Dietro la “primavera araba”, giovani lontani dal nazionalismo islamico

Presentato a Roma “Il caos arabo, inchieste e dissenso in Medio Oriente”

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ROMA, domenica, 12 giugno 2011 (ZENIT.org).- Non più la logica del dualismo da Guerra Fredda, non più i vecchi schemi pro o contro Occidente, non un movimento strutturato ma una generazione di giovani collegati a Internet dietro la “primavera araba” dove lo slogan “noi o il caos” non funziona più, ma il cui esito tuttavia non è scontato.

Sono stati questi alcuni dei diversi spunti emersi il 10 giugno scorso durante la presentazione del libro “Il caos arabo, inchieste e dissenso in Medio Oriente”, scritto da Riccardo Cristiano e che contiene una raccolta di articoli di giornalisti arabi usciti ancora prima che scoppiassero le proteste in Nord Africa e Medio Oriente.

Durante la presentazione avvenuta a Roma, presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Palazzo Leopardi, sono intervenuti: l’ambasciatore italiano alla Farnesina, Gabriele Checchia; il biblista Paolo Garuti; il responsabile per le relazioni internazionali di Sant’Egidio, Mario Giro; e il vaticanista de Il Riformista, Francesco Peloso. L’incontro è stato moderato dal caporedattore di Famiglia Cristiana, Alberto Bobbio.

“Il motivo che ha spinto a tradurre questi articoli – ha detto l’autore – è stato quello di dare la possibilità di spostare l’osservazione dei Paesi. Le cose sono cambiate. Quella visione è cambiata perché è finita la Guerra Fredda”, anche se il problema è diverso e a differenza di Solidarność, “ora non c’è una organizzazione ma un movimento di giovani”.

Oggi “è caduto lo schema di ‘bene contro male’ – ha continuato – , non si può continuare a dire che si difendono i diritti dei palestinesi negando i diritti degli arabi. Ora non vale più essere filo o anti-occidentali per poter negare i diritti umani, perché innanzitutto i giovani oggi rivendicano i propri diritti”.

Riccardo Cristiano ha poi sottolineato che “occorre evitare l’errore di indicare una discriminazione soltanto contro i cristiani, perché questo islamizza il problema”. Infatti, “non sono discriminati solo i cristiani ma tutte le minoranze”.

Dal canto suo Alberto Bobbio ha precisato che “il libro mette insieme diverse riflessioni dei nostri colleghi arabi, là dove si rischia la vita e si paga con la vita. Basti pensare che il libro porta un elenco dei giornalisti che sono stati uccisi”. 

Gabriele Checchia ha detto che il volume dimostra che c’è una scommessa su questa nuova visione del mondo arabo, una “scommessa che però non ha un esito scontato”.

Tuttavia, ha proseguito l’ambasciatore che è stato per diversi anni a Beirut, il Libano rimane “come un paradigma, come un punto di riferimento per un mondo arabo possibile ma che rivela la sua complessità. E’ espressione di un mondo arabo tollerante, aperto anche se con episodi violenti”.

 A titolo personale ha poi considerato che “il Libano dimostra che si può scommettere sul sunismo (non quello turco) magari in alleanza con componenti cristiane moderate e dello sciismo moderato”; “una alleanza con l’islam moderato, presente nella grande maggioranza del mondo intellettuale” e che l’ambasciatore si augura “si diffonda a livello di massa”. 

Checchia ha quindi ricordato come l’Italia abbia investito molto per evitare il senso di isolamento delle comunità palestinesi, con diversi programmi di integrazione in cui “la presenza cristiana è come l’atomo di ossigeno nella particella d’acqua”. 

Il sacerdote e biblista Paolo Garuti ha definito il libro “come una telecamera dentro alla pentola a pressione prima che questa esplodesse”, ed ha spiegato che l’esplosione è stata dovuta alle “valvole di sfogo intasate”. 

La prima, quella dell’islam radicale che pone tutto in una logica contro l’Occidente, perché oggi “l’antioccidentalismo non è necessariamente una componente e l’Occidente non è più considerato al pari della globalizzazione”. “Nemmeno Israele – ha proseguito – viene considerata più dai giovani come il nemico esterno” e quindi “non ci si può giocare sopra”. Neanche vale più la “ineluttabilità della corruzione dove c’è una gerarchia, perché in fondo è un diritto del più forte”. Mentre l’ultima valvola intasata era “l’indebolimento della famiglia come valore sociale”.  

Tutto questo perché “il modello di comunicazione che il mondo propone, e in particolare la Rete, ha cambiato molto la mentalità dei più giovani. Ma anche la difficoltà da parte dei governi locali di controllo le due emittenti che trasmettono in tutto il Nord Africa, ma fondamentalmente la grande quantità di ragazzi collegati a Internet per guardare le notizie e il mondo”. 

Secondo padre Paolo Garuti “sarà difficile ingannare questa generazione con il nazionalismo islamico”.

Nel prendere la parola Mario Giro ha affermato che qualcosa si è spezzato mentre qualcos’altro sta per nascere: “i ragazzi non hanno più paura, vogliono il loro futuro. Non è un complotto politico violento e per questo non abbiamo sentito slogan anti Usa, Occidente o contro Israele”.

Un situazione in bilico che l’autore chiama ‘caos’ e che riflette un mondo fossilizzato, oltre ad insegnarci che tutto questo è avvenuto “senza che noi europei avessimo fatto niente”. Perché l’“Occidente ha ragionato con la paura dei sovietici, poi degli islamisti”.

“Che tipo di democrazia sarà quella che vuole nascere? Sicuramente non la nostra”, ha risposto Giro. Ed ha poi considerato che “il processo non tornerà indietro anche se ci saranno retromarce e colpi di coda” in mondo dove “il 70% per cento della popolazione è al di sotto dei 30 anni, e quindi si tratta di paesi senza un determinismo sul futuro”.

Il vaticanista Francesco Peloso ha invece parlato di una presa di posizione prudente da parte della Santa Sede dinanzi alla guerra in Libia e alla primavera araba, e si è chiesto se non ci sia stata una mancanza di analisi e di comprensione della complessità degli avvenimenti

Dal suo punto di vista, questo libro “deislamizza  un po’ la nostra visione. La visione di questo ultimo decennio viziata da un paradigma ideologico, dietro al quale esiste un mondo reale, non tutto fatto da violazione di diritti umani e sangue, e dove emerge una società imprevedibile che si confronta con chi non sa più da che parte prenderla”.

“Ultimamente qualcosa sta cambiando grazie alla lungimiranza di alcuni episcopati locali che dicono ‘basta ai regimi e governanti corrotti al potere’. Un processo questo ancora in corso”, ha poi concluso.

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ZENIT Staff

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