DAMASCO, giovedì, 9 giugno 2011 (ZENIT.org).- I gesuiti che si trovano in Siria hanno espresso il proprio dolore per gli scontri che scuotono il Paese, e hanno sottolineato l'importanza del dialogo e dell'unità nazionale in una dichiarazione diffusa venerdì scorso a Damasco, dopo essersi riuniti per pregare e meditare sugli eventi recenti.

“Di fronte a questi avvenimenti sanguinosi, la cui intensità e gravità aumentano settimana dopo settimana provocando lo spargimento di sangue innocente, non responsabile del conflitto in corso, ci troviamo obbligati a lanciare un allarme che interpelli le coscienze di tutti i nostri concittadini di qualunque tendenza siano”, segnala il testo, frutto della loro preghiera.

“Per noi, in quanto cristiani, l’unità nazionale è da considerarsi, in questa società, come una condizione di vita: perderla sarebbe per noi morte nell’irrigidimento e nella frantumazione”, confessano i gesuiti.

“Di qui il nostro desiderio di giocare un ruolo che ci metta in grado di rafforzare tale unità nazionale attivando i valori che consideriamo essenziali”.

Quanto al dialogo, indicano che deve essere “serio tra tutte le parti in causa” e che ciascuno deve prendere in considerazione le idee dell'altro.

Un'opinione pubblica moderata, aggiungono, è una condizione essenziale per una riforma di successo.

I religiosi invitano poi tutti a rifiutare la violenza, segnalando in particolare che quanti usano legalmente la forza devono rispettare pienamente la dignità di ogni persona.

“E' dovere del credente proporsi, in ogni dimensione della vita sociale, tanto a casa come per strada o a lavoro, come elemento efficace per la realizzazione dell’unità nazionale – afferma il testo –. Ciò non gli consente quindi di rifugiarsi in una negativa neutralità bensì è suo dovere farsi strumento di pace”.

Paesi arabi

“Da alcuni mesi osserviamo l’apparire nella nostra società, come d’altronde nella maggioranza delle società del mondo arabo, di rivendicazioni sociali e politiche” che “intendono giungere alla realizzazione di numerose riforme e alla concessione d’una libertà più larga, che consenta a ogni individuo d’essere membro attivo nell’evoluzione di questa società”, constatano i gesuiti in Siria.

“Si tratta d’un diritto legittimo e che va riconosciuto a tutti”.

Per i gesuiti, “i cambiamenti in corso nel mondo arabo, nel cui quadro si inseriscono gli sconvolgimenti attuali nella società siriana, sono gravidi di nuova speranza che va presa nella dovuta considerazione”.

“Tuttavia, purtroppo, e a quanto pare, le cose si sono confuse le une con le altre, aprendo la porta alla violenza”, avvertono con riferimento alla Siria.

“Il nostro sentimento è che oggi vi sia chi tenti d’innescare l’eversione e la guerra tra comunità religiose. Ciò costituisce una minaccia di disintegrazione e distruzione della nostra società”.

Nel Vangelo, la via

“La storia del nostro Paese si è distinta per l’accoglienza e l’apertura verso altrui, chiunque fosse”, proseguono i gesuiti di Siria.

“Queste situazioni difficili non rappresentano la prima crisi che il nostro popolo abbia dovuto affrontare. Tuttavia, in ogni crisi, sempre abbiamo trovato nella fede evangelica la via che conduce alla scelta opportuna e alla pazienza perseverante, al coraggio del silenzio e a quello della parola”.

“Il Vangelo ci chiama dunque ad essere testimoni del suo messaggio nel cuore del mondo e a sforzarci d’incoraggiare il dialogo con tutti e lo sviluppo della giustizia per ciascuno. Per questo ci consideriamo chiamati a esprimere la nostra solidarietà incondizionata con questa patria e col suo popolo”.

Il documento ricorda anche che “non è possibile realizzare un’autentica pacificazione nazionale finché dura il rifiuto d’un settore della popolazione da parte di un altro”.

“Al contrario, questa si realizza nella convivenza”.

Il 15 maggio, dopo la recita del Regina Caeli, il Papa ha rivolto un pensiero speciale alla Siria, “dove è urgente ripristinare una convivenza improntata alla concordia e all'unità”.

“Chiedo a Dio che non ci siano ulteriori spargimenti di sangue in quella Patria di grandi religioni e civiltà, e invito le autorità e tutti i cittadini a non risparmiare alcuno sforzo nella ricerca del bene comune e nell'accoglienza delle legittime aspirazioni a un futuro di pace e di stabilità”, ha aggiunto.