Europa: la Corte di Giustizia difende l'embrione umano dal concepimento

Storica sentenza in un caso di brevetti biotecnologici

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LUSSEMBURGO, giovedì, 20 ottobre 2011 (ZENIT.org).- La Corte di Giustizia europea, con sede a Lussemburgo, ha emesso una sentenza storica a favore della dignità dell’embrione umano fin dal concepimento.

La sentenza dichiara che un’invenzione biotecnologica non deve essere protetta giuridicamente quando per il suo procedimento sia stata richiesta la previa distruzione di embrioni umani o il loro uso come materiali di base.

In definitiva, non potrà essere soggetto a brevetto un procedimento che implichi l’estrazione di una cellula staminale da un embrione umano, neanche allo stadio di blastocito (cellula embrionale non differenziata), visto che questa procedura implica la distruzione dell’embrione.

Il caso che ha dato luogo alla sentenza è derivato dalla decisione del Tribunale Federale di Giustizia della Germania, su istanza dell’organizzazione ecologista Greenpeace, si sottoporre il brevetto sviluppato da Oliver Brüstle nel 1997 alla Corte Europea, perché fosse questa a interpretare l’espressione “embrione umano” alla quale si riferisce l’art. 6 (2) (c) della Direttiva dell’Unione Europea 98/44/EC sulla Protezione Giuridica delle Invenzioni Biotecnologiche.

La sentenza della Corte di Lussemburgo si è pronunciata nel senso che la Direttiva difende tutti gli stadi della vita umana, escludendo l’embrione umano dalla protezione dei brevetti.

Si fornisce così una corretta definizione di “embrione umano” come “organismo capace di iniziare lo sviluppo di un essere umano”, sia esso il risultato della fecondazione o il prodotto di una clonazione.

In concreto, si conferma che la legislazione europea relativa alla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche deve essere interpretata nel senso che costituisce un “embrione umano” ogni ovulo umano a partire dallo stadio della fecondazione, ogni ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e ogni ovulo umano non fecondato stimolato per dividersi e svilupparsi mediante partenogenesi (riproduzione basata sullo sviluppo di cellule sessuali femminili non fecondate).

La sentenza, inoltre, esclude che possa essere brevettata un’invenzione che abbia implicato la distruzione previa di embrioni umani o il loro utilizzo come “materia prima”, qualunque sia lo stadio in cui questi vengono usati.

L’associazione spagnola “Profesionales por la Ética” ha lodato la decisione “nella convinzione che la difesa della vita umana richieda, nel contesto delle attuali ricerche biotecnologiche, una definizione ampia di ciò che deve intendersi per embrione umano”.

In questo modo, ha aggiunto, “si rafforza il carattere etico di queste ricerche e, in definitiva, la migliore e più efficace opzione per le cellule staminali adulte”.

Per l’associazione, “la negazione del brevetto alla ricerca con cellule embrionali in Europa fa sì che, a partire da questa sentenza storica, questa linea di ricerca risulti molto meno attraente dal punto di vista degli interessi finanziari che, in buona misura, la sostenevano”.

Per ulteriori informazioni, http://www.profesionalesetica.org/.

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ZENIT Staff

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