di Nieves San Martín
BRUXELLES, giovedì, 27 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Il 21 ottobre si è svolto un interessante colloquio al Parlamento Europeo sul tema “La fragilità umana nella società europea contemporanea”. Organizzato dalla Federazione Europea delle Associazioni Mediche Cattoliche, ha affrontato il tema dal punto di vista non solo medico, ma anche filosofico, economico, sociale e antropologico.
L’incontro ha contato su una serie di oratori di grande qualità e su un pubblico molto attento, ha reso noto l’agenzia belga catho.be.
Il tema suscitava interesse nell’attuale situazione di crisi che vive l’Europa. Evocare la fragilità dell’uomo può essere un modo di cambiare direzione in un mondo che parla solo di sicurezza e successo personale.
Sull’onda della crisi finanziaria, che pone in evidenza la fragilità dell’attuale sistema bancario del vecchio continente, il tema aveva una risonanza particolare.
“Si riconoscono le fragilità economiche e finanziarie, mai la fragilità umana”, ha detto il dottor Xerri, primo e ultimo oratore della giornata.
“Il mondo moderno vive con il risentimento di essere nato”, ha osservato monsignor Ide, citando Hannah Arendt.
Sulla stessa linea, Dominique Lambert, docente di filosofia a Notre-Dame de Namur, ha parlato di un uomo “che sembra stanco di essere umano”. Per il dottor Bernard Ars è ancor peggiore un “rischio di deriva eugenetica di una medicina che non sarebbe più interessata alle fragilità”, “quando la consapevolezza della fragilità può aprire spazi liberatori”.
Si tratta quindi di una situazione lontana dal messaggio biblico ed evangelico, ricordato dal fratello gesuita Edouard Herr. Come ha constatato anche il professor De Woot, “il nostro modello economico attuale disumanizza le nostre società, e aumenta questa disumanizzazione in modo sistematico”.
Quando questo modello economico si applica ai servizi sanitari, si assiste a un abbandono progressivo dell’“assunzione della cura” per limitarsi a curare, ha spiegato dal canto suo il dottor Galichon, mentre questi due aspetti della medicina devono porsi in un continuum.
Malgrado questo panorama, il colloquio non ha avuto un’impronta pessimista. Era palpabile la fiducia nell’uomo e nel potere dei deboli. Quello dei neonati è il più evidente, ha ricordato il professor Le Pichon in un intervento che è stato il più commovente, con gli “istanti fragili” di Régis Defurnaux, una testimonianza sulle cure palliative nella casa San Francesco di Namur.
Esperto in geodinamica, il professor Xavier Le Pichon ha sottolineato l’importanza delle debolezze e delle imperfezioni in qualsiasi sistema vivo. Una società, ha aggiunto, è umana quando si occupa di coloro che soffrono.
A questo proposito, è stata sottolineata la storica scoperta della tomba di Shanidar, che permette ai paleoantropologi di affermare che gli uomini di Neanderthal, finora ritenuti pre-umani, si prendevano cura dei propri feriti.
“E’ l’incontro con l’uomo che soffre che costituisce l’umanità – ha spiegato il docente del Collegio di Francia –, e affrontando le fragilità l’uomo non smette di reinventare la propria umanità”.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]