L'uomo è l'autoritratto di Dio

Vangelo della XXIX Domenica del Tempo Ordinario

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, venerdì, 14 ottobre 2011 (ZENIT.org).- “In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.

Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: ‘Maestro, sappiamo che tu sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito o no pagare il tributo a Cesare?’.

Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: ‘Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo’. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: ‘Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?’. Gli risposero: ‘Di Cesare’. Allora disse loro: ‘Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio’”.(Mt 22,15-21)

Al tempo di Gesù le monete erano espressione della situazione politica e militare: nella nazione di Israele, sottomessa ai Romani, la circolazione della valuta con l’immagine di Cesare ne era l’umiliante evidenza.

Ma il fatto che la tassa del tempio doveva essere pagata nella propria valuta, mostrava che, in cuor suo, Israele non poteva accettare nessun dominio straniero, in forza del vincolo profondo di fedeltà e di appartenenza al “Signore degli eserciti”, la cui volontà irrevocabile era: “Voi sarete il mio popolo ed io sarò il vostro Dio” (Lv 26,12).

Tale formula di alleanza era molto più di un patto estrinseco reciproco; infatti, in base alla sua elezione particolare, Israele sapeva di essere come un figlio per il Signore, che aveva comandato a Mosè: “Allora tu dirai al faraone: “Così dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito..” (Es 4,22).

Qui Dio già si rivela Padre. Il testo non orienta solamente all’incarnazione del Suo Verbo (Mt 2,15: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio”), ma costituisce anche come un’eco “evangelica” di Gen 1,27: “E Dio creò l’uomo a sua immagine”, parole che annunciano la somiglianza di ogni uomo con Dio fin dal concepimento, cioè dal primo momento della sua creazione divina. 

Del resto, anche prescindendo dalla Storia Sacra, comprendiamo subito che la figliolanza implica la somiglianza. Quanto spesso ci capita di guardare il volto di un bambino esclamando con ammirato stupore: “è il ritratto di suo padre”!

Un ritratto davvero prodigioso quello che si chiama uomo, e che Dio comincia a dipingere sin dal primo istante di ogni singola vita per mezzo di molte migliaia di pennelli nuovi. Tali sono i geni assemblati nel DNA, “intinti” (per così dire) nell’infinita gamma dei colori dello Spirito Creatore.

Ora, secondo Gen 1,26 (1,27; 5,1.3; 9,6), l’uomo è il  ritratto vivente di Dio stesso. Infatti, la parola “immagine”, che troviamo in questi testi, ha proprio il significato concreto di “ritratto”.

Qui non si vuole indicare un modello umano ideale e perfetto che sta di fronte al pennello (o allo scalpello) di Dio, ma affermare che Dio ha creato l’uomo guardando Se stesso come modello: un “autoritratto”.

Solo la rivelazione di quest’altissima “concezione” che Dio ha della creatura umana, ci permette di conoscere la verità tutta intera del preziosissimo valore della vita e di rispettarne incondizionatamente l’immensa dignità.

Paolo porta a pienezza tale rivelazione biblica affermando che la somiglianza divina è per l’uomo dono e compito: “vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato” (Col 3,9-10).

L’apostolo fa intendere che il dinamismo trasformante di tale somiglianza con Dio-Amore è opera della comunione vitale con Cristo morto e risuscitato, come aveva detto Gesù stesso con impressionante realismo: “Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non ha la vita eterna” (Gv 6,51s).

Comunione che riguarda profondamente la coscienza, il cuore dell’uomo, e che è operata dall’Eucaristia, la quale è il cuore nuovo di Cristo morto e risuscitato.  

Alcune considerazioni sulla santa Messa ci aiutano qui a comprendere l’ineffabile.

La Messaè sacrificio, e l’idea di sacrificio è questa: riconoscere che la vita è dono di Dio e cercare di offrirla a Lui. Nell’Offertorio della Messa, noi offriamo noi stessi a Dio. Non potendo deporre fisicamente la nostra persona, prendiamo dei simboli – pane e vino – e li deponiamo sull’altare.

Pane e vino, di loro natura, sono elementi pressoché insignificanti, ma il significato lo mettiamo noi offrendo le nostre persone per mezzo loro, e così il nostro io, il nostro cuore, è reso presente sull’altare mediante il servizio sacerdotale.

Il sacerdote si fa poi supplica di tutti coloro che si offrono, dicendo: “Umili e pentiti accoglici, Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinnanzi a te”.

Alla Consacrazione accade il mutamento miracoloso della sostanza: il pane e il vino (in cui noi ‘siamo’ in virtù dell’offerta fatta) diventano il Corpo e il Sangue di Cristo, la sua Persona.

A questo punto, ognuno è profondamente coinvolto nella trasformazione eucaristica (“transustanziazione”), alla quale partecipa realmente in virtù della fede della Chiesa.

Quando il sacerdote eleva l’Ostia (divenuta Corpo di Cristo) e il Calice (divenuto Sangue di Cristo), in quel Corpo e in quel Sangue ci sono anch’io, con la mia vita che ho offerta, cioè con la mia persona che ho voluto consegnare per Gesù, come Gesù si è consegnato per me (Gal 2,20).

In tale misteriosa, sponsale intimità, l’ autoritratto divino che io sono e che il mio peccato ha deturpato nel tempo, viene progressivamente restaurato fino alla perfetta somiglianza con l’Immagine originale, secondo il comando e il progetto del Signore: “Rendete a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21).

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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