ROMA, giovedì, 6 ottobre 2011 (ZENIT.org).- C’è un angolo di Iraq in cui i cristiani sono triplicati negli ultimi quindici anni, sostiene un Vescovo alle prese con un consistente afflusso di persone che sfuggono a persecuzione e oppressione.
I cristiani di Ankawa, un sobborgo della capitale curda Erbil, sono passati da più di 8.500 alla metà degli anni Novanta agli oltre 25.500 di oggi. Di questi, 1.500 sono arrivati nel corso dell’ultimo anno.
Molti di loro sono fuggiti dopo l’attacco del 31 ottobre 2010 alla Cattedrale siro-cattolica di Baghdad, nel quale 58 persone sono state uccise e più di 70 sono rimaste ferite in un attacco durante la Messa della domenica sera.
I cristiani che arrivano ad Ankawa giungono non solo dalla capitale irachena, ma da tutto il Paese: Mosul a nord, Kirkuk a nord-est, e perfino Basra, nell’estremo sud, lontana centinaia di chilometri.
L’Arcivescovo Bashar Warda di Erbil ha commentato con l’associazione caritativa cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) la grande sfida di aiutare quanti arrivano ad Ankawa.
“Molti cristiani arrivano ad Ankawa molto poveri. Hanno bisogno di lavoro, assistenza sanitaria e alloggi”, ha affermato, indicando che molti sono attirati dalla relativa sicurezza del nord curdo e si recano ad Ankawa per i tanti cristiani che vi abitano.
“La gente chiede molto alla Chiesa”, ha aggiunto. “Stiamo facendo del nostro meglio per aiutarli. Sono il nostro popolo amato e aiutarli è la nostra missione, ma a volte la pressione è molto forte”.
Molti cristiani che arrivano ad Ankawa, ha rilevato l’Arcivescovo, la vedono come una tappa in vista di un’eventuale emigrazione verso Turchia, Libano o Giordania.
Negli ultimi dieci anni, i cristiani in Iraq sono diminuiti drasticamente, passando da 800.000 a 150.000. Molti sono fuggiti a seguito di una serie di omicidi, rapimenti, violenze fisiche e verbali, attacchi a negozi e case dei cristiani.
L’Arcivescovo Warda ha anche sottolineato come la Chiesa voglia incoraggiare i cristiani a rimanere in Iraq.
“E’ desiderio di ciascuno che la gente resti nel nostro Paese”, ha commentato. “Tutti i nostri sforzi e le nostre strategie sono volti a ridurre il fenomeno dell’emigrazione”.
Descrivendo i fedeli come “molto saldi nella fede”, il presule ha ricordato l’esigenza pastorale di far fronte a una situazione che vede pochissime chiese e una grande carenza di sacerdoti e catechisti.
“Al momento abbiamo solo tre chiese nella zona di Ankawa”, ha indicato. “A volte le chiese sono così piene che la gente è costretta a restare fuori”.
Per questa ragione, l’Arcivescovo vorrebbe una nuova chiesa ad Ankawa, città nella quale Aiuto alla Chiesa che Soffre ha aiutato a evacuare i seminaristi che studiavano nel distretto di Dora a Baghdad, flagellato da omicidi e rapimenti di cristiani avvenuti tra il 2004 e il 2007. Ad Ankawa, i seminaristi hanno vissuto per un certo periodo in alloggi metallici.
ACS ha anche assicurato sostegno per i sacerdoti, materiale educativo e risorse alimentari per le famiglie cristiane, fornite dalle suore che viaggiano di villaggio in villaggio.
“I benefattori ci ricordano che non siamo dimenticati”, ha detto l’Arcivescovo lodando l’associazione caritativa quando ha partecipato come ospite speciale al lancio in Gran Bretagna e in Irlanda dell’edizione 2011 della pubblicazione “Perseguitati e Dimenticati?” di ACS sui cristiani oppressi.
“Meritano un grande grazie per il loro splendido operato, pensando, pregando e agendo a nostro sostegno con grande premura”.