuato.
“È chiaro che i fattori che spingono ad emigrare non sono più soltanto di natura economica, ma includono anche la ricerca di sicurezza e libertà, la possibilità di sviluppo personale e professionale e di una migliore qualità di vita”, ha aggiunto mons. Tomasi, che ha menzionato anche il ruolo dei moderni mezzi di comunicazione, che fanno alzare le aspettative e diffondono immagini spesso esagerate di altri tipi di società e stili di vita.
Come ha ribadito il rappresentante vaticano, ci sono “alcune situazioni immediate che richiedono una risposta”, come la crescente migrazione di minori non accompagnati, le violenze subite dai migranti nei Paesi di transito – soprattutto nei confronti di donne e bambini – o l’attenzione nei confronti degli immigrati espulsi verso i loro Paesi di origine.
Citando il messaggio di Papa Benedetto XVI per la 97a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, intitolato Una sola famiglia umana, il presule ha concluso il suo intervento chiamando il 60° anniversario dell’OIM “una pietra miliare”, che “offre l’occasione per una visione rinnovata e impegno al servizio di tutte le persone sradicate e alla ricerca di una vita migliore e produttiva”.
Lunedì scorso nel suo discorso di ringraziamento per l’approvazione da parte degli Stati aderenti all’OIM dello status di membro per la Santa Sede, mons. Tomasi aveva ribadito lunedì 5 dicembre l’intenzione della Santa Sede di “sostenere” l’azione dell’organismo, “in accordo con la sua specifica natura, principi e norme”.
Il presule aveva sottolineato in particolare tre punti, iniziando con la “domanda provocatoria su come garantire la sicurezza, non solo agli Stati, ma anche ai migranti”. “Quando la dignità della persona umana e il diritto alla vita sono in gioco, questi valori dovrebbero avere la priorità”, aveva sottolineato il presule.
Il rappresentante vaticano aveva ricordato inoltre l’esperienza “ben consolidata”, “estesa” e “preziosa” delle agenzie e associazioni cattoliche sia a Ginevra sia sul terreno in tutto il mondo, ad esempio attraverso l’assistenza fornita agli sfollati nei campi o mettendo a punto programmi di integrazione.
Un terzo punto riguardava le caratteristiche distintive del “servizio disinteressato” fornito dalle agenzie e dalle associazioni cattoliche. “La loro risposta – aveva aggiunto Tomasi – è dettata dalle esigenze della persona senza distinzione di razza, colore, credo religioso o la mancanza di essa, ed abbraccia tutti in maniera veramente comprensiva”.
La loro azione è basata, aveva continuato il presule, “sulla convinzione della dignità unica e comune appartenenza alla stessa famiglia umana di ogni persona umana, che è antecedente a qualsiasi considerazione culturale, religiosa, sociale politica o altro”.
In conclusione, aveva detto Tomasi, “la partecipazione della Santa Sede come membro dell’IOM è un impegno di collaborazione e sostegno nella ricerca comune di soluzioni e assistenza alle persone coinvolte in questo fenomeno importante del nostro mondo globalizzato e in necessità di una mano amica per renderle protagonisti del loro futuro e partner attivi nelle loro società adottive e nel mondo”.