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Ictus: le staminali del cordone ombelicale riparano l' 85% del tessuto cerebrale danneggiato
di Paolo De Lillo
ROMA, domenica, 23 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Anche se non ancora clinicamente disponibile per malattie del cervello, si prevede che la tecnologia delle cellule staminali del cordone ombelicale evolverà in uno dei più potenti strumenti per la gestione biologica di complessi disturbi del sistema nervoso centrale e periferico. Per molti di essi oggi le opzioni terapeutiche tradizionali risultano ancora limitate.
Tra essi l’ ictus è sicuramente la patologia con più avanzati studi sperimentali per l ‘ uso delle staminali cordonali. Nel numero del Maggio 2010 il Journal of Neuroscience Research ha pubblicato l’ importante ricerca del Dottor Christopher C. Leonardo e del suo team del Department of Molecular Pharmacology and Physiology, College of Medicine, presso la University of South Florida, a Tampa (USA), sotto la supervisione della Professoressa Alison E. Willing del Department of Neurosurgery, Center of Excellence for Aging and Brain Repair, uno dei più importanti centri al mondo per lo studio delle staminali del cordone ombelicale umano.
Essi hanno scoperto che la loro significativa efficacia nella terapia dell’ ictus è legata in gran parte alla capacità di inibire il reclutamento delle cellule pro-infiammatorie associate alla isolectina e di modificare la morfologia di quelle positive per il marker Cd11b, da un aspetto ameboide ad uno ramificato, meno attivo.
Ogni anno si verificano in Italia circa 196.000 casi, di cui circa il 20% è costituito da recidive (39.000). L’ictus è la terza causa di morte nel nostro Paese dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie, causando il 10%-12% di tutti i decessi per anno, la seconda nel Mondo Occidentale; rappresenta la principale causa d’invalidità e la seconda causa di demenza. Colpisce, sia pure in misura minore, anche individui giovani e si stima che ogni anno il numero di persone in età produttiva (<65 anni) colpite sia intorno a 27.000, tra cui diversi bambini.1
L’ ischemia cerebrale produce un’ onda iniziale di lesioni neurali a causa del crollo dei livelli energetici, risultante dal diminuito afflusso di ossigeno e nutrienti. Tuttavia la neuro-degenerazione è aumentata da una seconda risposta, ritardata, che coinvolge le cellule immunitarie e segnali che attivano la flogosi, ritardando l’ estendersi dei danni al sistema nervoso centrale, anche a distanza di diversi giorni.2
Mentre il cervello, nella situazione fisiologica, è generalmente impermeabile alle cellule immunitarie del sangue, dopo l’ ischemia avviene una loro infiltrazione per un’ alterazione della barriera emato-encefalica.
Innescano l’ infiammazione in sinergia con la microglia, macrofagi del cervello con caratteristiche simili a quelli periferici. In risposta ad un insulto vascolare modificano la propria morfologia da una forma ramificata, non attiva, ad una ameboide, associata ad uno stato dinamico, producendo citochine, che favoriscono l ‘ infiammazione. Inoltre uno studio ha dimostrato che la microglia costituisce la maggior parte dei monociti all’ interno del tessuto ischemico, suggerendo che i macrofagi periferici possano influenzare il suo comportamento.
Per tutti questi motivi nuove terapie indirizzate verso monociti periferici e le loro interazioni con la microglia possono rivelarsi utili nel trattamento della morte cellulare differita dopo un ictus.
Sperimentazioni recenti del Dipartiment of Molecular Pharmacology and Physiology del Dottor Leonardo hanno portato alla scoperta che la somministrazione sistemica ritardata delle staminali del cordone ombelicale riduce in modo consistente i danni della sostanza bianca del sistema nervoso centrale; risultato ottenuto dall’ equipe del Dottor Craig T. Ajmo, Jr.e apparso su Experimental Neurology nel Luglio 2009.3 Inoltre esse riducono il volume dell’ infarto e migliorano il recupero comportamentale nei ratti dopo occlusione dell’ arteria cerebrale media.4 5
L’ efficacia del trattamento ritardato dell’ ictus con le staminali cordonali è attribuito alle azioni combinate antinfiammatorie e protettive, nonché alla riduzione dei linfociti B e dei monociti e macrofagi caratterizzati dal marker CD11b. Queste ultime aumentano il legame con la isolectina IB4 nel cervello danneggiato, suggerendo che ciò avviene nelle cellule pro-infiammatorie.6
Con la sua nuova sperimentazione Leonardo giunge alla conclusione che le staminali del cordone ombelicale, trapiantate dopo alcuni giorni dall’ infarto cerebrale, si dirigono preferenzialmente verso le cellule che attivano la flogosi e quindi riducono il loro reclutamento.
I topi da esperimento sono stati sottoposti a legatura dell’ arteria cerebrale media a livello del Circolo di Willis ed all’ infusione di 1 milione di staminali cordonali.
Nei controlli, non trattati, dopo 96 ore ore le cellule della microglia ed i macrofagi CD11b migrano in gran numero nel corpo striato, vicino al corpo calloso e al ventricolo laterale, le aree maggiormente colpite dall’ ischemia, spostandosi attraverso arterie collaterali e la sostanza bianca vicina; mentre nei primi due giorni erano rimaste in gran parte all’ interno dei vasi sanguigni. Inoltre si ingrandiscono e modificano la loro forma in ameboide, con ampie protuberanze in movimento; cambiamento associato ad un aumento d’ attività.
Contemporaneamente nei topi, che non hanno ricevuto le staminali cordonali, è stato rilevato un significativo aumento della presenza di cellule associate alla lectina, con le stesse caratteristiche delle precedenti. L’ unica differenza risiede in una loro maggiore concentrazione nella sostanza bianca del corpo calloso e lungo tutta la regione peri-ventricolare nello stesso emisfero, dove è stata realizzata l’ occlusione dell’ arteria, formando un fascio continuo, che può essere tracciato dai vasi fino alla base del cervello. I legami con la lectina aumentano del 66% sulla superficie di queste cellule tra la cinquantunesima e la settantaduesima ora.
Inoltre esse esprimono in misura elevata la MMP-3, la metallo-peptidasi 3 della matrice, ben nota per contribuire alla patologia ischemica. Questa proteasi degrada i costituenti della membrana basale, causando perdite di sangue attraverso la barriera emato-encefalica del cervello e aumentando l’ invasione dei globuli bianchi provenienti dal sistema vascolare. Un meccanismo simile si verifica nei confronti dell’ ossido nitrico (NO), importante marker della flogosi, per mezzo di una sovra-regolazione.
Questi risultati confermano che le cellule CD11b e quelle positive all’ isolectina, partecipano alla risposta immunitaria ritardata dell’ ictus, oltre ad esprimere markers per la neuro-infiammazione in vivo ed in vitro.7
Ben diversa la situazione negli animali da esperimento trapiantati con staminali del cordone ombelicale: dopo 51 ore, nelle aree vicine al ventricolo laterale, si realizza un blocco della trasformazione morfologica delle cellule CD11b, che sono inattivate o presentano uno stadio intermedio. In aggiunta risultano qui meno numerose, mentre nel nucleo striato non presentano differenze rispetto ai controlli. Le cellule positive alla isolectina rimangono in gran parte all’ interno dei vasi sanguigni, mentre sono molto poche quelle presenti nella sostanza bianca peri-ventricolare e nella zona che circonda l’ ictus. Esse si riducono ulteriormente nelle 24 ore successive e diminuisce il volume di cervello infiltrato, limitandosi allo striato con pochi elementi.
L’ infusione endovenosa di staminali cordonali abolisce quasi del tutto la risposta delle cellule immunitarie alla settantaduesima ora dalla legatura dell’ arteria cerebrale media. Contemporaneamente, in contrasto con quanto osservato il giorno precedente, le cellule CD11b diminuiscono fortemente nell’ area dell’ infarto dello striato, che risulta quasi
priva delle cellule positive alla lectina.
La somministrazione posticipata di staminali del cordone ombelicale permette loro di agire con la massima forza nel momento in cui si stanno per manifestare le disfunzioni neurali ed infiammatorie più gravi.7
In passato si riteneva che, già dalle prime ore dopo l’ ictus, i neuroni disfunzionali fossero irrecuperabili, avendo espresso markers per l’ apoptosi, come la scissione della caspasi-3 e la colorazione TUNEL. Invece ricerche proprio della University of South Florida hanno dimostrato che questi danni sono reversibili con trattamenti somministrati anche fino a 48 ore dopo l’ occlusione dell’ arteria cerebrale mediana.8
La scoperta più rilevante di questa sperimentazione: la terapia con staminali cordonali permette una significativa riduzione del volume di questo tipo d’ infarto cerebrale fino al 85%, singolarmente lo stesso ottimo risultato che si è ottenuto con altri trattamenti, che agiscono anch’essi sulla risposta immunitaria, ma comportando un’ invasività ed effetti collaterali enormemente più gravi, come la splenectomia.4Questa eccezionale scoperta comporta anche che il nucleo necrotico dell’ ictus, che si forma nelle prime ore successive all’ evento, risulta più piccolo di quanto pensassero gli scienziati, interessando solo il 15% del volume complessivo del tessuto danneggiato.
Fin dalle prime ore dopo il trapianto le staminali cordonali iniziano a modificare le capacità di migrazione e di legare la lectina nelle cellule immuni infiltranti, che favoriscono la flogosi. Tuttavia, rispetto ai soggetti non trattati, in questa prima fase la loro concentrazione non si modifica nelle aree ischemiche, con la presenza di grappoli di cellule lungo le vie di migrazione, che partono dai vasi sanguigni collaterali alla base del cervello e dalla sostanza bianca del corpo calloso, in direzione dello striato. In questa struttura vi sono ancora molte cellule associate alla lectina, ma esse sono diventate già molto rare nelle regioni che circondano l’ ictus, per ridursi praticamente a zero a 72 ore dall’ inizio della terapia.
L’ infusione delle staminali del cordone ombelicale attenua l’ entità della risposta immunitaria e determina il cambiamento morfologico delle cellule che esprimono il CD11b dopo 51 ore.7
In precedenza nel 2006 sperimentazioni su questo stesso tema scientifico sono stati effettuate dalla Dottoressa Jennifer D. Newcomb e dagli scienziati del Center of Excellence for Aging and Brain Repair, anch’essi nel College of Medicine presso la University of South Florida. La loro ricerca, apparsa sulla rivista scientifica Cell Transpantation, già dimostrava che le staminali del cordone ombelicale umano potessero proteggere il sistema nervoso centrale da un’ ischemia focale, se somministrate a 48 ore dall’ occlusione dell’ arteria cerebrale media, ma non ancora dagli effetti patologici tardivi dopo 72 ore.
Anche in questo caso gli animali da esperimento evidenziavano un buon recupero comportamentale e fisiologico. Molti dei neuroni del nucleo ischemico erano stati riparati e salvati grazie alle staminali cordonali, dimostrando che la morte cellulare per apoptosi aveva un ruolo preminente nell’ ictus, rispetto ad un meccanismo necrotico, pur presente.
Come i suoi colleghi del Department of Molecular Pharmacology and Physiology, la Dotteressa Newcomb osservava una diminuzione od un’ assenza dell’ infiltrazione di neutrofili e monociti, nonché dell’ attivazione di astrociti e microglia nel parenchima dei soggetti trattati con staminali cordonali.4
Futuri studi dovranno stabilire i meccanismi con cui esse si interpongono tra i si segnali di attivazione infiammatoria e le cellule associate alla lectina e che esprimono il CD11b, come anche l’ intervallo di tempo ottimale dall’ evento vascolare, dopo il quale effettuare il trapianto.
Queste sperimentazioni della University of South Florida, coronate da successi, come molte altre in questo settore della terapia cellulare per l’ ictus, potrebbe offrire ai medici un forte incoraggiamento a iniziare trials clinici sull’ uomo, grazie anche ad una finestra temporale efficace più ampia per il trapianto delle staminali del cordone ombelicale umano.
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1) Donnan GA, Fisher M, Macleod M, Davis SM (May 2008). “Stroke”.Lancet 371 (9624): 1612–23.
2) Offner H, Subramanian S, Parker SM, Afentoulis ME, Vandenbark AA, Hurn PD. Experimental stroke induces massive, rapid activation of the peripheral immune system. J Cereb Blood Flow Metab. 2006;26(5):654–665.
3) Ajmo CT, Jr, Vernon DO, Collier L, Hall AA, Garbuzova-Davis S, Willing A, Pennypacker KR. The spleen contributes to stroke-induced neurodegeneration. J Neurosci Res.2008;86(10):2227–2234.
4) Newcomb JD, Ajmo CT, Sanberg CD, Sanberg PR, Pennypacker KR, Willing AE. Timing of cord blood treatment after experimental stroke determine therapeutic efficacy. . Cell Transplant.2006;15(3):213–223.
5) Vendrame M, Cassady CJ, Newcomb J, Butler T, Pennypacker KR, Zigova T, Davis Sanberg C, Sanberg PR, AEW Infusion of human umbilical cord blood cells in a rat model of stroke dose-dependently rescues behavioral deficits and reduces infarct volume. Stroke.2004;35:2390–2395.
6) Matsumoto H, Kumon Y, Watanabe H, Ohnishi T, Shudou M, Ii C, Takahashi H, Imai Y, Tanaka J. Antibodies to CD11b, CD68, and lectin label neutrophils rather than microglia in traumatic and ischemic brain lesions. J Neurosci Res. 2007.
7) Leonardo CC, Hall AA, Collier LA, Ajmo CT Jr, Willing AE, Pennypacker KR. – Human umbilical cord blood cell therapy blocks themorphological change and recruitment of CD11b-expressing,isolectin-binding proinflammatory cells after middle cerebral artery occlusion – J Neurosci Res. 2010 May 1;88(6):1213-22.
8) Ajmo C, Jr, Vernon D, Collier L, Pennypacker K, Cuevas J. Sigma receptor activation reduces infarct size at 24 hours after permanent middle cerebral artery occlusion in rats. Cur Neurovascular Res. 2006;3(2):89–98.