di Renzo Allegri
ROMA, lunedì, 5 dicembre 2011 (ZENIT.org).- Si chiamava Bertilla Antoniazzi, ed è morta nel 1964, quando aveva solo 20 anni. Da allora sono trascorsi 47 anni, ma Bertilla è viva più che mai nel ricordo di tantissime persone.
Tutti coloro che l’hanno conosciuta, continuano a parlarne con entusiasmo e amore. Raccontano che il suo funerale sembrava una festa. C’era una folla di persone commosse e insieme sorridenti. Piangevano la perdita di una ragazza ventenne, amica cara, ma non erano tristi, perché sapevano che era andata in paradiso. In tutti c’era questa convinzione perché in tutti Bertilla aveva lasciato un ricordo straordinario. Non legato alla sua bellezza, che era notevole, e neppure alla sua giovinezza vissuta con entusiasmo, ma alla sua bontà angelica. <
Dei suoi 20 anni, 12 erano stati funestati da grandi e continue sofferenze. Una malattia al cuore le toglieva il respiro e le forze, la costringeva per lunghi periodi a letto e all’ospedale, ma la malattia non è mai riuscita a spegnere la sua gioia di vivere, a vincere il suo ottimismo, a toglierle il sorriso.
Bertilla aveva un segreto: Gesù. Lo aveva incontrato proprio nella sofferenza e se ne era innamorata. Tra loro due era nata una di quelle misteriose intese che non hanno spiegazioni razionali ma che trasformano le persone. Da Gesù, Bertilla riceva forza e speranza. Lui era diventato la sua guida, il suo “amico segreto”. Da ragazzina fragile e timida, Lui l’aveva trasformata in una dolce ed eroica testimone della sofferenza “vissuta” con amore. E dopo la sua morte, Lui ha continuato a tenerne vivo il ricordo concedendo, per sua intercessione, grazie straordinarie.
Per ricordare Bertilla Antoniazzi, quest’anno, un gruppo di suoi amici ha voluto realizzare una speciale iniziativa natalizia: un DVD che racconta la storia di questa ragazza e lo stanno diffondendo con un singolare slogan: “Per Natale, regalate Bertilla”.
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La caratteristica spirituale di Bertilla Antoniazzi è costituita dalla sofferenza “vissuta” nell’ottica della Fede cristiana. Cioè, nella consapevolezza che ogni sofferenza, accettata per amore di Cristo, diventa un bene prezioso per i fratelli.
San Paolo, spiegando ai Corinti il “valore salvifico della sofferenza”, scrisse:<
Giovanni Paolo II ha dedicato una sua magnifica “Lettera apostolica”, “Salvifici Doloris”, a queste parole di San Paolo. <
Verità sublimi, per il cristiano. Verità che indicano come la sofferenza, fisica e morale, che è pane quotidiano di ogni esistenza umana, se “vissuta” per amore di Cristo può dare alla persona una dimensione spirituale altissima.
Bertilla era entrata in questa ottica. Ammalata cronica, destinata alla morte precoce, aveva imparato non “ a subire” quella condizione, non “a sopportarla”, ma ad “abbracciarla”, ad “utilizzarla”. A quindici anni, si era iscritta alla associazione “Centri Volontari della Sofferenza” fondata a monsignor Luigi Novarese nel 1947, e negli ideali di quella associazione aveva trovato il senso e il valore pieno della propria esistenza torturata dalla malattia. Un’esistenza che, agli occhi del mondo, poteva sembrare “misera”, “pietosa”, “inutile”; ma che, vissuta in unione con Cristo, diventava “una preghiera incessante”.Bertilla divenne una “missionaria” della sofferenza”. Ogni mattina “indossava” il suo dolore, come si indossa una divisa. Lo indossava con entusiasmo, anche se era pesante come un macigno sotto il quale si sentiva schiacciare. E visse così le giornate degli anni più belli della sua adolescenza e della sua prima giovinezza, inchiodata a quella croce, ma con il sorriso sulle labbra. Da eroina, non da sconfitta.
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< < Bertilla, aveva un direttore spirituale? < < < Perché non è ancora stato aperto il processo di beatificazione per una ragazza che visse in modo così esemplare? < < Che genere di grazie? < Tra le grazie attribuite all’intercessione di Bertilla, ce n’è qualcuna di molto importante? < < < Per questo avete realizzato il DVD sulla vita di Bertilla? < Dove è possibile trovare questo DVD? <