Il Papa: Dio fa meraviglie nella storia degli uomini

Esorta ad essere aperti alla speranza e saldi nella fede

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CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 12 ottobre 2011 (ZENIT.org).- Continuando il ciclo di catechesi sulla preghiera, Papa Benedetto XVI ha dedicato l’Udienza generale di questo mercoledì a riflettere sul Salmo 126, “un Salmo dalle note festose, una preghiera che, nella gioia, canta le meraviglie di Dio” e “celebra le grandi cose che il Signore ha operato con il suo popolo e che continuamente opera con ogni credente”.

“Il Salmo parla di una ‘sorte ristabilita’, cioè restituita allo stato originario, in tutta la sua precedente positività. Si parte, cioè, da una situazione di sofferenza e di bisogno a cui Dio risponde operando salvezza e riportando l’orante alla condizione di prima, anzi arricchita e cambiata in meglio”.

Il testo, ha spiegato il Papa, deve essere interpretato “in riferimento alla fine della deportazione in terra straniera”, come un “far tornare i prigionieri di Sion”.

“In effetti, il ritorno dall’esilio è paradigma di ogni intervento divino di salvezza perché la caduta di Gerusalemme e la deportazione a Babilonia sono state un’esperienza devastante per il popolo eletto, non solo sul piano politico e sociale, ma anche e soprattutto sul piano religioso e spirituale”, ha osservato.

“La perdita della terra, la fine della monarchia davidica e la distruzione del Tempio appaiono come una smentita delle promesse divine, e il popolo dell’alleanza, disperso tra i pagani, si interroga dolorosamente su un Dio che sembra averlo abbandonato”.

Per questo, “la fine della deportazione e il ritorno in patria sono sperimentati come un meraviglioso ritorno alla fede, alla fiducia, alla comunione con il Signore; è un ‘ristabilimento della sorte’ che implica anche conversione del cuore, perdono, ritrovata amicizia con Dio, consapevolezza della sua misericordia e rinnovata possibilità di lodarLo”.

“Dio fa meraviglie nella storia degli uomini”, ha dichiarato il Papa. “Operando la salvezza, si rivela a tutti come Signore potente e misericordioso, rifugio dell’oppresso, che non dimentica il grido dei poveri, che ama la giustizia e il diritto e del cui amore è piena la terra”.

“Nella nostra preghiera”, ha indicato il Santo Padre, “dovremmo guardare più spesso a come, nelle vicende della nostra vita, il Signore ci ha protetti, guidati, aiutati e lodarlo per quanto ha fatto e fa per noi”.

“Dobbiamo essere più attenti alle cose buone che il Signore ci dà”, ha avvertito, segnalando che “siamo sempre attenti ai problemi, alle difficoltà e quasi non vogliamo percepire che ci sono cose belle che vengono dal Signore”.

Per il Papa, il Salmo 126 “insegna che, nella nostra preghiera, dobbiamo rimanere sempre aperti alla speranza e saldi nella fede in Dio”.

“La nostra storia, anche se segnata spesso da dolore, da incertezze, da momenti di crisi, è una storia di salvezza e di ‘ristabilimento delle sorti’. In Gesù, ogni nostro esilio finisce, e ogni lacrima è asciugata, nel mistero della sua Croce, della morte trasformata in vita”.

“Ma come coloro che – ritornati da Babilonia pieni di gioia – hanno trovato una terra impoverita, devastata”, “e hanno sofferto piangendo non sapendo se realmente alla fine ci sarebbe stata la raccolta”, ha osservato il Papa, “così anche noi, dopo la grande scoperta di Gesù Cristo”, “troviamo anche spesso una vita buia, dura, difficile, una seminagione con lacrime, ma sicuri che la luce di Cristo ci dona, alla fine, realmente, la grande raccolta”.

“Dobbiamo imparare questo anche nelle notti buie – ha indicato –; non dimenticare che la luce c’è, che Dio è già in mezzo alla nostra vita e che possiamo seminare con la grande fiducia che il ‘sì’ di Dio è più forte di tutti noi”.

“E’ importante non perdere questo ricordo della presenza di Dio nella nostra vita, questa gioia profonda che Dio è entrato nella nostra vita, liberandoci: è la gratitudine per la scoperta di Gesù Cristo, che è venuto da noi”.

“E questa gratitudine – ha concluso – si trasforma in speranza, è stella della speranza che ci dà la fiducia, è la luce, perché proprio i dolori della seminagione sono l’inizio della nuova vita, della grande e definitiva gioia di Dio”.

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ZENIT Staff

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