di padre John Flynn, LC

ROMA, domenica, 12 giugno 2011 (ZENIT.org).- A fronte dell’immagine di una religione che viene spesso dipinta come un fenomeno dannoso o malsano per la società moderna, il cardinale Francis George, di Chicago, ha scritto un libro in cui sostiene fortemente che la religione può contribuire in modo unico al bene comune.

Nel libro, dal titolo “God in Action: How Faith in God Can Address the Challenges of the World” (Doubleday), pubblicato a maggio, l’autore chiarisce subito di non parlare della religione come una struttura che influenza il pensiero e il comportamento della gente, o come di una filosofia di vita.

Il libro è invece un tentativo di comprendere come Dio agisce nel nostro tempo. In altre parole, è un tentativo di seguire la raccomandazione del Concilio Vaticano II, di leggere “i segni dei tempi”.

Poiché l’autonomia dell’individuo è assurta a valore dominante e il progresso si è sostituito alla provvidenza, il ruolo di Dio è sostanzialmente venuto meno nella coscienza comune, secondo il cardinale George.

Egli spiega inoltre che la tendenza filosofica moderna che esalta la volontà rispetto alla ragione, ha influenzato in modo di reagire di fronte a situazioni in cui la volontà di Dio contrasta con i nostri desideri. Invece di vedere l’obbedienza alla volontà di Dio come il cammino per la nostra santità e la nostra felicità, la sottomissione a Dio viene considerata come una condizione di asservimento ad un potere arbitrario.

A partire dal XVII e XVIII secolo, i pensatori moderni hanno iniziato a ridurre Dio alla mera causa primordiale che non svolge alcun ruolo vitale nella società. In questo modo, la religione diventa una questione privata, senza alcun valore normativo.

Una volta iniziato questo cammino, vi è stato un inevitabile scivolamento verso il deismo, in cui Dio è ridotto a un simbolo vuoto. Da lì, come hanno fatto Feuerbach, Marx e Freud, il passo a considerare Dio come un ostacolo allo sviluppo umano è breve.


“Presto o tardi, coloro che sono convinti di essere pienamente liberi di determinare, senza Dio, la propria identità e le proprie azioni, arriveranno a negare la sua esistenza”, afferma il cardinale George.

Libertà

L’autore prosegue chiedendosi come sia possibile ritenere che l’azione di Dio rafforzi la libertà umana invece di pregiudicarla.

Riprendendo il pensiero di Tommaso d’Aquino, il cardinale George spiega che Dio non solo ha creato, ma continua a sostenere la sua creazione. Inoltre, le creature agiscono in un modo particolare perché Dio ha dato loro una natura particolare.

Un’azione libera, il cui fine è consono alla natura umana, è esercitata sotto la provvidenza di Dio, per quanto superficiale o profonda tale azione sia. Sotto questo profilo, l’influenza di Dio non si colloca al di fuori della struttura delle nostre azioni; non è un’imposizione che restringe la nostra libertà.

Per contro, un’azione il cui fine è contrario al bene della nostra natura umana non è un’azione autenticamente libera, in quanto, secondo San Tommaso, la libertà è preordinata al bene.

Il cardinale George invita, poi, a vedere Dio come un amico della libertà umana, attraverso una riscoperta della prospettiva biblica di un Dio che parla e che agisce. Un Dio che si è incarnato in Gesù, nella cui persona hanno agito unitariamente due volontà: quella divina e quella umana.

“La libertà umana di Gesù, correttamente ordinata, non è un ostacolo alla libertà divina, ma ne è un’icona”, afferma l’autore.

Dopo questa affermazione iniziale, il cardinale George sviluppa il suo libro dedicando un capitolo a ciascuna considerazione, per esplorare il ruolo che Dio svolge nella società, nella ricerca della verità, nel corpo umano, e nei settori dell’economia e delle relazioni internazionali.

Nel capitolo sulla libertà e la verità egli sottolinea che Dio agisce liberamente nel creare gli uomini e le donne. A loro volta, gli esseri umani partecipano a questo dono attraverso la loro libertà. Se, tuttavia, essi si lasciano intrappolare nella falsità, le loro azioni non saranno di collaborazione con Dio che è la verità.

Verità

Secondo il cardinale George, esiste un senso della persona, fondato sia sulla fede che sulla ragione, che contrasta con la concezione di persona come soggetto autonomo e autodefinito da scelte fondate solo sul desiderio individuale.

La scienza e la tecnologia ci possono dare risposte a molte questioni, ma noi abbiamo bisogno anche di acquisire una conoscenza di noi stessi, ponendoci domande come: Chi sono io? Cosa devo fare? Le risposte a queste domande non possono essere dedotte dalle leggi della fisica, ma devono venire da una fonte spirituale governata e perfezionata dalla verità.

In quella fonte spirituale, prosegue l’autore, troviamo una verità che ci convince e che ci apre a noi stessi, agli altri e al mondo.

“La nostra dignità di persone si radica nella libertà che è immagine di Dio e che giunge alla nostra coscienza attraverso la ragione naturale e attraverso l’autorivelazione di Dio”, afferma.

Purtroppo – prosegue – nella decisione della Corte suprema sul caso Planned Parenthood contro Casey, che ha stabilito il diritto costituzionale all’aborto, i giudici hanno affermato che l’essenza della genitorialità consiste nella capacità di controllare e definire da sé il significato e lo scopo della vita.

Questo passaggio eleva a rango di legge l’idea della libertà come svincolata da ogni rapporto. “Una libertà svincolata dalla verità delle cose”, osserva il cardinale.

Recuperare questa verità è essenziale per poter affrontare le sfide poste da molte questioni di bioetica, asserisce in un altro capitolo.

Non possiamo pensare di svolgere una conversazione sulla dignità umana se il punto di partenza è una visione della persona come mero insieme di geni.

Dobbiamo invece considerare la dignità umana come una proprietà inalienabile della natura umana. La dignità è ulteriormente rafforzata dalla concezione dell’uomo come destinatario dei doni di Dio della salvezza e della vita in lui.

Economia

La separazione della fede dagli ambiti della vita ordinaria non è un problema nuovo per i cristiani, osserva il cardinale George all’inizio del capitolo sull’economia.

Se dovessimo vedere il lavoro come una vocazione, allora questo può diventare un modo per seguire il cammino di santificazione personale e per aiutare gli altri a percorrerlo. In questo senso il lavoro è ben più del mero adempimento degli standard e dei protocolli di un’impresa.

Il lavoro si svolge in una comunità di persone e serve alla comunità, sostiene il cardinale. Le persone si riuniscono per svolgere un servizio alla società. Il mercato fornisce molte occasioni di creatività e produttività e di generazione di ricchezza. Questo è un bene – ammette – ma esiste anche un altro ordine di importanza.

I manuali di economia insegnano che le imprese migliori sono quelle che rispettano e si prendono cura dei propri dipendenti, osserva. Questo è, tuttavia, riflesso di una verità più profonda, ovvero che noi siamo stati creati da Dio come degli esseri sociali.

È sbagliato interpretare il libro della Genesi considerando il lavoro come una maledizione. Secondo il cardinale George, invece, il lavoro è un’attività creativa, ad imitazione dell’attività creativa di Dio. Per un credente, quindi, lavorare significa partecipare al piano di Dio per il mondo.

“Il lavoro fa parte del nostro essere creature di Dio: lavorare in linea con i suoi obiettivi e stabilire obiettivi per ottenere il bene per noi stessi e per gli altri”, spiega il cardinale.

La recente crisi finanziaria ha portato alcune persone religiose a parlare come se ci fosse qualcosa di sbagliato nella ricerca del profitto. Questo è sbagliato – sostiene il cardinale George – poiché, quando un’impresa genera profitto, significa che ha utilizzato correttamente le sue risorse e che i bisogni degli uomini sono stati soddisfatti.

Ciò nonostante, il profitto non può essere l’unico criterio per valutare lo stato di un’azienda. È possibile che i suoi conti siano in ordine, ma che allo stesso tempo le persone che compongono la comunità dei lavoratori sia stata umiliata e offesa.

Dio non ci impone delle scelte negli ambiti sociale, economico e politico, ma nella nostra vita l’attività umana più importante è quella di individuare la volontà di Dio, conclude il cardinale George. Una sollecitazione puntuale in un’epoca in cui la gente troppo spesso pone se stessa al centro dell’attenzione.