Cile, la protesta degli studenti spiegata da un rettore

Intervista al professor Ignacio Sanchez Diaz, dell’Università Cattolica di Santiago

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ROMA, venerdì, 2 dicembre  2011 (ZENIT.org) – Da oltre sei mesi in Cile si verificano proteste studentesche. I vescovi cileni hanno dichiarato a novembre che la protesta degli studenti è una risposta ai modelli seguiti dal sistema economico internazionale il quale “favorisce modelli basati più sull’avidità e il guadagno illimitato che non sul servizio dello sviluppo integrale delle maggioranze”, quindi serve  “un concetto integrale di persona che possa permeare la proposta e ispirare tutta l’opera della comunità educativa”.

Per approfondire l’argomento, Zenit ha intervistato il rettore dell’Università Cattolica del Cile, Ignacio Sanchez Diaz, dopo la presentazione della rivista Humanitas in inglese avvenuta questa settimana nella Pontificia Commissione dell’America Latina.

Il rettore ha affermato che, malgrado il tema sia stato molto politicizzato, esiste davvero tra gli studenti un sentimento di frustrazione e malessere dovuto al fatto che, finiti gli studi, i giovani non riescono a trovare lavoro nel loro campo di specializzazione; per di più si trovano indebitati per il costo degli studi e le famiglie hanno la percezione che il loro sforzo sia servito a migliorare la situazione socioeconomica.

A ciò va aggiunto il fatto che i titoli di molte università sono considerati di scarso valore e quindi vengono emarginati dal mondo del lavoro. Dal punto di vista economico diversi passi in avanti sono stati fatti e la metà dei ragazzi con difficoltà economiche potranno avere borse di studio parziali.

Cosa sta succedendo da alcuni mesi con gli studenti nel Cile?

Prof. Sanchez: Si registra una grande frustrazione tra gli studenti perché mentre il sistema di istruzione superiore, universitario e tecnico professionale è cresciuto molto e velocemente negli ultimi anni, il sistema non ha potuto seguire bene questo sviluppo, per quanto riguarda la qualità e i finanziamenti. Quindi molti si sono indebitati fortemente per seguire gli studi.

Come mai si è arrivati a questa situazione?

Prof. Sanchez: Bisogna tenere conto che in venti anni si è quadruplicato il numero degli studenti nell’ambito dell’istruzione superiore. Il 70% di loro proviene da famiglie che, per prima volta, hanno accesso a questo tipo di studi. I loro genitori non hanno avuto una formazione universitaria e, con grande ottimismo e illusione, speravano che la laurea del figlio o figlia potesse cambiare la situazione familiare.

Quando finiscono gli studi, non riescono ad avere una migliore situazione socioeconomica?

Prof. Sanchez: Il sistema non ha nemmeno potuto assicurare l’impiego per coloro che finiscono gli studi superiori. È difficile che l’economia cresca tanto da poterli assumere. Quindi abbiamo visto la frustrazione degli studenti che, dopo tanto sforzo, si trovano di fronte ad una situazione di indebitamento, molte volte con titoli professionali considerati poco validi perché provenienti da università poco rinomate. Inoltre le università sono libere di dare il numero di posti che considerano opportuno ed è impressionante vedere centinaia di laureati in un settore nel quale il lavoro non c’è.

Dal punto di vista economico si è ottenuto qualcosa?

Prof. Sanchez: Si è chiesto al Governo un appoggio forte con borse di studio e gratuità per l’istruzione superiore. Il Cile può darle soltanto a una certa percentuale di persone, ma non a tutti. Quindi le borse andranno per quelli più bisognosi.

Si è avuta l’impressione che ci fosse una protesta anche politica…

Prof. Sanchez: Infatti, il movimento è stato abbastanza politicizzato nel suo interno e c’era da aspettarselo. Esiste una concezione ideologica della gratuità sia dell’istruzione che della salute e dei settori di base nella società. E su questo c’è stata molta polemica e mobilitazione studentesca.

Le proteste hanno causato problemi alle università?

Prof. Sanchez: Purtroppo molte istituzioni sono rimaste più di sei mesi paralizzate, con istituti presidiati e con il fermo totale dell’attività accademica: ciò danneggia molto sia l’istituzione che il loro prestigio e finanziamento.

I vescovi si sono espressi in un documento, vero?

Prof. Sanchez: Infatti, perché molte delle richieste erano economiche e questo non è sufficiente. Quello che abbiamo proposto dall’Università Cattolica sono tre punti più importanti perfino di quello economico: uno riguarda l’istruzione come sviluppo di base e completo della persona umana. Il secondo è il diritto alla libertà di insegnamento nei diversi ambiti: statale, religioso, eccetera. Il terzo intende garantire la qualità del prodotto, come si accredita una università, quali tipi di professori deve avere, i curricula e come questi studi si possono integrare.

Una protesta, quindi, che potrebbe sfociare in qualcosa di buono?

Prof. Sanchez: Siamo in attesa che si migliorino delle cose, anche se alcuni cambiamenti potranno richiedere qualche anno. Credo che il movimento studentesco debba portare pazienza, sapendo che le soluzioni non arrivano in un giorno. Infatti quando bisogna modificare delle leggi si impiegano tre o quattro anni.  Intanto nei prossimi anni saremmo impegnati a risolvere il problema.

Lei ha parlato di borse di studio per i meno abbienti…

Prof. Sanchez: Infatti ci saranno più borse di studio. Ora circa il 50% della popolazione meno ricca potrà usufruire di queste borse di studio. Probabilmente nei prossimi anni l’aiuto sarà incentivato, visto che oggi i sussidi non coprono tutte le spese ed esiste una spesa che lo studente dovrà pagare, indebitandosi, anche se le rate saranno più basse. Sui finanziamenti sono stati fatti passi avanti importanti.

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ZENIT Staff

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